I have to tell you

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TANYA SMITH VOICE:

In così poco tempo ero riuscita a legare molto con i miei giovani fan in tutto il mondo. Riuscivano ad emozionarmi quando alla mia vista i loro occhi si illuminavano e poi le lacrime prendevano il sopravvento, era una cosa dolcissima. Mi piaceva sapere che in qualche parte del mondo qualche ragazza o ragazzo pensasse a me, piangesse per la mancanza di un mio abbraccio o un di un mio sorriso, mi faceva sentire meno sola e tanto amata. Non mi piaceva chiamarli fan, loro erano molto di più, perché senza di loro io non avrei mai potuto avere successo, non avrei realizzato il mio sogno. Loro erano miei amici, tutto qui. Volevo restituirgli il favore, li avrei abbracciati uno ad uno se Dio me lo avesse permesso.

Riguardo a Justin, beh lui era fantastico. Mi rendeva felice, con lui tutto era più facile, lui riusciva a stupirmi ogni giorno di più. Era una di quelle persone nata per rendere felici gli altri, il suo sorriso e i suoi occhi erano portatori d'amore. Era il mio angelo custode, lo sentivo troppo vicino. Dopo l'uscita del video ci eravamo rinchiusi in casa, vivevamo tra un divano, cibo a basso costo e tanti baci. Non potevamo uscire di casa a causa dell'assedio dei paparazzi e dei centinaia di fan accorsi per sapere di più. Non rispondevamo al cellulare, neanche ai nostri genitori, ne a Scooter o Daisy, non c'eravamo per nessuno. Tutti avevano domande da proporci e la nostra voglia di rispondere era pari a zero, tutto quello che avevamo da dire lo avevamo detto nel video. Ci volevamo troppo per stare lontani. Tutto questo non durò molto, solo un paio di giorni, non potevamo allontanarci dal mondo, purtroppo. Io dovevo lavorare, l'uscita del mio album era sempre più vicina e Justin doveva incidere le ultime canzoni del suo album. In quei giorni io e Justin avevamo scritto una canzone insieme, un duetto, avrebbe fatto parte del nuovo album di Bieber.

Avevo appena finito di fare una fredda e rilassante doccia, ero a casa di Justin, passavo talmente tanto tempo li che ormai quella era quasi diventata casa mia. Era mattina e avevamo deciso di andare in studio per provare la nostra prima canzone insieme. L'avevamo scritta insieme quindi era molto personale e anche molto romantica. La canzone si intitolava 'Light', parlava di noi, del esserci trovati, del bene che l'uno aveva portato all'altro. Dal punto di vista di Justin, io ero la sua luce, ero arrivata nella sua vita che in quel momento era nelle tenebre e teneva prigioniero il vero Bieber, io ero riuscita a riportarlo alla luce. Dal mio punto di vista, lui mi aveva mostrato cosa significasse amare e soprattutto essere amati, lui era la mia luce in tutti i sensi.

"Sei pronta? Non voglio fare tardi" lo vidi fissare il Rolex sul braccio.

"Tranquillo, tanto arrivati li moriremo comunque" lo rassicurai.

"Scooter deve capire che il danno è ormai fatto, stiamo insieme" mi aiutò ad allacciare la collana.

"Io sarei un danno?" chiesi a voce bassa.

Ero di spalle, così mi girai verso di lui e alzandomi sulle punte lo baciai, infilando le mani nelle tasche posteriori dei suoi pantaloni. Lasciai piccoli baci sul collo, era in fibrillazione.

"Tu sei tutto tranne che un danno" sospirò cercando di calmare i suoi ormoni.

"Ora va meglio".

Io sorrisi, riusciva a provare piacere con poco. Lo tirai per la maglia, iniziai a correre per tutte le scale e lui cercava a tutti i costi di prendermi, ma non ci riuscì, era troppo impegnato a ridere. Quando era con me rideva in continuazione, speravo fosse un bene. Mi fermai appoggiata ad un mobile del salone e lo lasciai prendere fiato, lui a passo lento mi raggiunse e si strinse forte sul mio corpo, restò fermo a fissarmi, niente di più. Lo scansai sorridendo,presi le chiavi della sua auto e uscì fuori. Lo aspettai sull'uscio della porta, lui uscì pochi minuti più tardi, doveva prendere il testo della nostra canzone. Salutammo i paparazzi, io mi recai all'auto e accesi i motori, Justin si avvicinò ai cancelli per spiegare ai paparazzi di doverci fare spazio per uscire. Eseguito l'ordine, Bieber ritornò all'auto, tentò di salire dal lato del guidatore ma io glie lo impedì, avrei guidato io quella mattina. Accettò le mie condizioni e uscimmo dalla villa.

In auto Justin cominciò a provare il testo della canzone, lui cantava la sua parte ed io la mia. Così saremmo arrivati preparati in studio e avremmo registrato in un batter d'occhio. Per concentrarmi quando cantavo mi veniva da chiudere gli occhi e per questo assurdo motivo quasi non uscivamo fuori strada. Fortunatamente Justin riuscì a prendere il volante in tempo, evitando di invadere la corsia opposta alla nostra. Non mancarono i suoi rimproveri, sembrava mio padre, forse peggio.

Arrivammo in studio sani e salvi, Justin per fare lo stupido, appena scese dall'auto cominciò a lodare il signore e baciare il suolo. Lui guidava peggio di me, ma io non mi ero mai lamentata tanto. Entrammo in studio e molte delle segretarie appena ci videro cominciarono a pettegolare, noi rispondemmo con un semplice sorriso. Le persone sapevano solo parlare alle spalle, non era tanto difficile dire ad alta voce 'guarda, la coppia più chiacchierata del momento' io e Justin non ce li saremo mica mangiati vivi. Ci recammo alla nostra stanza, speravamo solo di non incontrare Scooter o ancora peggio il mio mentore. Rihanna era molto severa, Scooter con qualche parolina dolce avrebbe capito.

"Come va Jimmy?" Appena entrammo in studio salutammo uno dei tecnici addetti alla registrazione.

"Ma guarda chi si rivede, la mia coppia preferita" si alzò per salutare entrambi, me con una stretta di mano e Justin con quei soliti abbracci e pugni che usano gli uomini.

"Coppia, noi?" Justin finse di sapere nulla.

Jimmy rise, ormai lo sapevano tutti. Anche se non lo avessi rivelato, prima o poi lo avrebbero scoperto. Justin gli mostrò il testo della canzone e lui cominciò ad osservarlo interessato, poi cominciò a muovere la testa e a sorridere.

"È vostra?" chiese stupito.

"Tutta nostra, dalla prima all'ultima parola. Questi giorni ci sono stati utili" affermò Justin.

"Entrate subito dentro, dobbiamo incedere questa bellezza" esclamò.

"Agli ordini" ci fingemmo soldati.

Noi sorridemmo, eravamo felici. Levammo le nostre giacche, lasciai la mia borsa su una sedia e Justin ci sistemò il suo cellulare dentro. Entrammo nel solito stanzino, c'era un solo sgabello, così Justin lo lasciò a me per galanteria. Io poggiai lo sgabello di lato e rimasi alzata, accanto a lui. Facemmo una piccola prova tra noi due, avevamo già il ritmo in testa. Facemmo segno a Jimmy di partire e lui sorridendo mostrò il pollice in alto. La prima strofa apparteneva a Justin, mentre cantava mi stringeva forte la mano, non la lasciò per tutta la registrazione. Finita la sua strofa, toccava a me, rispetto a lui la mia voce era più calda, sensuale in un certo senso. Io cantavo e lui sorrideva, mi spingeva a cantare con tutta me stessa. La terza strofa era insieme e le nostre voci combaciavano perfettamente, i nostri acuti erano uniformi e per niente forzati.

"You will be my light, forever" cantammo le ultime parole della canzone insieme, stringendo forte le nostre mani una nell'altra. Tu sarai la mia luce, per sempre.

"Forever" sussurrò Justin.

Il nostro amore racchiuso in un'unica canzone. Tutto quello che noi sentivano nel profondo del nostro cuore, era scritto e cantato. Spesso la scrittura ci fa esprimere quello che non riusciamo a dire con le parole, rende tutto più semplice. La musica ci fa un po da lanterna, ci indica la via giusta, poi siamo noi a decidere se percorrerla o meno. 'Light' era una delle migliori canzoni che avessi mai potuto scrivere. Oltre ad averla scritta con Justin, l'unico ragazzo che in una vita intera mi aveva fatto capire cosa significasse l'amore, quella canzone era qualcosa di comune per tutti gli innamorati. Quando arriva la persona giusta nel momento giusto, possiamo considerarla la nostra luce, la nostra salvezza. Perdiamo le speranze, cadiamo nell'oscurità, ma all'improvviso grazie ad una persona che fionda nella nostra vita, noi riusciamo a reagire e ritorniamo a vivere. Capiterà a tutti di trovare la loro luce, bisogna solo aspettare la persona giusta e il momento giusto.

Justin finita la canzone mi sollevò in aria e cominciò a sbaciucchiarmi non curante delle persone che ci erano in torno. La porta si aprì di botto, entrarono le persone che meno volevamo incontrare in quel momento. Scooter e Rihanna. Anche loro erano le persone giuste nel momento giusto? Io non credo. Justin mi posò a terra e si avvicinò alla porta del nostro studio, cominciò a mantenere la maniglia e Scooter cominciò a tirare calci alla porta inviperito. Io scoppiai a ridere, non potevo rimanere seria davanti ad uno Scooter arrabbiato, era troppo spassoso.

"Bieber e Smith, uscite subito o saranno guai" urlò Rihanna.

Guardai Justin per capire cosa dovessimo fare, non volevo che i due si arrabbiassero ulteriormente. Non erano per niente belli da guardare. Justin lasciò la maniglia e cacciò la testa fuori dalla porta, cominciò a prenderli in giro con facce strane, non aiutò molto. Rihanna lo tirò fuori prendendolo per i capelli e l'unica cosa che mi venne da fare fu ridere per l'assurda situazione.

"Esci fuori o ce ne saranno anche per te, signorina" mi avvertì Scooter.

Obbedì agli ordini del mio manager, cercavo di non ridere. Rihanna teneva Justin per le orecchie, molto imbarazzante, la faccia del mio mentore era terrificante.

"Se ti arrabbi ti si formano le rughe" l'avvertì Justin.

Lei lo guardò male ma poco dopo lasciò la presa e lascio il mio ragazzo libero. Subito come un vigliacco venne a nascondersi dietro di me, mi usava da scudo. Che uomo.

"Vi rendete conto del caos che avete scatenato?" ci domandò Scooter.

"Eravamo stanchi di mentire. Tu mi dici sempre di essere sincero, io lo sono stato" Justin ritornò serio.

"Non vi abbiamo proibito di stare insieme, vi abbiamo chiesto di aspettare, nulla di straordinario" disse Rihanna.

"Ci siamo aspettati per troppo tempo" sussurrai spontaneamente. Loro mi guardarono come se avessi detto un'assurdità.

