CAPITOLO 20: Max

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MAX

Avevo passato il giorno dopo a quando eravamo andati a varcare il dottore a letto; mi era più facile pensare quando ero da solo.
Che poi davvero solo non lo ero mai, perché Cletus era sempre con me.

Era una novità per me ragionare su cose serie; prima pensavo alle feste che dovevo obbligatoriamente organizzare, o alle feste a cui dovevo andare, pensavo a quanti soldi avevo nel portafoglio e ne dovevo avere sempre molti perché sennò non mi piaceva, pensavo a delle nuove richieste costose che dovevo fare ai miei genitori.
Non pensavo minimamente ai sentimenti delle altre persone, o semplicemente alle persone in sé, non pensavo ai limiti che dovevo avere però nessuno me ne imponeva, ecco.

Ero abituato ad avere tutto fin da piccolo quindi ero diventato un ragazzino stupido e snob ma con l'arrivo degli altri ragazzi ho iniziato a capire determinate cose.
Io, essendo stato adottato, avevo avuto privilegi che altri della mia nuova famiglia non avevamo avuto.

Sicuramente Lea, Cara, Adrian e gli altri erano più una famiglia che i Davis.

Avevo capito meglio le cose anche grazie al mio potere; predire il futuro dava un aiuto in più.

Non avevo ancora capito come funzionava: certe volte erano solo presentimenti, come il giorno prima nel bosco, o altre volte erano vere e proprie visioni, come per quella piccola spesa che avevamo fatto.
Avevo visto me è un'altra figura con un'aura arancione nel supermercato; non avevo visto però Ben, Lucas e Naomi che erano venuti con noi.

Il mio potere non lo controllavo ancora, succedeva e basta.

Però il libro, anzi il Mandante, aveva detto che il nostro corpo sapeva come usare il potere che ci aveva affidato ma il mio non ne era in grado.

Forse le mie potenzialità erano un po' più difficili da capire...

< Cletus spostati. > il mio animale era comodamente coricato sul mio letto e dormiva; la seccatura era che con la sua stazza il leone occupava quasi tutto lo spazio. In ogni caso gli volevo bene e gli ero grato per l'aiuto che mi dava e che mi aveva dato, specialmente, nella battaglia.

Dopo quello scontro mi ero arrabbiato parecchio con me stesso perché non ero riuscito a predire nulla.

Comunque gli altri non mi avevano dato la colpa, come potevano? Non avevo ucciso io Gabriel.

Un altro mio potere era quello di non avere paura ed era comodo in alcune situazioni. Il problema arrivava quando doveva provare alcune altre emozioni: come la tristezza o la curiosità, certe volte era davvero orribile.

Probabilmente stavo poco simpatico ad alcune persone in questa casa perché prendevano il mio disinteresse o mancanza di curiosità come il non aver voglia di fare le cose.

Ma in fondo, almeno per quello che pensavo io, loro sapevano che non era interamente colpa mia.

Lucas l'aveva capito, d'altronde lui era cresciuto con gente che non doveva avere paura. E anche Lea mi aveva capito e con Lucas, Cara e altri ragazzi della casa ci parlavo molto volentieri.

Volevo bene a tutti quanti, anche ad Eleanor e a Jacky che se ne erano andate da poco e speravo che perfino gli altri me ne volessero, malgrado il mio brutto carattere.

Ad un certo punto bussarono alla porta.

Mi alzai superando l'enorme corpo di Cletus e andai ad aprire.

< Siamo tutti ai suoi comodi...perché ci deve mettere così tanto... > diceva Naomi da fuori la stanza.

< Ti ho sentita. > mi ritrovai la sua figura davanti quando aprii la porta.
Lei era inespressiva e mi guardava spazientita.

< Meglio, così non devo ripetere. > la ragazza mi fece un sorriso piuttosto forzato.

< Cosa vuoi? > le chiesi con finta gentilezza.

Volevo bene anche a lei (e non l'avrei mai ammesso ad alta voce) però alcune volte era davvero insopportabile.

< È pronto il pranzo quindi se ci vuoi degnare della tua presenza... > indicò le scale.

< Mh...non so. > mi piaceva darle fastidio e poi lei, soprattutto con me, aveva poca pazienza.

< Senti, non volevo neanche venire io a chiamarti ma gli altri non avevano voglia di salire le scale, puoi deciderti? >

< Potevi lasciarmi qui senza mangiare, perché sei qui? >

< Per romperti le scatole. > sorrise e guardò dentro la stanza. < Se muori di fame non voglio averti sulla coscienza e non voglio che il tuo fantasma m perseguiti perciò vieni a mangiare e basta. >

< Sei un tesoro, ti preoccupi per me. > mi misi una mano sul petto e con l'altra feci finta di asciugarmi una lacrima.

< Fatti furbo. > Naomi alzò gli occhi al cielo e se ne andò sbuffando e scuotendo la testa.

< Comunque arrivo! > le urlai dietro.

Guardai fuori dalla finestra e vidi che pioveva, le gocce si rincorrevano sul vetro come se fosse stata una gara per chi arrivava prima alla fine.

Penso che la vita sia come un paragone più lento delle gocce che cadono sul vetro; tu nasci, arrivi così, all'improvviso e corri per tutta la vita per poter realizzare i tuoi sogni, poi arrivi alla fine e scompari...come se non fossi mai esistito.

< Cle- > il respiro mi si mozzò nella gola e chiusi gli occhi.

Ero in una stanza di ospedale, c'erano due barelle di ferro più o meno vicine tra loro e ai lati di entrambe c'erano dei corrimano, un bastone con appeso un liquido bluastro che finiva, attraverso dei tubi, direttamente nelle vene delle persone stese al di sopra dei lettini.
In un angolo della camera c'era anche una sedia a rotelle e un lavandino senza specchio.
I due ragazzi, o ragazze, erano delle semplici sagome nere come il carbone con attorno un'aura gialla e l'altra rossa.
« Aumentate il dosaggio, se si svegliano è un guaio. » disse qualcuno di fianco a me.

Riaprii gli occhi e ritornai nella mia stanza; avevo appena avuto una visione, un suggerimento dal futuro, e non sembrava proprio bella.

Perché non potevo vedere chiaramente quelle due persone coricate sui lettini non lo sapevo; però era un bel problema, non sapevo esattamente chi dovevo avvertire.

Decisi, per il bene della nostra sanità mentale, di non dirlo agli altri; si sarebbero preoccupati e avrebbero preso decisioni drastiche.

Il futuro poteva sempre cambiare, non c'era niente di certo.

Scesi di sotto ancora incerto sul dire agli altri membri della mia nuova famiglia della visione che avevo appena avuto, ma era meglio non pensarci sennò Lea avrebbe scoperto tutto.

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