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Hai combattuto contro un mostro più grande di te e hai insegnato a molti com'è bella la vita. È questa la tua vittoria, nonostante il finale.
Ieri notte il cielo era più luminoso, sono certa che il merito fosse tuo.
Ciao Mimmi, questo è per te.
Perché ci hai creduto quanto noi.
Buon viaggio.

"La strana intimità di quelle due rotaie. La certezza di non incontrarsi mai. L’ostinazione con cui continuano a corrersi di fianco."

(Alessandro Baricco, "Castelli di Rabbia")

Mario

Osserva Alice che culla dolcemente Sofia. Cerca di farla addormentare, ma la piccola non ne vuole sapere di chiudere occhio. Piange, con le manine strette a pugno.
"Ali, forse non ha sonno." Prova a dire. Alice è nervosa, come sempre. Questa situazione, questa convivenza, ormai sta stretta anche a lei.
"Mario, io ho bisogno di dormire!" Urla quasi, esausta, strofinandosi il viso con una mano.
Mario si avvicina e prende la piccola tra le braccia.
"Vuoi giocare amore?" Le chiede, ponendola sulle sue gambe e facendole smorfie buffe. Basta questo per calmarla. scoppia a ridere felice, accarezzandogli la barba, per poi gettarsi tra le sue braccia calde.
"Dove sei stato due giorni fa?" Alice lo scruta con attenzione. Mario credeva che alla fine non gli avrebbe chiesto nulla, che avesse creduto alle sue stupide scuse. Si schiarisce la voce, nervoso.
"Te l'ho detto. Dovevo sistemare delle cose per una festa in un locale fuori Roma."
Alice ride, con la faccia di chi ha appena sentito la cosa più divertente del mondo.
"Immagino che questa festa fosse a Verona." Sussurra poi.
"Cosa?" Chiede Mario, fingendo malamente sorpresa.
"Sei stato da lui. È così?"
"Ali non so di cosa tu stia parlando." Mario si alza in piedi, la piccola tra le sue braccia ha ripreso a piangere.
"Ci sei stato a letto. Vero Mario? Tutte quelle cazzate sul fatto che fosse stato un errore, che volevi me...E poi? Ma perché non mi lasci? Perché non te ne vai da lui? Io e Sofia staremmo anche meglio senza di te!" Alice urla isterica, prima di scoppiare in un pianto disperato.
"Non è così semplice..." Sussurra appena Mario, cercando di accarezzarle una guancia. Lei si ritrae come scottata.
"O sei gay o non lo sei Mario! Cazzo, è la cosa più semplice del mondo!"
"Io non voglio lasciarvi Alice." Mario è nel panico, è come se tutto ciò che ha sempre temuto potesse materializzarsi da un momento all'altro. Alice e sua figlia che gli voltano le spalle. Alice infatti va via, sbatte con forza la porta della camera da letto, chiudendosi al suo interno. Mario riesce a sentire lo stesso nitidamente i suoi singhiozzi. Sofia invece è ancora tra le sue braccia. Ora ha smesso di piangere.
"Papà papà papà!" Esclama per attirare la sua attenzione, dandogli poi un piccolo bacio bagnato.
Mario le sorride teneramente, ricordandosi che è lei la sua ragione di vita.
"Tu mi vorresti bene lo stesso amore? Anche se fossi un papà un po' diverso dagli altri?" Le sussurra. E sa che Sofia non può ancora capire cosa lui voglia dire. Ma la piccola gli sorride. Quasi come se volesse rassicurarlo. Il cellulare vibra. Un suo messaggio. Mario lo apre con dita tremanti.
"Smettila di mandarmi messaggi, smettila di cercarmi. Lasciami vivere, lasciami andare se mi ami come dici."
Mario lo aveva sempre pensato in fondo. Che lui e Claudio erano come le rotaie consumate dal passaggio di tanti, troppi treni, tanti viaggi, tante occasioni sfumate. Usurate e parallele. Due parallele possono viaggiare a fianco, si sfiorano quasi per chilometri. Eppure sono parallele. Non avranno mai un punto di incontro. Si sfioreranno, ma non si incontreranno mai davvero. Non riusciranno mai a stare insieme. Insieme per davvero.

