Start from scratch

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TANYA SMITH VOICE:

Un giorno d'estate, il giorno del mio ventiduesimo compleanno, avevo ricevuto una chiamata dall'altra parte dell'oceano. Ero sicura che quella chiamata mi avrebbe cambiato la vita, l'avrebbe stravolta. Mi consideravo fortunata, perché lo ero veramente. Ero stata adottata dai genitori più buoni del mondo, una tranquilla famiglia italiana. Mio padre era un poliziotto, era stato lui a trovarmi e ad assicurarmi una tetto sulla testa, per anni mi ha assicurato tutto quello che desideravo. Mia madre, Rose, era stata un insegnante di madrelingua inglese per alcuni anni, era nata a New York, poi passò ad insegnare canto e grazie a lei avevo scoperto la mia più grande passione, subito dopo veniva la moda. Mi aveva quasi costretta a fare un'audizione online con uno dei manager americani più esordienti degli ultimi anni, Scooter Braun. Dopo avergli mandato una cover di una canzone di Rihanna , ero stata aggiunta all'elenco delle tante fortunate provenienti da tutto il mondo. La prescelta, da come avrete capito, ero stata io. Il giorno del mio compleanno una delle assistenti del manager mi aveva informato della mia vittoria. Poche settimane dopo erano arrivati due biglietti solo andata per Los Angeles, con me decisi di portare la mia migliore amica, Daisy, era l'unica con cui avrei potuto condividere quest'esperienza. In amore la mia vita era in pura carestia, certo avevo avuto quelle storielle da adolescenti durate anche più del dovuto ma nulla di serio, non era amore, in tutti i ragazzi che avevo conosciuto mancava qualcosa, non erano compatibili con il mio essere.

Era la mattina della mia partenza, i miei genitori ci avevano accompagnato all'aeroporto, quasi non perdevamo l'aereo. Il volo fu molto tranquillo, grazie ai biglietti di prima classe che Braun mi aveva procurato. Durante il viaggio dormì tutto il tempo, dato che per l'eccitazione avevo passato la notte in bianco. Mi svegliai nelle ultime ore del nostro tragitto, 17 ore di viaggio erano una vera tortura per gambe e schiena. Passai le ultime ore ascoltando musica o chiacchierando con Daisy, guardando lo spettacolo di nuvole fuori dal finestrino. Quando arrivammo all'aeroporto di Los Angeles era sera, il mio stomaco cominciava a brontolare. Io e la mia amica prendemmo le nostre valigie e andammo in cerca di Scooter che sarebbe dovuto essere li ad aspettarci. Tra le tante persone con i cartelli tra le mani, lui non c'era. Aspettammo, ed aspettammo, ma lui non arrivava mai. Uscimmo dall'aeroporto, poggiammo le valige a terra e ci sedemmo su di esse aspettando come delle barbone, avevamo cominciato a pensare che mi avesse dato buca o che avesse avuto qualche ripensamento sul mio conto. Quando le nostre speranze cominciavano a svanire, vedemmo una mercedes arrivare e fermarsi davanti a noi. La porta si aprì e scese Scooter tutto sorridente.

"Mi dispiace di avervi fatto aspettare, ma ho avuto da fare con un cliente" fu la prima cosa che disse.

"Oh che sarà mai, siamo noi quelle che hanno aspettato per ore, al freddo, morte di fame" tenne a ironizzare Daisy.

Subito la guardai male, anche se avrei voluto rispondergli la stessa cosa, insomma non si fanno aspettare le persone per ore sotto un aeroporto, solo perché qualche stupido cliente ti fa perdere tempo. L'autista di Scooter prese le nostre poche valigie e le sistemò nel bagagliaio. Salimmo in auto e partimmo, non sapevo esattamente per dove. Durante il viaggio in auto Scooter mi fece parlare di me, dei miei interessi, del mio carattere e di tante altre cose personali. Non ero una ragazza tranquilla, ero testarda certe volte anche stronza, ma sapevo essere dolce, ero abbastanza ribelle e molto schietta. Ero talmente fissata con l'idea del femminismo, che mi ero anche iscritta al gruppo femen. Credevo fortemente nel potere delle donne, una delle cose che odiavo maggiormente era essere sottovalutata. Insomma, gli essere umani non dovrebbero essere tutti uguali? Quindi, perché gli uomini continuano a creare categorie per distanziare donne e maschi? Era una cosa che non concepivo.

Arrivammo fuori un albergo, ovviamente tutto a spese di Scooter, lui ci augurò la buona notte, mentre i facchini del hotel scaricavano i nostri bagagli e li portavano nelle nostre camere. Ci saremo visti l'indomani, per decidere il da farsi, fare un ulteriore provino e decidere se firmare il contratto. La cosa a cui pensavo maggiormente in quel momento era il cibo, il mio stomaco stava implorando pietà in cinquanta lingue diverse. Appena salimmo nella nostra modesta ma lussuosa suite ordinammo tutto il cibo spazzatura che ci passava per la testa. Amavo mangiare, non sopportavo le persone che prima di mangiare contano le calorie, mi deprimevano. Dopo esserci ingozzate, la stanchezza del viaggio cominciò a farsi sentire, crollai in un sonno profondo mentre mangiavo cosce di pollo e patatine fritte.

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