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PENULTIMO CAPITOLO :) 




TANYA SMITH VOICE:

Lui era forte. Era forte davvero. Se ti faceva una promessa, lui la manteneva. Neanche la morte aveva potuto abbatterlo, non era riuscita a prenderlo con se. Su internet giravano foto o frasi di persone dispiace del fatto che non fosse morto. Era pura cattiveria e neanche io con un messaggio in cui chiedevo di smetterla e di comportarsi da persone rispettose, avevo potuto mettere una tregua. Ne aveva già passate tante di cose brutte durante la sua vita che oramai le persone e le loro parole, non lo spaventavano più. Non la ferivano più. Era più forte di tutto, e di tutti. A lui non importava della cattiveria delle persone, sapeva che non aveva bisogno di loro per sentirsi soddisfatto. Io gli ero accanto e questo gli bastava. Dovevo essere forte, dovevo essere forte per lui. Ad un tratto non ero più la ragazza che credevo d'essere, tutto mi spaventava, avevo paura di restare sola.

Qualche volta piangevo .E mi odiavo quando piangevo, diventavo così scioccamente sentimentale, così fragile, come le foglie in autunno che si sgretolano sotto le suole dei passanti.Odiavo sentirmi così, piccola, e inutile, e debole.Così fragile, così fragile da accartocciarmi, ripiegarmi su me stessa fino ad aspettare che qualcuno venisse a raccogliermi. Avevo sempre pensato che alla fine mi sarei stancata di aspettare, e che poi avrei scelto di raccogliermi da sola. Pensavo che quella fragilità sarebbe stata la mia forza, un giorno. Perché le persone così, quelle che sentono tutto due volte, quelle dagli occhi lucidi e lo sguardo forte, quelle persone li a forza di sbucciarsi il cuore poi resistono alle botte. E imparano a camminare a testa alta, nonostante tutto e tutti, nonostante se stessi.Credevo di essere ancora più forte, un giorno.Forse. Ma non era così, perché avevo imparato ad aspettare e avevo provato il piacere di non essere più sola, ogni volta che mi capitava di piangere, lui era li che mi confortava, nonostante sarebbe dovuto essere il contrario. Era tutto completamente diverso.

Justin aveva un sorriso diverso. Aveva il sorriso di chi ha pianto, di chi ha combattuto e nonostante tutto è sempre andato avanti. E’ di chi si è fatto male cadendo, correndo ancora e poi ricadendo di nuovo. E’ di chi non si è mai fermato mai, di chi ha sempre riprovato fino a farcela. Aveva il sorriso di chi è forte dentro. Io volevo sembrare forte ma in realtà ero più debole di lui. E’ facile dire che sei forte, che ce la farai. A parole siamo tutti bravi. Ma quando continui a ricevere schiaffi dalla vita, quando davvero non te ne va una per il verso giusto, quando a malapena riesci a parlare per il perenne nodo che hai alla gola, no. No, lì non ce la fai ad essere forte. Avevo capito certe cose di me che neanche avevo mai conosciuto.

Dopo due settimane Justin sembrava star meglio, a causa del gesso era costretto a girare per la stanza con una sedie a rotelle. Non aveva perso di certo il suo spirito da ribelle, certo che no! Ogni volta cercava di investire le persone, ricorreva sua madre, mia madre o qualsiasi persona vedesse. Con me neanche ci provava, sapeva che a causa di quell'enorme pancione a stento riuscivo a fare un passo. Nonostante fosse lui il paziente, stava sempre li a preoccuparsi per me e il bambino. I dottori si erano anche stancati a ripetergli che eravamo sani come un pesce e che mancava poco al parto. Nonostante il gesso, lui avrebbe voluto assistere al parto. Un pazzo.

Ce ne stavamo nella sua stanza d'ospedale, eravamo soli. I nostri genitori erano andati a riposarsi a casa. Io me ne stavo su una sedia a leggere un giornale e lui giocava con il cellulare.Tutto tranquillo. La stanza era piena di fiori, palloncini e cioccolatini. In realtà c'erano solo scatole vuote, ci avevo pensato io a svuotarle. Ogni giorno sotto la finestra di quella camera, si riunivano matasse di fan e cominciavano a cantare. Era bello vederli tutti uniti. Sul giornale per mamme che stavo leggendo, c'era un interessante articolo che parlava del pianto dei bambini. Lo definiva 'melodia'. Io ne avevo sentiti di bambini piangere, non era proprio una bella melodia. Il bambino non smetteva di scalciare, molto più forte del solito. Provai a calmarlo accarezzando la pancia, ma niente. Ad un tratto sentì dentro di me come una forte spinta e poi uno strappo. Un dolore tremendo.

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