"Prima di uccidere i due piccioncini, ascoltate cosa il loro amore ha tirato fuori" si intromise Jimmy.

Fece partire il pezzo che avevamo registrato pochi minuti prima. Era solo la nostra voce, limpida e pulita, senza modifiche.Non usavamo modifiche rispetto ai nostri colleghi, ci sembrava di ingannare i nostri ascoltatori, noi avevamo smesso di mentire. Braun e Rihanna ascoltavano il pezzo con attenzione, il mio mentore chiuse gli occhi e muoveva le labbra pronunciando silenziosamente le parole della canzone, ne sembrava estasiata. Scooter schioccava le dita e muoveva il collo a tempo, i loro visi incattiviti erano diventati dolci. Avevamo fatto centro nei loro cuori. Finita la canzone i due si guardarono allibiti e di colpo si abbracciarono cominciando a saltare come dei bambini. Rihanna gettò un urlo e mi abbracciò,era veramente una pazza.

"Siete salvi, ora andate qui dobbiamo lavorare su una nuova canzone" Scooter ci stavano cacciando.

"Non voglio vedere baci o smancerie, quindi fuori" Rihanna ci indicò la porta. "Ben detto sorella".

Scooter ci cacciò fuori dallo studio piazzandoci le nostre cose tra le mani. Io e Justin non sapevamo cosa avrebbero combinato, ma ci fidavamo di loro e li avremmo lasciati fare. Ci infilammo le nostre abbinate giacche di pelle e mano nella mano ci incamminammo all'uscita. Alla reception appoggiato alla scrivania c'era Duncan, stava parlando con una delle pettegole ma appena mi vide si girò a fissarmi. Si tolse gli occhiali e fece quel suo solito sorriso beffardo. Justin subito lo puntò guardandolo male, strinsi forte la sua mano, non volevo che facesse qualche pazzia proprio quando la sua immagine si stava risanando. Volevo ignorare Butler e camminare dritta, ma lui mi poggiò una mano sul braccio fermandomi e io fui costretta ad ascoltare cosa la sua inutile bocca aveva da dire. Cominciò a fissarci entrambi, sembrava schifato ma allo stesso tempo il suo viso accennava un sorriso. Si fingeva elegante ma in realtà era un gran maleducato.

"Nel caso in cui ti servisse un uomo, sei ancora in tempo ad accettare l'offerta di quella notte insieme" mi informò.

Vidi la mascella di Bieber serrarsi e il suo viso diventare sempre più cupo. Lasciò la mia mano e formò un pugno, subito spostai Justin qualche centimetro più indietro e mi piazzai tra i due. Una rissa tra uomini proprio non ci voleva, ma io avrei sempre potuto fare qualcosa. Sorrisi fintamente verso Butler, lui sembrò distrarsi per un attimo da Justin e fu allora che scaraventai il pugno destro della mia mano sulla sua mascella. Tutti, compresa me, rimasero a bocca aperta. Duncan si manteneva la mascella dolorante e Justin rideva come non mai. Le pettegole dietro la scrivania corsero in suoi soccorso, che gatte morde. Mi strofinai il pugno sulla maglia, mi bruciava in modo indescrivibile. Justin avvolse il braccio attorno alla mia vita e sorridendo mi tirò verso l'uscita. Prima di essere completamente distante da Butler mi voltai per dichiarare tutto il mio disprezzo nei suoi confronti.

"Potresti morire e rinascere, ma non saresti mai uomo quanto il mio ragazzo" semplice e coinciso.

Lui mi guardava quasi terrorizzato, ancora si teneva la mascella per il dolore. Non so da dove mi fosse uscito quel pugno, ma dio avevo un livello di soddisfazione altissimo. Mio padre mi aveva insegnato a difendermi, avevo un gancio destro da vero maschiaccio, la mia mira con la pistola era formidabile, chissà queste mie piccole risorse sarebbero potute servirmi nel caso in cui avessi deciso di cambiare lavoro e diventare una criminale, l'idea mi entusiasmava. Justin mi fece salire in auto, era rimasto molto ipnotizzato dal pugno dato al suo rivale. Probabilmente Justin non si aspettava una mia reazione di quel tipo, non si aspettava che per difendere lui sarei arrivata ad usare le mani. Per lui avrei fatto qualsiasi cosa, avrei sacrificato la mia vita e preso una pallottola. Eh lo so che forse era presto per pensarla in quel modo, ma al cuore non si comanda, lui mi aveva stregata.

In auto Justin non faceva che ripetermi quanto fosse fiero di me in quel momento. Parlava ed esclamava con entusiasmo ogni parola, sembrava un piccolo bambino e mi era venuta una gran voglia di mangiarlo tutto. Non sapevamo dove andare, volevamo passare un po di tempo insieme all'aria aperta così optammo insieme per giro al parco. Lasciammo l'auto a pochi isolati dal parco, volevamo camminare un po a piedi. Camminare con il vento che ti soffia tra i capelli e allo stesso tempo scherzare con il tuo ragazzo, è del tutto diverso dal passare i pomeriggi con lui chiusi in casa. Ci sembrava di fare qualcosa di sbagliato, ogni gesto o parola doveva essere tremendamente segreto, era straziante. Quando arrivammo al parco non potei resistere difronte al erba bagnata, così tolsi le scarpe e cominciai a girare a piedi nudi sull'erba. Justin mi guardava come se fossi una pazza, non sapeva cosa si stava perdendo. Le gocce si rugiada che ti bagnano la pianta del piede, i fili d'erba che ti solleticano e ti fanno rabbrividire. Amavo tutto quello che mi trasmetteva libertà.

"Dai Bieber, levati le scarpe" lo incoraggiai.

Lui si grattò la testa imbarazzato e girandosi intorno fece finta di non conoscermi. Io mi avvicinai a lui e cominciai ad improvvisare una piccola danza del ventre.

"Le persone ci stanno fissando" mi avvertì.

"Ci fisserebbero lo stesso, quindi fa quello che vuoi" mi allontanai da lui.

Lui continuava a tenermi le scarpe e a guardarmi mentre mi divertivo come una piccola bambina. Amavo la natura, il profumo dell'erba fresca o dei fiori, il profumo delle ghiande e il cinguettio degli uccelli. C'era un'altalena vuota, così subito andai a prendere il posto che mi aspettava di diritto, ogni volta i bambini con la scusa di essere piccoli mi soffiavano il posto. C'è un'età per divertirsi? Ero sicura che anche ad ottant'anni avrei fatto la fila per una di quelle altalene, per uno scivolo o per quella strana giostra su cui si gira in tondo e poi ti sale il vomito non appena scendi. Il divertimento non ha età. Potrò superare i cento anni ma la voglia di vivere sarà sempre dentro di me, quindi finche ne avrò le capacità motorie farò tutto quella che la mia testa mi dirà di fare. La vita è una sola, solo i fortunati hanno due possibilità.

Dondolavo sull'altalena e sotto c'era quella leggera sabbia artificiale, ci sprofondavo i piedi all'interno e poi cercavo di alzare un po di sabbia e lanciarla in aria, non era così semplice. Justin con il suo solito sorriso si sedette su una di quelle panchine per i genitori, mi guardava e mi teneva sotto d'occhio. Io proteggevo lui, Justin proteggeva me. Si alzò e sistemò le mie cose sulle panchina, venne a sedersi sull'altalena vuota accanto alla mia e cominciò a dondolarsi, finalmente si era lasciato andare. Facevamo a gara a chi andava più veloce, io ero in testa. Lui cercava di bloccare le catene della mia altalena per imbrogliare e vincere. Dovetti fermarmi per forza, ridevo troppi e non riuscivo a mantenermi alle catene. Justin si fermò subito dopo di me.

"Quando avremo un bambino, litigherai con lui per il posto sull'altalena?" chiese spiazzandomi del tutto.

"Chi ti dice che avremo un bambino?" risposi alla sua domanda con una domanda.

"Avremo due bambini, Jason e Julie, la piccola somiglierà a me e l'ometto a te" era piuttosto sicuro della risposta.

"Stai correndo un po troppo, Bieber" mi alzai dall'altalena.

Andai su quella bizzarra giostra girevole, mi ci sedetti e Justin cominciò a farmi girare lentamente, dopo un paio di giri si sedette su quella giostra di fronte a me. Era troppo grande e le sue gambe ci stavano strette, quindi dovette improvvisare una strana e scomoda posizione. Mi fissò come se volesse dirmi qualcosa, poi senza dire nulla rise da solo. Io lo guardai stranita.

"Non mi hai detto che Duncan ti ha fatto un invito la sera in cui siete usciti" ritornò sul argomento.

"Voleva che io giocassi con lui" lasciai che la sua immaginazione arrivasse a capire.

"Che figlio di puttana" subito si arrabbiò.

"Non incominciare, per favore" frenai tutto sul nascere.

"Ma tu ci immagini con dei bambini? Sarebbe assurdo" tornò all'argomento precedente.

"Siamo su giostre per bambini al di sotto di nove anni, dovremo crescere noi prima di tutto" affermai.

"Io credo che saremo ottimi genitori, penso anche potrei essere un ottimo marito" aumentò la velocità della giostra.

"Dovresti trovare prima una donna che ti sopporti per tutta la vita" dissi.

"Lo so, uno dei motivi per cui tu ed io ci sposeremo. Io sopporto te e i tuoi capricci, tu sopporti me e la mia gelosia" mi sembrava un'ottima idea.

"Mi sembra un po presto per parlare di matrimoni, figli e altro, godiamoci il momento" suggerì.

"Signorina Smith, come devo spiegarle che lei sarà il momento di una vita intera?" si rivolse a me con tono signorile.

Quella sua dolcezza mi avrebbe fatto morire prima o poi. Lui credeva tantissimo in noi, già pensava ad un nostro futuro insieme, pensava già ad avere bambini. A dir la verità se avessi avuto la possibilità di scegliere tra gli uomini più belli del mondo, avrei sempre e comunque scelto di sposare lui. Mi piacevano i nomi che aveva già scelto per i nostri ipotetici figli, Jason e Julie, non avrei pensato a nomi migliori. Ci alzammo da quella giostra e camminammo spingendoci uno contro l'altro fino alla panchina. Infilai di nuovo le scarpe, nonostante avessi i piedi fradici. Mi alzai in piedi sulla panchina e saltai sulle spalle di Justin, lui strinse forte le mie gambe tra le sue braccia e senza obbiettare mi portò girando per tutto il parco sulle sue spalle. Non c'erano molte persone, i pochi che c'erano erano signori anziani o mamme con i loro bambini. Fu tutto abbastanza tranquillo, oltre qualche piccola foto o autografo. Avevo bisogno di una mattinata di quel tipo, era semplice e normale, ma ci eravamo divertiti molto. All'uscita del parco c'era un piccolo camioncino con i gelati, volevo un gelato a tutti i costi, era la cosa più buona da mangiare per me. Justin mi mise coi piedi a terra e io corsi a comprare il mio gelato. Justin mi seguì quasi divertito dal mio comportamento e mi aiutò a scegliere il gelato da comprare. Cioccolato e nocciola per me, pistacchio e fragola per lui.