Sei anni prima...

Mario pensa e ripensa alla sera precedente. A quel bacio, alle sue labbra morbide, alle sue mani che vagavano sulla schiena di Mario, sotto la stoffa sottile della maglietta. Ai suoi sorrisi, ai piccoli morsi al suo labbro inferiore, ai respiri mischiati in uno solo, alla tensione. Alla paura.

Perché l'ho fatto? Sono stato io, è partito da me! Che cavolo mi è successo? Cosa direbbe Alice? Come farò adesso? Perché l'ho fatto cazzo? E perché non riesco a smettere di pensarci? E perché quando ci ripenso ho un vuoto alla bocca dello stomaco e il cuore batte tanto che ho paura che si fermi da un momento all'altro? Che si consumi con tutti questi battiti al secondo. Perché?

Il suono del citofono lo risveglia dal torpore in cui era caduto. Si avvia a passi lenti verso la porta.
"Chi è?"
"Mario? Sono...sono Claudio."

Che cazzo ci fai qui? Vattene, per favore.

"Che vuoi?"
"Io volevo solo...mi faresti salire un attimo per favore?"
Mario prende un respiro profondo. La tentazione di ignorarlo e tornare a dormire è tanta. Ma non lo fa. Gli apre. Claudio sale le scale lentamente, come se volesse ritardare il momento in cui saranno faccia a faccia. Occhi negli occhi. Ma il momento alla fine arriva comunque. Mario non lo invita neppure a entrare, ha paura. Non vuole averlo in casa. Non vuole fare altri sbagli.
"Che vuoi?" Gli ripete.
"Posso?" Chiede Claudio, quasi timidamente. Non sembra neppure lui.

No, non ti farò entrare in casa. Questa è casa mia.

"Non credo sia una buona idea." Gli risponde glaciale. Freddo, brusco. Spaventato a morte. Sul viso di Claudio compare un sorriso amaro.

Quanto sei bello...quanto vorrei accarezzare di nuovo quelle labbra e cancellare quel sorriso deluso con dieci, cento, mille baci. Quanto vorrei non pensare e basta.

"Mario, te lo ricordi quello che è successo ieri?" Claudio si sta innervosendo. Mario riesce a sentirlo.
"È stato un errore." Il sorriso di Claudio ora si trasforma in una risata amara.
"Un errore, certo."
"Sì, un errore. Per favore, non cercarmi più e non parlare a nessuno di ciò che è successo." Ora Mario abbassa lo sguardo. Ha vergogna di quello che sta dicendo, di quello che sta facendo. Claudio lo guarda con tristezza.
"Perché ti vergogni di quello che sei?" Gli chiede poi, afferrandogli un braccio e scuotendolo quasi con forza. Mario si scansa.
"Non mi vergogno." Dice poi, sulla difensiva.
"Già...fa un po' come ti pare PR." Risponde poi Claudio, stanco, forse deluso, andandosene via. Allontanandosi da lui, stavolta per sempre. O almeno così crede Mario. Chiude la porta e immagini veloci gli passano per la mente mentre si appoggia ad essa e comincia a piangere silenziosamente. Ricordi confusi e che pesano come macigni sull'anima. Mario adolescente, appena sedicenne, che ha un amico che si chiama Fabio. Mario che ci studia insieme ogni giorno, Mario che ne è attratto. Mario che un giorno tra i libri gli dà un bacio, non sa come, non sa perché. Fabio che ricambia. Mario e Fabio che continuano a baciarsi ogni giorno di nascosto nella sua stanza. E poi il giorno in cui il padre di Mario entra e li trova così, stretti in un abbraccio, a baciarsi con dolcezza. Il padre di Mario che non capisce, che lo caccia via di casa. Che gli dice di non tornare finché non capirà di aver sbagliato, finché non la smetterà di dargli dispiaceri. Mario che  piange una notte intera a casa di Fabio. Mario che torna il giorno dopo dicendo di aver capito. Di aver sbagliato. Mario che era appena un ragazzo e già provava la sconcertante sensazione di sentirsi sbagliato. Questo nessuno lo sa, solo Valentina. Claudio questo non lo sa. Mario vuole che non lo sappia mai.

Quello Che RimaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora