CAPITOLO 1: Lea

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LEA

Sull'aereo ero anche riuscita ad addormentarmi.
Ci ha messo tutta la notte per arrivare a destinazione, ma ora c'ero, ero a Charleston.

< Il volo 235 è arrivato a destinazione. Preghiamo i passeggeri di uscire dall'aereo e dirigersi verso il nastro per prendere i propri bagagli. >

Fermai il tempo ed uscii dal veicolo. L'aeroporto era ancora più grande di quello di Jacksonville, c'erano ancora più persone e non immaginavo neanche il chiasso che c'era lì dentro.

Uscii fuori ed una luce accecante mi colpì gli occhi. Il sole era caldo sulla mia pelle, purtroppo non potevo sentire la brezza leggera ma capivo, dalla posizione dei rami degli alberi, che un po' di aria c'era.

Non avevo più soldi per pagare un taxi ma non mi dispiaceva per niente camminare. Mi era sempre piaciuto farlo, in quel momento potevo stare tranquilla, potevo sentire tutti i rumori della natura, potevo sentire il vento tra i miei capelli.

L'unico problema era che dovevo camminare molto. Ho solo due gambe, non potevo andare velocissima.
Lasciai ancora un po' il tempo fermo così da potermi allontanare abbastanza dalle altre persone.

Appena fui su una strada secondaria, era in mezzo ad un piccolo bosco, feci ripartire il tempo.

Il bosco era color verde smeraldo. Sentivo gli uccelli cinguettare, le foglie secche sotto i miei piedi rompersi e alcuni legnetti nel bosco spezzarsi sotto le zampe di alcuni animali.

Camminai per almeno due ore. Ero su una strada asfaltata sempre in mezzo al bosco. Non c'era nessun rumore, ero molto, troppo tranquilla.
Solo che non ero a mio agio, non sapevo il motivo ma mi sentivo quasi osservata.

Per sicurezza fermai il tempo. Sembrava tutto come prima ma non era così, ed io non lo sapevo.

Continuai a camminare nel silenzio più assoluto.
Il silenzio per me è come un posto. Tu ti ci puoi rifugiare, puoi scappare da tutto e da tutti, ma questo posto, questo 'silenzio' trovo che sia piuttosto difficile trovarlo.

Ecco perché io da una parte mi ritengo fortunata. Potevo mettere nell'opzione muto il mondo con un semplice pensiero.

Non avevo ancora ben capito come funziona il mio potere; non sapevo se fermavo il tempo in tutto il mondo o se lo fermavo solo qualche chilometro intorno a me.

Purtroppo per me non avevo un telefono decente per poter ascoltare la musica, ma non era così importante, per ora mi bastava il silenzio.

Però l'unica cosa che non sopportavo era che quando non c'era rumore, quando non c'erano altre persone che parlavano e che tu non potevi ascoltare dovevi per forza ascoltare i tuoi pensieri. E i miei pensieri non erano molto normali, ecco.

Le mie gambe iniziavano a cedere, stavo camminando già da un po' ed era ovvio che avessero bisogno di un po' di riposo.

Mi fermai e strinsi la mia collana tra le mani. Il ciondolo era un piccolo grifone d'acciaio. Era raffigurato molto bene, i dettagli erano ben disegnati. Ce l'avevo da quando ero piccola, le maestre, cioè le donne che erano all'orfanotrofio, mi avevano detto che l'avevo quando ero arrivata lì da loro. Sarà stato un regalo dei miei genitori.

Ad un certo punto sentii qualcosa muoversi di fianco a me.
Mi girai di scatto e notai una sagoma che correva via, il più lontano da me. Era molto veloce però lo seguii ugualmente.

Era impossibile che qualcuno si muovesse. Il tempo era ancora fermo, come poteva farlo...

Dopo pochi chilometri arrivai ad uno spiazzo. Era una piccola piazza con tutt'intorno alberi e alberi.
Bene e ora? Da dove ero arrivata?

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