"Voi siete quei due, quelli che appaiono sui giornali" disse il venditore anziano.

"Carmen com'è che si chiamano?" domandò alla moglie.

"Tanya Smith e Justin Bieber, i due cantanti" rispose lei.

Probabilmente curiosa di osservarci meglio, scese dal camioncino e cominciò a fissarci dalla testa ai piedi. Era buffa, una di quelle nonnine dai capelli bianchi vestite sempre di rosa. Risalì sul furgoncino e non convinta della nostra identità cominciò ad osservare le foto sui giornali e noi dal vivo. Poi ne fu convinta e allora cominciò a ridere ed esultare.

"Una foto, una foto, le mie amiche del club di spettacolo ne saranno invidiose" subito tirò fuori dal suo grembiule una macchina fotografica.

Suo marito scese dal furgoncino e accontentando la moglie scattò la foto. Doveva essere una di quelle fissate con il mondo dello spettacolo. Probabilmente passava metà delle sue giornate a leggere riviste e spettegolare sulle celebrità, insieme alle sue amiche del club. Non smetteva di scattarci foto, l'unica fortuna che avevamo era di essere in un mese non caldo, quindi i gelati non rischiavamo di sciogliersi. Ci sarei rimasta molto male se così fosse stato. Salutammo i nostri due simpatici amici e andammo via. Per me mangiare un gelato in pubblico diventava un'impresa ardua, mi sporcavo tutta e diventavo una sottospecie di pagliaccio. Proprio non riuscivo ad evitarlo, era un danno che mi perseguitava da bambina. Ad ogni leccata Justin mi puliva la faccia con un fazzoletto e tutte le volte si faceva le peggiori risate. Almeno lo facevo ridere ed era felice.

"Dovrò crescere prima te e poi forse parleremo di bambini" disse gettando i fazzoletti sporchi di cioccolato in un cassonetto.

"Anche tu non scherzi, sei molto più bambino di me in certi aspetti" cercai di pulirmi le mani, erano diventate appiccicaticce.

"Dannati paparazzi" Justin avvistò alcuni di loro in lontananza.

Mi prese la mano e tirandomi con se attraversammo la strada correndo, rischiando anche di essere investiti. Loro vedendo noi scappare, cominciarono a correre e ad inseguirci. Di sicuro ci stavano seguendo da molto più tempo, ce ne eravamo accorti abbastanza tardi. Correvamo sui marciapiedi cercando di schivare le persone per non fargli del male, i paparazzi continuavano ad inseguirci, sembravano calamite. L'auto di Justin era vicinissima a noi, attraversammo la strada e subito ci infilammo in auto. Bieber mise subito in accensione l'auto e scappò via. Era un peccato, ci stavamo divertendo e per una volta sembravamo una coppia normale. Nonostante fossimo in auto, alcuni di loro ci seguivano su dei motorinj, le loro macchine fotografiche legate al collo e il loro lavoro era fatto. Non avevano un minimo di vita privata.

Svoltando vari svincoli e imboccando stradine di periferia, riuscimmo a seminare i nostri amatissimi amici paparazzi. Decidemmo di ritornare allo studio per vedere cosa Scooter e Rihanna avessero combinato con la nostra canzone. Ci aspettavamo un ottimo lavoro, degno dei nostri insegnanti. Rihanna stava lavorando a nuova musica ma nonostante questo non mi lasciava mai senza il suo controllo. Svolgeva bene il suo compito. Braun era uno degli migliori manager che un nuovo artista potesse avere, credeva così tanto nei suoi artisti che immetteva a tutti loro la voglia di crederci per davvero. Non era solo un manager, lui era un migliore amico, un padre o uno zio. In più era molto divertente, entrambi lo erano.

Fermammo l'auto nel parcheggio e scendemmo. Le due pettegole non c'erano in reception, neanche il loro lavoro sapevano svolgere. Andammo nella nostra stanza, da fuori si sentivano urla e una gran confusione. Fuori la porta ad origliare c'erano le due segretarie, appena mi videro si staccarono dalla porta. Entrammo e nella stanza c'era un litigio in corso tra il signor George e i miei due supervisori. Duncan era li, aveva del ghiaccio poggiato sulla mascella gonfia. Non pensavo di averlo fatto tanto male. Appena mi videro si zittirono, ero io la causa di quel litigio. Poggiai le mie cose su un tavolino e guardai entrambi i Butler con aria di sfida. Loro risposero al mio sguardo, abbassando le pupille verso il basso. Tale padre, tale figlio.

"Qual'è il problema?" domandai al padre.

"Ha dato un pugno a mio figlio, potrei denunciarla signorina Smith, ma nell'indecisione straccerò solo il suo contratto" disse arrabbiato.

"Straccia il contratto perché ho dato un pugno a suo figlio o perché mi sono rifiutata di entrare nei suoi pantaloni?" domandai io, le sue minacce non mi spaventavano per niente.

"Non mi interessa della vita sessuale di Duncan e neanche della sua Smith, ma non accetto affronti simili" chiarì.

"Stracci il mio contratto, crede che per me sia difficile in questo momento trovare un'altra casa discografica?" gli chiesi.

"Non c'è bisogno di arrivare a tanto, possiamo risolvere tutto, la ragazza si scuserà con suo figlio"disse Scooter, lo fermai subito.

"Niente scuse, se quel coglione non sparisce dalla mia vista, partirà un altro pugno e farà molto più male" avvertì Justin.

"Ritornando a noi George, lo vuole stracciare questo contratto o no?" chiesi abbastanza frettolosa, lo guardavo con sguardo intimidatorio.

Lui sudava freddo e non osava rispondere. A lui non interessava un cazzo della musica, neanche conosceva le note musicali. Gli importava solo di fare soldi, la mia carriera aveva preso il volo e con la mia musica avrebbe guadagnato più di quanto credesse. Guardò suo figlio dispiaciuto, si stava tirando indietro.

"Sono sicuro che mio figlio avrà parlato troppo e il pugno è partito d'istinto, facciamo finta di niente" codardo.

"Perfetto. Ora se non le dispiace, dobbiamo occuparci di cose più serie" andai ad aprirgli la porta.

Aspettai sulla porta che due coglioni dei Butler lasciassero la nostra sala di registrazione. George un po scosso, lasciò la stanza. Duncan seguì il padre, prima di uscire però cercò di mettermi timore, disse testuali parole: 'non finisce qui, puttanella'. Non risposi alle sue stupide minacce, appena fu fuori gli sbattei la porta dietro causando un gran botto. Se credeva di spaventarmi o altro, si sbagliava di grosso. Avevo visto gatti più spaventosi di lui, era un pivellino montato. Nella vita non avrebbe mai concluso niente, doveva ringraziare solo suo padre. Sospirai e cercai di ritornare di buon umore. Anche i miri amici erano abbastanza schioccati dal mio modo di fare. Avevo un aspetto molto dolce e gentile, ma dentro ero tutt'altro. L'apparenza inganna, si sa.

"Sei la figlia che tanto desidero" il mio mentore applaudì entusiasta del mio comportamento.

"Dimentichiamoci dei Butler" suggerì Scooter.

"Vediamo cosa avete combinato con la nostra canzone" Justin cambiò argomento.

Tutti eravamo d'accordo con lui, basta perdere tempo. Jimmy fece partire la base creata dai Rihanna e alcuni suoi amici, uno tra cui Calvin Harris. All'inizio il ritmo era un tintinnio di piccoli campanelli, quelli usati per segnalare il vento. La base non era lenta ma neanche tanto ritmata. Era la base giusta per quella canzone. La nostra voce si abbinava perfettamente con le note sotto. L'assolo della chitarra a fine ritornello dava quel tocco in più. Rihanna guardava entrambi speranzosi entrambi, era una delle sue basi e ci aveva lavorato molto. Personalmente, non avrei trovato una base migliore, il ritmo era diverso dalle solite. Quella canzone completa mi faceva uno strano effetto, mi faceva venire voglia di fare per ore ed ore l'amore con il mio ragazzo, mi faceva venire voglia di fare le pazzie più assurde. L'amore è pazzo, l'amore rende pazzi gli innamorati. L'amore vero o momentaneo, sono il desiderio di qualsiasi persona al mondo. Le persone tristi e cupe sono quelle che non hanno amato, sono fredde dentro e impediscono a chi gli sta intorno di amarle. Bisogna lasciarsi amare e diventare pazzi e felici, la tristezza non porta nessun vantaggio se non a essere soli.

"Hai fatto un ottimo lavoro, sono fiera di averti come mentore" l'abbracciai forte.

Lei ricambiò volentieri, anche se non amava troppe smancerie. Si fingeva forte e dura, ma dentro era buona come la cioccolata. Scooter mi guardò offeso e così abbracciai anche lui, infondo aveva collaborato. La canzone era ancora da perfezionare in alcuni punti, ma non importava, era molto bella anche con alcune imperfezioni.

"Ritornando a voi due, siete stati invitati insieme ad una festa in maschera di Paris Hilton, vuole che Tanya canti per lei" mi informò Braun.

"Festa in maschera? Halloween è passato da settimane" Justin era un po contrario all'idea.

"Abbiamo passato Halloween a casa, ora possiamo indossare un vestito" la mia testa già pensava a cosa indossare.

"Non voglio andarci, rifiutiamo l'invito" Justin aveva una strana espressione, qualcosa non andava.

"Perché non vuoi andarci?" lo guardai intimidatoria.

"Preferisco stare a casa con te, da soli" disse.

"Gomez" tossì Braun.

Justin subito guardò male il suo manager, aveva rivelato il vero motivo del perchè non voleva partecipare alla festa. La Gomez? Non capivo cosa centrasse una delle sue ex ragazze, erano passati un paio di anni dalla loro rottura. Volevo più dettagli, ma soprattutto più spiegazioni dal ragazzo che mi stava accanto. Non mi piaceva quando mi venivano nascoste determinate cose. Meglio una verità che fa male ad una bugia che ferisce ed illude.

"Se non vuoi andarci, andrò io con lei" propose Rihanna.

"Considerando l'ultima volta che siete andate ad una festa insieme, direi di no" rifiutò Justin.

"Accetta l'invito, con o senza la presenza di Justin" confermai, ci sarei andata.

"Ci andremo, nessun problema. Okay?" mi poggiò una mano sulla spalla.

Scrollai la sua enorme mano con quelle orribili dita storte dalla mia spalla. Era riuscito a farmi arrabbiare. Volevo sapere cosa centrasse Selena con la nostra storia. Ero gelosa, lei era stata importante per lui, non era una storiella da poco la loro. Sentivo come se lui avesse paura di farsi vedere con me da lei. Se così fosse stato non lo avrei accettato, avrebbe fatto meglio a dirmelo così avrei messo subito la parola fine. Quando si sta con una persona, il passato va automaticamente messo da parte o significherebbe che pensi ancora ai vecchi momenti e alla persona che veniva prima. È peggio di un tradimento, è illudere una persona facendole credere che per te è importante, ma in realtà la tua testa e il tuo cuore sono da tutta un'altra parte.

Non rivolsi la parola a Justin, salutai tutti nello studio e prendendo le mie cose uscì. Indossai un paio di occhiali, in momenti di tristezza come quelli non amavo che mi guardassero gli occhi, avrebbero capito tutto quello a cui stavo pensando, tutto quello che provavo. Justin mi seguì, camminava e cercava di prendermi per il braccio, voleva che io gli dessi un bacio. In quel momento gli avrei dato solo un pugno più forte di quello che avevo sganciato a Butler. Lui non sembrava per niente disturbato dal mio comportamento, anzi se la rideva. Pensava che fosse uno dei miei tanti capricci, ma no, stavo morendo di gelosia. Lui si incamminò verso l'auto, io camminai dritta, avrei preferito prendere un taxi o un pullman qualsiasi. Accortosi della mia assenza in auto, uscì e si guardò intorno per vedere che fine avessi fatto. Appena mi avvistò cominciò a correre, io velocizzavo il passo. Mi prese per mano e mi tirò dietro. Mi guardava e sorrideva, mi accarezzava il viso sistemandomi i capelli dietro le orecchie, io distoglievo lo sguardo e facevo l'offesa.

"Pensavo che tu fossi quella non gelosa,piccola" si leccò le labbra.

"Se ami ancora lei basta dirlo, chiudiamo tutto senza perdere tempo" sbraitai.

Lui rispose ridendo, mi faceva salire il crimine a mille. Quel suo atteggiamento poco serio mi innervosiva, così levai il mio braccio dalla sua presa e ricominciai a camminare, non avevo tempo da perdere. Lui mi corse dietro e avvolgendo le sue braccia intorno al mio bacino mi sollevò da terra e cominciò a farli girare ridendo. Io cominciai a pizzicargli le braccia, volevo essere messa terra. Lui mi posò coi piedi a terra ma non mi lasciò il bacino, mi sbaciucchiava il collo e le guancia e sorrideva con un cretino. Io cercavo di spostargli la testa, non volevo che le sue labbra mi toccassero. Lui mi tolse gli occhiali da sole e mi strinse il viso baciandomi sulle labbra.

"Smettila, mi dai sui nervi" lo spinsi via.

"Sei sexy quando sei arrabbiata, lo sai?" mi aggiustò i capelli, me li aveva scompigliati nel torturarmi con i suoi baci.

"Con te non si può ragionare, sei un cretino" cercai di non urlare nel parcheggio.

"Se io volessi lei ora non sarei qui con te, è acqua passata" si avvicinò a me, io indietreggiai.

"Perché non volevi andare alla festa? Voglio la verità." Aspettavo una sua risposta seria.

"Lei verrà sicuramente a raccontarti brutte cose sul mio conto, lo ha fatto con ogni ragazza con cui ho cercato di relazionarmi. Io non voglio che tu li lasci" mi prese entrambe le mani, la sua voce era tremolante.

"Credi che ascolterei le sue parole e non le tue? Io resterei al tuo fianco anche se fossi un assassino o malato mentale" dichiarai sincera.

"Perché?" chiese guardandomi negli occhi.

"Perché anche se volessi allontanarmi da te sarebbe inutile, ci sono troppo dentro ormai" risposi alla sua domanda.

"Ti amo, ti amo con tutta l'anima" mi riempì di baci.

Non ero focalizzata molto sui baci o su altro. Ero semplicemente rimasta impietrita dalla sua dichiarazione, mi aveva detto 'ti amo' per la prima volta, la prima in tutta la mia vita. Non era uno di quei ti amo detti alla cazzo, quelli senza sentimento. Il suo ti amo e il suo modo di baciarmi, sfiorarmi, abbracciarmi erano sinceri e pieni d'amore. Qualsiasi cosa buona o cattiva quella ragazza mi avrebbe raccontato, io avrei ignorato e ascoltato solo quello che mi confermava il mio ragazzo. Le persone sono cattive, pur di vedere un'altra persona triste si inventerebbero di tutto, le stupidità più grandi.

Il mio broncio sparì subito, ritornammo in auto come la felice coppia che sempre eravamo stati. La nostra meta era il Burger King più vicino, avevamo una gran voglia di mangiare le cose più caloriche del menù, avevamo una fame da lupi, il gelato per pranzo non riempi di certo lo stomaco. Quando arrivammo lì e dopo aver parcheggiato l'auto in uno dei posto liberi del parcheggio, ci avviammo all'interno in cerca di un posto a sedere. Ci eravamo coperti con occhiali e cappucci di felpe, sarebbero serviti a poco ma almeno non avremmo attirato subito tutta l'attenzione. Presi un tavolo nascosto in fondo, affiancato ad una delle finestre, Justin andò a fare la fila per riempire i nostri vassoi. Non vedevo l'ora di addentare un buon hamburger alla griglia, ricoperto da patatine e ketchup. Mi coprivo il viso con i capelli e il cappuccio della felpa, davo un occhiata al cellulare e rispondevo a qualche messaggio di mia madre. Osservavo Justin in fila, si girava a controllarmi ogni minuto, aveva una paura costante di perdermi come se io d'un tratto mi alzassi da quel tavolo e sparissi dalla sua vita. Non ce l'avrebbe fatta a portare due vassoio da solo, così mi alzai per aiutarlo. Venne il nostro turbo e la ragazza dietro il bancone appena ci vide ebbe come una paralisi al volto, cominciò a sospirare veloce e poi gettò un urlo.

"Ehm calmati, ti prego non urlare" sussurrò Justin. "Voi,voi,voi siete" balbettò. "Bieber e Smith" urlò rivelando a tutti la nostra presenza.

Gli sguardi di tutte le persone li presenti furono su di noi, c'erano quello che urlavano per la gioia, chi restava impassibile e chi piangeva. Sorridemmo a tutti piuttosto imbarazzati, poi prendendo i nostri vassoio pieni ritornammo al nostro tavolo. Qualcuno più sfacciato si alzò dal proprio posto per scattare una foto, prendendo esempio da questi pochi minuti dopo il nostro riservato tavolo fu assediato da mezzo locale. Justin incurante della folla che si era creata intorno a noi continuò a mangiare il suo panino. Io non ci riuscivo, avevo troppi occhi addosso, era tutto nuovo per me. Mi alzai sulla sedia su cui ero precedentemente seduta e catturai l'attenzione di tutti verso di me, come se non ne avessi già abbastanza.

"Se ci lasciate mangiare in santa pace, vi prometto che dopo scatteremo una foto con tutti voi, a costo di ritornare a casa domani" proposi un accordo.

Loro furono subito d'accordo, almeno ci avrebbero lasciato un po di tempo per mangiare. Ritornarono ai loro posti, anche se i loro sguardi restavano sempre su di noi. Mangiai il mio panino molto velocemente, mandai giù tutto con un po di coca cola. Justin aveva finito di mangiare prima di me, non perché fosse stato veloce, ma perché ogni suo morso equivaleva a tre dei miei. Riportò i vassoio al loro posto e prima di ritornare lasciò una generosa offerta in un salvadanaio dedicato ai bambini sud africani. Tutti aspettavano con ansia il loro momento, aspettavano che noi dessimo il via alle foto. Le persone presenti erano una cinquantina, speravo che quelli intenzionati a scattare una foto fossero tutti.

Justin risucchio l'ultimo goccio di coca cola dal suo bicchiere, non contento ne prese un altro po dalla mia. Tolsi gli occhiali e abbassai il cappuccio, alcuni bambini più piccoli erano già in fila e facevano mosse strane, erano emozionati. Bieber avrebbe cercato volentieri una via di fuga, forse dal finestra del bagno. Infondo sapevo che era contento di rendere felici delle persone. Il responsabile del negozio si prese la responsabilità di scattare le foto. Justin decise che ad ogni foto qualcuno avrebbe dovuto donare a suo piacimento qualcosa per i bambini del terzo mondo. Ero d'accordo, almeno avremmo reso felici altre persone. Colta dall'occasione presi dalla mia borsa il libretto degli assegni e donai anche io una somma generosa. Non avevo contanti dietro, speravo accettassero un assegno. Tutti senza rifiutarsi donarono qualcosa in beneficenza, chi più chi meno. Le foto sembravano infinite, le persone sembravano aumentare ogni volta di più, ma era solo l'impressione. Troppi sorrisi avevano cominciato a causarmi una paralisi alla mascella, mi faceva un male cane. Per Justin questo non fu un problema, lui faceva quella faccia da duro e tutto andava a gonfie vele per la sua mascella. Era da non crederci, avevamo scattato una foto con tutte le persone presenti e in più avevamo riempito due cassette per la beneficenza.

"Se ci cantate una canzone, vi lasceremo andare" urlò una delle tante persone presenti, una ragazza.

Io e Justin ci guardammo un po a disagio, ma poi annuendo accettammo il loro accordo. Loro si sedettero per terra o su qualche sedia, tavolo. I proprietari del Burger King ci diedero il permesso di salire sul tavolo,così che tutti potessero vederci. Non sapevamo cosa cantare, ma Justin senza consultarmi cominciò a cantare la nostra canzone inedita 'light'. Era l'unica che potevamo cantare insieme, l'unica che potessimo condividere in quel momento con i nostri fan. Cantare senza base, senza strumenti era un'altra cosa, altre emozioni. Due voci, due cuori che sono li a fare quello che gli riesce meglio per i propri sostenitori. Rimasero parecchio spiazzati, non conoscevano la canzone e le parole lasciavano pensare a molto, forse non avevamo mai cantato meglio di allora. Chi urlava, chi applaudiva. Erano estasiati. Justin sorridendo e ringraziando scese dal tavolo, io no, volevo continuare ad emozionare quelle persone, probabilmente non le avrei più riviste, quindi tanto valeva renderle felici. Cantai una delle mie canzoni, una di quelle ancora non uscite, si chiamava 'Dance'. Era molto bella e mi faceva venire voglia di ballare su tutti i tavoli del ristorante. Ballavo senza farmi problemi, un mini concerto tutto per loro. Justin rideva alla mia spontaneità e come tutti assistette alla mia piccola esibizione a cappella. Amavo gli applausi, amavo che alle persone piacesse quello che facevo. Justin mi aiutò a scendere dal tavolo e feci un saluto generale a tutti, dovevamo proprio andare.

Avevamo mangiato un buon panino, avevamo reso felici molte persone, avevamo aiutato con la beneficenza e in più c'eravamo divertiti. Justin tempo prima mi aveva detto che avrei capito il valore della musica quando cantando avrei guardato negli occhi un mio fan in lacrime, aveva pienamente ragione. Vederli piangere era una guerra nello stomaco, una sensazione indescrivibile. Vale davvero la pena sacrificare la propria vita privata in cambio della felicità di tante persone, lo avevo capito solo grazie a Justin e ai miei fan. Era solo l'inizio, ma sapevo che al bene non c'era mai fine. Il meglio doveva ancora venire.


CHE VE NE PARE? LO LASCIATE UN BEL CONMENTO?

Xxale

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