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"Sono un pessimo romantico, lo ammetto. È per questo che non sono riuscito a farti innamorare. Lo so che è così. Ho immaginato che potessi bastare io, con i miei modi normali e l’aria spavalda. Fintamente sicura. E del tempo, per spiegarti quello che manca, per farti vedere che ne sarebbe valsa la pena, alla fine.
Ho provato, che dire, a farmi scegliere. Ho sperato. Dovevo. Era una possibilità, capisci? Come fare a metterla via, a dimenticarla? Forse aspettando, forse non era il momento. Forse io e te abbiamo un altro tempo. Sono sicuro che con qualche giorno in più, ora in più, ti avrei portato via con me. È l’idea che almeno una volta succeda, no? Hai presente? Quell’idea invasiva e sotterranea che si inabissa o si palesa e lo fa una volta sola per tutte e se l’avverti non puoi far finta di niente, se hai un po’ di senno.
Come un sibilo fluttuante e sinuoso.
A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo. Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me.
E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro.
Verresti?"

("Gli amori difficili", Italo Calvino.)

Claudio

"Dai, entra!"
Claudio apre la porta e resta in attesa di Mario, che adesso sembra incerto. Sono lì, fermi sulla porta, Mario che osserva l'ingresso, non avviandosi al suo interno. Quasi come se fosse spaventato da quella casa, da Claudio. Alla fine con qualche piccolo passo si decide ad avanzare e ad entrare dopo tre anni nel mondo di Claudio. Si guarda intorno attentamente, sotto lo sguardo vigile dell'altro.
"Non è cambiato niente." Constata alla fine, con un piccolo sorriso.
"Ti ricordi della prima volta che sono entrato qui?" Ora è Claudio a sorridere.
"Ubriaco fradicio dopo aver controllato i nomi degli abitanti di tutte le case della zona? Come dimenticarlo?" Mario ride, dandogli un piccolo schiaffo sulla spalla, prima di avvicinarsi a quel divano bianco su cui si sono stretti tanto da non sentirsi più le ossa. Lo osserva con sguardo triste, lo sguardo di uno che sente già la mancanza di ciò che lo circonda. Di uno che sa che tutto questo non durerà.

Noi siamo qui, Mario. Questo momento potrebbe durare in eterno se solo tu volessi. Se tu scegliessi me, noi. Potremmo starci tutta la vita stretti su quel divano.

Mario si siede e prende un grosso respiro, prima di parlare.
"Ce l'hai con me perché sono tornato, vero Clà?"
"Mario..."
"Prima lo hai detto."

l'ho detto. Perché ero arrabbiato, ferito. Perché ti odio per quanto ti amo. Perché non riesco a fare a meno di te.

"Rivederti è stata la cosa più bella che mi sia successa in questi tre anni. Odio questa situazione, lo sai. Odio essere l'altro. E a volte odio anche te. Ma quando ti ho rivisto io ho ripreso a respirare. Ti voglio nella mia vita perché ti amo. E lo sai che non ho mai amato nessuno prima di te, e lo sai quanto per me sia difficile dirlo anche adesso, in questo momento. Ma è così. Io non riesco a smettere di amarti Mario. Non riesco a liberarmi di te." Smette di parlare a corto di fiato, con gli occhi rossi e i denti a torturarsi il labbro inferiore. Mario gli sorride con dolcezza, mentre una piccola lacrima scivola disegnando un percorso umido sulla sua guancia. Prende la mano di Claudio, prima di trascinarlo su quel divano con sé.
Si getta con forza su quelle labbra che non sente sue da troppo tempo, schiudendole subito e cercandone l'accesso con la lingua. Claudio si perde in lui, nel suo respiro caldo su di lui, in quelle mani che cominciano a sbottonargli la camicia, che lo trascinano sul divano facendolo stendere. Si perde in quelle labbra che seguono il tragitto delle mani, che tracciano una scia umida sulla pelle lasciata nuda dal tessuto della camicia, dal collo fino al bacino. Si lascia andare a un gemito rumoroso quando Mario gli sfiora l'erezione già pronunciata con il viso da sopra i pantaloni. Si perde in quegli occhi neri che lo osservano con desiderio mentre con mano sicura l'altro gli sfila i pantaloni lasciandolo in intimo. È a quel punto che Claudio inverte le posizioni, spogliandolo con estrema lentezza, mentre tortura il collo di Mario con piccoli morsi e si perde nei gemiti dell'altro. Ed è quando Claudio entra in lui e comincia a muoversi lentamente per dargli modo di abituarsi che Mario gli prende il viso tra le mani e lo guarda come se fosse la cosa più preziosa del mondo, con estrema dolcezza e desiderio.
"Clà tu non sei l'altro. Perché io ti amo. Di questo non dubitarne mai."
Claudio si getta di nuovo su quelle labbra morbide in una tacita risposta. Perché è tutto annebbiato, Mario è dappertutto, dentro e fuori di lui. E lui riesce solo a sentire l'intensità di quel momento, l'importanza di quel momento. Accelera il ritmo di quella danza solo loro, prendendo il piacere dell'altro e cominciando a muovere la mano con decisione. Arrivano al culmine insieme, stremati, felici, su quel divano, in quella casa. Come se il tempo non fosse passato, come se fossero sempre loro. I Mario e Claudio di tre anni fa. Che si amano. Che si sono scelti. Che fanno parte l'uno dell'altro.

Cinque anni prima...

Claudio si sveglia con il suo profumo sulla pelle. I suoi capelli a solleticargli il viso. Sente le braccia di Mario strette attorno al suo busto, le gambe intrecciate. Ha caldo, è sudato. Ma non gli importa. È il risveglio più bello che abbia mai avuto. Respira a pieni polmoni il suo profumo, restando ancora un po' ad occhi chiusi, a bearsi di quel contatto. Sente Mario cominciare a muoversi impercettibilmente, stringerlo di più, respirare in modo irregolare. Così capisce che anche l'altro è sveglio. Si decide ad aprire gli occhi, con il cuore che gli martella in petto. Si ritrova quei due pozzi neri, grandi e assonnati, a pochi centimetri di distanza. E ora ha paura. Ha paura di Mario, di ciò che potrebbe fare o dire. Ha paura che possa reagire come ha fatto nel suo ufficio all'Urban. Ma Mario ora gli rivolge un sorriso ampio e dolce. Sembra volergli dire di stare tranquillo, di calmarsi. E Claudio con quel sorriso ci riesce subito. Affonda la testa nell'incavo del collo dell'altro, lasciandogli un leggero bacio sulla pelle morbida. Mario rabbrividisce al suo tocco.
"Buongiorno!" Escama poi con voce roca e assonnata. Si stiracchia, sbadigliando rumorosamente, prima di scompigliarsi i capelli.
"Comunque sei bellissimo." Claudio non riesce a trattenersi. L'altro si blocca di colpo, sgranando gli occhi. Ora Claudio ha davvero paura che possa darsela a gambe. Ma Mario si avvicina di più, posando le labbra sulle sue. Si lasciano andare a un bacio lento, dolce, senza fretta. Come se potessero stare così tutta la mattina, tutto il giorno.
"Certo, perché tu invece sei un cesso, vero?!" Esclama poi Mario, staccandosi appena dalle sue labbra.
"Sarebbe un complimento questo?" Claudio ride.
"Sì Sona, fattelo bastare!" Gli risponde, arrossendo appena e nascondendo il volto sul suo petto colorato. Claudio accenna un sorriso.
"Hai dormito bene PR?"
"Benissimo!" Gli risponde l'altro di getto, con il viso ancora sul suo petto. Ora Mario ha cominciato a lasciargli piccoli baci su di esso, mentre Claudio porta le mani sotto la sua maglietta, accarezzandogli i fianchi. È Mario a rialzare la testa e puntare alle sue labbra, baciandolo questa volta con decisione, mentre le sue mani vagano sul petto e sull'addome di Claudio. Claudio si bea di quel contatto, di quella sensazione di pace, del silenzio spezzato solo dal loro respiro irregolare e dagli schiocchi delle loro labbra. È lo squillo insistente del cellulare di Mario a rompere tutto. Si stacca a malincuore da Claudio, afferrando  quel telefono che è caduto in qualche punto impreciso della stanza durante la notte. La chiamata si interrompe prima che Mario possa rispondere. Ma un messaggio arriva subito dopo.
"Cazzo!" Mario si sbatte una mano sulla fronte, prima di chiudere gli occhi. Claudio ha capito. Ma spera di sbagliarsi.
"Che c'è?"
"Clà è...è Alice. Oggi dobbiamo pranzare insieme per festeggiare. Sai è un anno che..."
"Che vi conoscete." Conclude Claudio al suo posto.
"Già." Mario abbassa lo sguardo, a disagio.
"Certo. È da un anno che ci conosci. Ci hai conosciuto lo stesso giorno. Eppure sei venuto da me ieri notte, non sei andato da lei." Claudio ora ride, come se fosse la cosa più buffa del mondo.
"Clà..."
"Vai, Mario." Claudio si alza dal letto, ma l'altro lo segue.
"Non puoi buttarmi fuori! Abbiamo dormito insieme questa notte." Claudio si volta sprezzante, mentre Mario cerca di avvicinarglisi di nuovo, senza alcun risultato.
"Non sei il primo e di certo non sarai l'ultimo con cui passerò una notte. Ora vattene." Lo dice ma non ci crede neppure lui. Lo dice solo con l'intento di ferirlo. E ci riesce, a giudicare dallo sguardo deluso di Mario.
"Hai detto che mi avresti aiutato. Hai detto che ci tenevi a me." Sussurra appena.
"Sì è vero. L'ho detto prima che venissi qui e mi dormissi addosso, sul mio letto. L'ho detto prima che ti svegliassi dicendomi che devi andare a festeggiare il nostro giorno con un' altra persona. Non voglio una persona che non ha le palle di stare con me Mario. E ora puoi andare, ho bisogno di una doccia." Si chiude forte la porta del bagno alle spalle, non attendendo alcuna risposta. Aspetta in silenzio che l'altro vada via prima di tornare a respirare. Gli occhi bruciano, il respiro è strozzato.

Vaffanculo Mario. Non ho mai pianto per nessuno. Non ho intenzione di cominciare a farlo adesso. Per te.

Si chiude nella doccia. Lava via quella notte. O almeno ci prova. Non ci riesce. Ora gli occhi bruciano troppo. Claudio si arrende a quel pianto nuovo.

Quello Che RimaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora