Capitolo undici

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Layla POV

"Mi scusi, signorina!" Mi chiamò una voce, due tavoli più in là di quello stavo servendo. Sospirando leggermente, mi voltai e sorrisi al cliente.

"Sì? Come posso aiutarla." Chiesi gentilmente, quando, in realtà, volevo soltanto urlargli contro. Erano le 11 e volevo già andare a casa.

"Ho ordinato la bistecca al sangue invece questa è ben cotta." Disse l'uomo, sollevando il piatto e guardandolo come se fosse un polipo o qualcosa di simile. Non era nemmeno uno dei miei tavoli. Pensai amaramente.

"Oh, mi dispiace signore, ora gliene porto subito un'altra." Dissi, prendendogli il piatto.

"Sì, e non ho nessuna intenzione di pagare." Affermò maleducatamente, mentre io annuii, mordendomi la lingua. Tornai in cucina e chiesi al cuoco di preparare una bistecca, assicurandosi che fosse al sangue. 5 minuti dopo il campanellino suonò ed io presi il piatto da lui posizionato sulla mensola. Dopo averlo portato all'uomo, passai tra i tavoli per sentire se i clienti avessero bisogno di qualcos'altro. Proprio quando pensavo di avere qualche minuto di libertà, Kayleen, la caposala, mi chiamò.

"Layla odio dovertelo dire, ma Kim oggi non verrà. Ho bisogno che ti occupi anche dei  suoi tavoli."

"Qual è il suo turno?" Gli chiesi, sospirando.

"Dalle 11 alle 4." Borbottai interiormente. Ottimo, davvero ottimo.

"Ok,va bene." Le risposi, nonostante sapessi che mi sarei pentita.

"Grazie Layla sei la migliore! I suoi tavoli sono il 2, il 4, il 6, il 14 ed il 17." Annuendo, me li scrissi sul blocchetto e tornai al lavoro.

Dopo 4 ore non vedevo veramente l'ora di tornare a casa. I piedi mi dolevano e la testa mi martellava. Feci un respiro profondo, presi il vassoio e lo portai al tavolo. Dopo aver posato i piatti, stavo tornando indietro quando sentii una mano palparmi il sedere. Voltandomi vidi che uno degli uomini mi stava sorridendo. Alzai gli occhi al cielo. Non era brutto, aveva i capelli castani, gli occhi marroni ed una mascella ben definita, ma nel suo sorriso c'era qualcosa di malevolo.

"Scusatemi." Sibilai, voltandomi. Dentro stavo ribollendo di rabbia.

"Fanciulla, dove stai andando?" Mi richiamò l'uomo. Lo ignorai e continuai a camminare. Non mi allontanai molto che sentii una mano attirarmi per la vita. L'uomo mi fece voltare e mi strinse contro di sé. "Non puoi andartene così, bellissima donzella."

"Lasciami andare." Ordinai, mentre le persone iniziavano a guardarci. Non volevo fare scenate, così provai a spingerlo, ma aveva una presa ferrea.

"Non puoi andare in giro con questi pantaloncini e pretendere che nessuno ti noti." Questo era uno di quei momenti che mi faceva odiare il mio lavoro. Mi sentivo come se fossi una spogliarellista in qualche club, invece che una cameriera in un ristorante di lusso. Il ragazzo rafforzò la stretta ed io iniziai ad andare in panico. Feci l'unica cosa che mi venne in mente, nonostante sapessi che sarei finita nei guai. Sollevai il ginocchio e lo colpii, facendolo mugugnare. La sua presa si allentò, lasciandomi libera, mentre lui si contorse sul pavimento. Feci un passo indietro, ancora tremante.

"Non toccarmi mai più!" Sibilai al ragazzo. Appena aprii la bocca per dire dell'altro, un'altra voce sovrastò la mia. Deglutii e mi voltai, notando il mio capo, Joseph, che mi stava incenerendo con lo sguardo. Merda, pensai. Sapevo che il bastardo voleva che lo seguissi nel suo ufficio. Con tutti i giorni in cui poteva venire a controllare la sala, aveva scelto proprio il momento sbagliato. Mi tenne la porta aperta ed io entrai, andandomi a sedere sulla sedia.

"Signorina Kingston o posso chiamarti Layla?" Mi chiese Joseph, mentre si sedeva sulla poltrona, al di là della scrivania.

"Va bene anche Layla." Mi costrinsi a dire.

Something Inside -Traduzione-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora