Prima di lasciarvi al capitolo volevo ringraziarvi tantissimo per le letture, le stelline e soprattutto per i bei commenti che mi lasciate. Ho letto a tal proposito che alcune di voi non comprendono a pieno il comportamento di Mario. Ciò che voglio raccontare tramite Mario è un percorso di crescita e accettazione di sé. Credo che le sue ragioni e le sue paure siano legittime, anche perché non credo esistano paure illegittime. La paura non si supera da un giorno all'altro, l'importante però è riuscirci alla fine. E accettare ciò che si è non sempre è facile, molti non ci riescono per tutta la vita purtroppo. Detto ciò vi lascio al capitolo, spero che vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate se vi va! Un bacio e grazie ancora! ❤
____________
"Sai qual è il bello dei cuori infranti?" Domandò la bibliotecaria.
Scossi la testa.
"Che possono rompersi davvero soltanto una volta. Il resto sono graffi."
(Carlos Ruiz Zafón, "Il gioco dell'angelo".)Mario
Mario apre gli occhi nella penombra di quella stanza sconosciuta. Ha dormito bene, profondamente come non gli succedeva da troppo tempo. Ci mette un po' a realizzare dove si trova. È una stanza che non conosce, il letto su cui si trova è piccolo e non è quello che condivide con Alice. Passano minuti prima che si renda conto di essere a casa di Valentina, in quella stanza in cui tante volte ha dormito quando si sentiva troppo solo. Quando litigava con i suoi genitori o quando erano loro a litigare e a ferirsi con le parole. Quei litigi fatti di urla e parole pesanti, fatti di rimorsi e di colpe mai perdonate. Di "è colpa tua se abbiamo un figlio così". Così. "Così come?" Avrebbe voluto urlargli contro Mario. Cos'ho che non va? Cosa faccio di male? Stava solo zitto, chiuso nella sua stanza o a fissarli, ignorato da entrambi, prima di scappare via e rifugiarsi dalla sua migliore amica. Poi quei litigi erano finiti, semplicemente perché i suoi genitori avevano finito per non parlarsi più. E chissà...Magari se Mario non fosse stato così come loro dicevano sarebbero riusciti a restarci insieme.
"Buongiorno tesoro!" Valentina lo saluta allegra, schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia e trascinandolo davanti alla colazione per almeno dieci persone che ha preparato.
"Vale, ti sei alzata dal letto alle tre del mattino per caso?" Le chiede ironico sedendosi a tavola, alludendo all'enorme quantità di cibo che l'amica gli ha posizionato davanti agli occhi.
"Scemo! Mi sei mancato troppo, dobbiamo festeggiare! Da quanto non passavamo un po' di tempo insieme eh? Ricordami di ringraziare Claudio per questo."
Un sorriso si forma spontaneo sulle labbra di Mario al semplice suono di quel nome. Valentina non può fare a meno di notarlo.
"Mario...voi, insomma...state di nuovo...come va tra voi?" Valentina ha difficoltà a porgli quella domanda, Mario se ne accorge subito.
"No, noi abbiamo deciso di collaborare lavorativamente e basta." Valentina lo osserva con sguardo scettico.
"Sì certo." Escama poi, quasi divertita.
"Vale, lui non mi vuole più. O almeno non così. Mi ha chiesto di lasciare Alice, ma lo sai che questo io non posso farlo."
"Mario, tu puoi fare tutto quello che vuoi, lo sai." L'amica gli afferra la mano con dolcezza.
"Lui lo sa, Mario?" Continua poi.
"Cosa?"
"Quello che ti è capitato. Quel ragazzo quando eri piccolo...tuo padre e la sua reazione...se lo sapesse magari ti capirebbe di più e riuscirebbe anche ad aspettarti e forse..." Mario non le dà il tempo di finire.
"No, non lo sa e non deve saperlo. Ok Vale?" Esclama con tono che non ammette repliche.
"Ok."Non voglio che lo sappia. Non voglio fargli pena. Non voglio che si senta costretto a capirmi e giustificarmi.
***
"Ok, resta solo da contattare il dj. Per il resto abbiamo pensato a tutto mi pare, no?" Mario è concentrato sui numerosi fogli con i vari appunti per la serata sparsi sul bancone di Claudio. Legge e rilegge, temendo di aver tralasciato qualcosa. L'altro nel frattempo lo osserva, non staccandogli mai gli occhi di dosso.
"Vuoi qualcosa da bere?" Gli chiede allora, ignorando la sua domanda. Mario sbuffa spazientito.
"Clà, mi vuoi ascoltare? Dobbiamo sbrigarci." Esclama. Claudio in risposta gli rivolge uno di quei sorrisi che Mario vorrebbe solo prendere a morsi e mai smettere, così per tutta la vita. Una vita sulle labbra di Claudio.
"Mario, abbiamo tempo! Mancano giorni alla serata." Lo tranquillizza poi.
"In realtà no Clà. Io devo finire tutto subito. Devo tornare a Roma il prima possibile, lo sai." Basta questo per rovinare l'atmosfera magica che si era creata. La bolla in cui erano solo loro, come un tempo.
"Devi finire di lavorare prima di tornare, Alice può aspettare." Gli risponde scocciato. Mario abbassa lo sguardo, poi afferra il cellulare. Claudio lo guarda interrogativo, mentre quello cerca qualcosa tra le foto salvate in galleria. Ne trova una, sorride spontaneamente, mentre porge il telefono a Claudio. Lo vede cambiare espressione, lo sguardo da duro e arrabbiato si addolcisce, lasciando posto a un piccolo sorriso intenerito. Sofia sorride all'obiettivo, con le manine alzate strette a pugno e gli occhi felici. Sorride a lui, in quella foto. Al suo papà che gliel'ha scattata.
"Lei è Sofia." Gli dice Mario. Claudio annuisce.
"È bellissima. Ti somiglia tanto."
"In realtà somiglia più ad Alice." Mario non riesce a credere che quell'esserino tanto bello possa anche lontanamente somigliargli. Ma Claudio scuote la testa deciso.
"No. A te. È bellissima come te." Mario abbassa lo sguardo in imbarazzo, prima di continuare.
"Mi manca Clà. Lo capisci? Non è per Alice che voglio tornare a Roma, ma per lei." Gli spiega, con voce rotta. Claudio annuisce, prima di accarezzargli dolcemente il viso.Sarebbe così bello, Clà. Potervi avere entrambi. Poter avere la vita piena di amore.
"Sono certo che tu sia un padre fantastico." Gli dice l'altro sorridendogli, con un velo di tristezza negli occhi. Mario vorrebbe sprofondarci dentro in quegli occhi. Vorrebbe prendersene un po' di quella tristezza causata da lui, farsene carico.
"Forza, finiamo di preparare tutto, così potrai tornare da lei." Mormora poi Claudio, sedendosi accanto a lui.Se solo riuscissi a smettere di amarti, o almeno se riuscissi ad amarti un po' meno, forse potrei liberarti da me. Forse riusciremmo a vivere delle belle vite. Forse sarebbe tutto più facile. Forse.
Cinque anni prima...
Mario ha ancora il respiro corto, lì tra le braccia di Claudio, lì con quei suoi occhi verdi che continuano a osservarlo, con il suo respiro che gli batte forte sul collo e le mani dell'altro ancora intrecciate alle sue. È finito il piacere, il respiro sta tornando regolare. E con il respiro anche la facoltà di ragionare. La mente ricomincia a lavorare vorticosamente.
Che cazzo ho fatto?
Allontana come scottato le proprie mani da quelle dell'altro, se ne pone una sul viso, strofinandosi gli occhi come a voler scacciare ciò che è appena successo. Claudio sembra aver capito. Abbassa lo sguardo, cercando di porre un po' di distanza tra se stesso e l'altro, per quanto gli sia possibile, visto che l'altro è ancora seduto su di lui. Mario si rialza, ricomponendosi e riallacciandosi i pantaloni.
"Mario..." Claudio ha gli occhi lucidi, carichi di delusione.
"Che cazzo ho fatto?" Si chiede Mario, con tono di voce appena più alto, quasi stridulo. Comincia a camminare velocemente avanti e indietro come un pazzo nella piccola stanza.
"Che cosa ho fatto, cazzo? C'è Alice nell'altra stanza...che ho fatto?" Continua a ripeterselo, sotto lo sguardo di Claudio.
"Mario basta! Smettila! Smettila di fare il bambino! Smettila di fare un passo e poi pentirtene subito dopo! Smettila, sto impazzendo!" Claudio urla esausto, in piedi di fronte a lui, con gli occhi rossi e gonfi. Mario interrompe sconvolto quel flusso di parole, prima di osservarlo per un attimo, lasciandosi andare poi a un pianto carico di tutto. Della confusione, dell'ansia, della paura, dell'incapacità di capire ciò che gli sta succedendo, della capacità di capirlo anche troppo bene. Carico della paura di aver vissuto una vita piena di bugia, della paura di essere se stesso, della paura di non esserlo. Claudio resta fermo un attimo, in difficoltà, preoccupato, prima di avvicinarsi a lui. Lo stringe forte a sé, cullandolo quasi, accarezzandogli i capelli piano, con estrema dolcezza.
"Hey, Mario dai, non piangere. È tutto ok." Gli sussurra all'orecchio.
"No, non è tutto ok. Io sono qui a piangere tra le tue braccia e la mia fidanzata è a pochi metri di distanza, sola. Non è tutto ok. Poco fa noi abbiamo...non è tutto ok." Riesce a dire tra i singhiozzi. E si vergogna maledettamente per come Claudio lo sta vedendo. Debole, vulnerabile, confuso.
"Lo so." Gli sussurra l'altro.
"Clà, io da quando ti conosco non so più chi sono. Ogni volta che ti vedo...tu mi sconvolgi. Ed io non so che fare." Riesce finalmente a confessare. Claudio gli solleva con dolcezza il viso, asciugando poi quelle lacrime con il pollice.
"Io voglio aiutarti a capire, Mario. Ma tu devi permettermelo. Perché davvero a me non è mai importato di nessuno quanto mi importa di te. Quindi non allontanarmi, non scappare da me. Ok?"
"Ok." Riesce solo a rispondergli. E restano così, stretti in quella stanza. Con le ferite di Mario che bruciano un po' meno con Claudio addosso. Il resto del mondo fuori. Come se non esistesse nessun altro. E forse, per quel piccolo lungo istante, è proprio così.
STAI LEGGENDO
Quello Che Rimane
FanfictionMario e Claudio si incontrano per caso ad una cena. Una cena che dovrebbe portare Mario a conoscere la donna della sua vita. Ma il destino cambia tutto. Il destino li porta ad odiarsi. Il destino li porta a legarsi irrimediabilmente. E come fai a ro...