Capitolo 16

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Pov Hope

Continuai a urlare e a piangere disperatamente, l'aria lasciò i miei polmoni, così come le guardie del re lasciarono andare il mio corpo, cadetti a terra, in ginocchio, guardando il corpo senza vita della donna che mi aveva cresciuta.

Pensai che non l'avrei più rivista, non l'avrei più abbracciata, non ci avrei mai più potuto parlare, non la sentirò più ridere, non potrò più "sgridarla" quando non busserà alla mia porta. Non mi porterà più il cibo a tavola, non mi farà più ridere con le sue stupide battute. Niente. Mai più.

Se ne andata, come la mamma.

Sentì lo sguardo di tutti su di me, mentre piangevo e urlavo come mai avevo fatto prima.

Non ci potevo credere, come ha potuto il re farmi questo?

Ero convinta che sapesse di mia madre, del suo suicidio, del fatto che io ero lì quando successe.

Inizio Flashback

Corsi nella stanza di mia madre e mio padre, per dargli il regalo che avevo fatto con le mie mani, era il suo compleanno, il regno festeggiava e mio papà stava organizzando la sua festa.

"Mamma." Urlai entrando in camera sua, ma lei non c'era, strano, mio padre mi aveva detto che l'avrei trovata qui.

Stavo per uscire dalla stanza, quando nella cabina armadio si sentirono dei strani suoni, come se qualcuno stesse soffocando.

Ero spaventata, dovevo andare a chiamare le guardie, ora. Ma il pensiero che qualcuno stesse facendo male alla mia mamma mi fece correre nella cabina armadio.

Quando vi entrai rimasi senza fiato, "Mamma." Sussurrai guardandola con una fune intorno al collo, che penzolava. Aprì gli occhi di scatto quando sentì la mia voce.

Sembrava voler parlare, ma la mancanza di ossigeno glielo impedì, l'unica cosa che riuscì a dire fu "...via." lasciai adere il regalo a terra, poi cadetti  in ginocchio urlando disperata, sperando che qualcuno arrivi in tempo.

Poi i suoi occhi, si chiusero.

Continuai ad urlare, anche quando delle braccia mi circondarono, anche quando riconobbi il profumo di mio padre, continuai ad urlare.

Fine Flashback

Sentì due braccia magre circondarmi, quando le mie urla si intensificarono al ricordo, il ricordo di non essere capace di far nulla, io non ho fatto niente allora, così come non ho fatto nulla ora.

"Hope." La voce di Gemma urlò sulla mia, ma io non l'ascoltai, continuando ad urlare e a piangere. "Portatela dentro." Urlò lei contro le guardie che subito presero il mio corpo tra le braccia, portandomi nella mia stanza.

_______

Erano due settimane, due lunghe settimane sono passate dell'accaduto, e tutto era cambiato.

Non ero nemmeno andata al suo funerale, così come non andai a quello di mia madre, troppo dolore da sopportare, poi sarebbe tutto più vero.

Io e il re non ci eravamo più visti, non ero uscita per niente dalla mia stanza, e lui non aveva insistito per farmi mangiare con lui, fortunatamente.

Avevo ordinato a Bertha di non entrare mai più in camera mia. Lei poteva aiutarmi quel giorno, ma non l'ha fatto, non mi ha aiutato a salvarla.

A malapena tolleravo la presenza di Gemma, neanche lei c'era quando ne ho avuto bisogno. Forse lei avrebbe potuto far cambiare l'idea del fratello, era pur sempre la principessa di Fascolandia. Eppure era a cavallo.

Non mangiavo molto, solo quando quest'ultima mi obbligava a farlo, minacciandomi di chiamare il re.

Odiavo quando le cameriere entravano qui, per portarmi i vassoi di cibo, come faceva lei, con la loro stessa uniforme.

Per la prima settimana, quando qualcuno entrava in camera mia, il mio sguardo si posava di scatto sulla porta, speranzosa che fosse lei, eppure, non era...

Molto probabilmente il mondo intero sapeva di quello che il re aveva fatto, ma mio padre nemmeno mi chiamò, per sapere come stavo, nulla, nessuna notizia da lui.

Mi aveva scaricata qui, senza mai chiamarmi, quasi come se io fossi una sconosciuta, non sua figlia.

La porta si aprì, ma io non spostai lo sguardo dalla finestra, il panorama era bello prima, o almeno così mi sembrava, mentre lo ammiravo con Becca, ora mi sembrava orribile.

"Hope." Gemma si avvicinò a me, toccandomi la spalla, mi spostai di scatto, non volendo essere toccata. La sentì sospirare pesantemente mentre si sedette sul tavolino accanto a me. "So che fa male, anch'io ho perso mia madre Hope, ma..." la interruppi non volendo ascoltare il discorso che mi ripeteva da due settimane a questa parte.

"Vattene." Quasi non riuscì a riconoscere la mia voce, bassa e fredda.

"Hope." Mi toccò ancora la spalla.

"Via!" Urlai a squarciagola facendola sobbalzare. Uscì dalla porta, dopo essermi guardata per un paio di minuti.

_______

Era ormai notte passata quando la porta si aprì nuovamente, Gemma non era, perché i suoi passi sono più leggeri, le cameriere non potevano essere, perché mi avevano già portato la cena due ore fa.

Quando il re si avvicinò a me, mi irrigidì, non volevo che lui venisse qui, non sopportavo l'idea di stare nella stessa stanza con lui.

Quando si sedette sulla poltrona davanti alla mia, mi sentì disgustata dalla vicinanza, nonostante in mezzo a noi ci fosse un piccolo tavolino.

"Devi mangiare di più, sei dimagrita." Disse freddamente, posando i gomiti sulle ginocchia, avvicinandosi a me, facendomi quasi vomitare.

"Prometto che mi ingozzerò al suo funerale." Dissi freddamente.

"Non ci siamo ancora sposati e già mi vuoi morto?" Rise divertito, posando la schiena sullo schienale della poltrona.

"Darei la mia stessa vita per vederla morto." Lo guardai per la prima volta negli occhi, ma subito tornai a guardare la finestra, non volendo vomitare davvero.

Parlò solo qualche secondo dopo. "Come va la preparazione del matrimonio?" Chiese tagliente.

"Ho smesso, la faccia lei." Qualcosa mi diceva che non era sorpreso di questo.

"Io non posso, sono troppo occupato." Si alzò dalla poltrona e aggirò il tavolino, per poi sedersi sopra ad esso, vicino a me, quando le nostre ginocchia si toccarono allontanai la mia gamba piegandola e stringendola a me, come dapprima facevo con l'altra.

"Lei è il re, può fare tutto. L'ha detto detto lei stesso, prima di ammazzare Becca." Gli ricordai quello che io non potevo dimenticare.

"Ora ti allontani da me? Ti ricordo che due settimane fa, proprio sul tuo letto, ti sei aggrappata a me per tutta la notte." Sì, infatti è per questo che non ci dormo più sopra.

"Non me lo ricordi, a meno che non voglia vedermi vomitare." Feci una faccia schifata, continuando a guardare le stelle.

"Ti faccio davvero così schifo?" Chiese con tono divertito, tuttavia, c'era anche un pizzico di amarezza nella sua voce.

"Più di quanto possa immaginare." Ammisi, una sua mano mi prese una ciocca di capelli, tirando il mio capo accanto a lui, per poi sussurrarmi qualcosa all'orecchio.

"Tra mezz'ora ti voglio nella mia stanza, mettiti qualcosa di sexy sotto alla vestaglia, ti manderò Bertha per portarti da me." Poi se ne andò, lasciandomi con l'amaro in gola.

The King And His Queen H.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora