Home Sweet Home

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New York.
La grande mela.
Ho sempre amato questa città. Piena di colori, persone, sempre attiva e piena di vita. Non pensavo ci potesse essere niente di meglio e non volevo neanche cercare altrove. Avevo tutto quello che volevo e poi in fine è diventata la città che odio di più al mondo. Ci sono i momenti belli, quelli che mi riempiono il cuore di felicità, e poi quelli brutti, quelli che in fondo ti rimpiccioliscono il cuore.
Quelli da cui sono scappata perchè insopportabili e adesso eccomi di nuovo qui.
Le luci della grande mela sono luminose come sempre.
Un faro che riesce ad attrarre a se miliardi di persone ogni giorno, a soggiogarle con la propria forza facendole restare in questa città per sempre.
Sospiro distogliendo lo sguardo dall'oblo che da sulla città per riportarlo sul ragazzo seduto accanto a me ed hai bambini che stanno dormendo placidamente accanto a lui. Non dovevamo partire di sera sapevo che il viaggio li avrebbe stancati ma c'erano delle ultime cose da fare e la voglia di ritornare qui è stata poca fin dall'inizio ma poi è arrivata la partecipazione di matrimonio di Meredith e Rick la verità mi ha colpito in faccia come un pugno.
Se fosse stato qualcun'altro non avrei mai preso in considerazione di tornare ma entrambi sono sempre stati al mio fianco e adesso tocca a me essere al loro in un giorno così importante. Hanno già rimandato il loro matrimonio per la morte di Mike ma adesso è davvero giunto il momento per loro di convolare finalmente a nozze.
«Sicura di stare bene?» domanda il ragazzo stringendomi la mano nella sua accarezzandomi il dorso con movimenti leggeri «Certo» alza un sopracciglio passandosi una mano tra i capelli come suo solito quando è frustato.
Non voleva che tornassimo. Ha fatto di tutto per convincermi. Per dissuadermi da questa scelta. Da questa pazza idea che mi sono messa in testa ma non si voltano le spalle alla famiglia soprattutto in un momento così importante.
«Angie» mi richiama con voce dolce «Non sarà facile» tolgo la mano dalla sua poggiando la testa sul sedile socchiudendo gli occhi ed ispirando a fondo «Nessuno ha mai detto che lo sarebbe stato»
«Saremmo dovuti restare a casa» dice con tono duro per poi sbuffare con il suo solito sguardo arrogante passando una mano tra i capelli di Lexie per poi fare lo stesso con Tommy «Si sposa Meredith. Una delle mie migliori amiche. Una delle persone più importanti della mia vita»
«Non era il momento» continua imperterrito assottigliando gli occhi «Ti sei appena ripresa dalla sua perdita non voglio che tu cada nel baratro nuovamente perché non so se posso salvarti ma soprattutto non so se tu vuoi essere salvata » stringo le mani in due pugni serrati trattenendo le parole che sono sulla punta della lingua. Siamo in pubblico e non voglio attirare la situazione ma soprattutto litigare con lui proprio adesso in cui ho più bisogno del suo aiuto per restare in piedi perché anche se cadere so di avere la forza necessaria per tornare in piedi. Ho lui al mio fianco.
«E meglio combattere i propri demoni che scappare via con la coda tra le gambe».

Ieri siamo atterrati all'aeroporto John F. Kennedy in perfetto orario. I bambini dopo un breve pisolino hanno recuperato tutte le energie e adesso sono in pieno fervore, incapaci di stare fermi soprattutto la piccola Lexie. Era eccitatissima ma appena arrivati a casa, che le ragazze hanno sistemato per il nostro arrivo, è sdraiata nel suo vecchio letto è crollata per la stanchezza e sinceramente anche io. Non ho avuto il tempo di preoccuparmi di nulla. Volevo soltanto riposare ma quando sta mattina mi sono alzata non sono riuscita a stare un attimo di più in quella casa e così anche se erano soltanto le prime luci dell'alba sono uscita lasciando un biglietto a Nathan e alla fine mi sono ritrovata in questo luogo.
Alzo lo sguardo verso il cielo notando che la luce oggi non riesce a superare la spessa coltre di nubi come l'ultimo volta in cui sono stata qui.
Il silenzio è la predominante.
Il freddo mi avvolge come una coperta accogliente che mi fa gelare le ossa e l'anima.
Tutto quello che mi circonda rappresenta la morte eppure tutto il peso che sentivo addosso è scomparso quando sono arrivata qui.
Stringo tra le mani la tazza d'asporto di Starbucks che ho preso venendo qui osservando la foto e gli occhi color ambra, uguali a quelli del piccolo di casa, che ho davanti e le orchidee poggiate ai piedi della lapide sospirando. Erano i suoi fiori preferiti.
Sono scappata mesi fa e adesso tornata nella grande mela faccio i conti con quello che mi sono lasciata dietro.
Bevo un sorso della bevanda calda accarezzando con la punta delle dita che tremano il profilo del suo volto sentendo il cuore rimpicciolirsi di una taglia.
«Ciao» dalle mie labbra esce un flebile suono, non sono neanche sicura di averlo detto davvero e so per certo che parlare ad una lapide non farà si che tutto vada meglio ma adesso che sono qui che lo sia per scelta o per dovere il peso delle parole che mi ronzano in testa e così tanto da non poterle più trattenere «Non pensavo di tornare così presto» dico sincera rannicchiando le gambe contro il petto appoggiandoci il mento sopra «Non perchè non ti amassi ma per cercare di proteggere sia me stessa che i bambini. Sono scappata. Tu sei morto ed io non c'è la facevo a sentire tutto quel dolore. La tua voce, la tua presenza era una costante accanto a me in ogni secondo della giornata e stavo diventando un automa che ripeteva la stessa giornata senza sentimenti. Non volevo dare quello ai nostri figli. Sarei impazzita e ho fatto la cosa più codarda o forse la più coraggiosa che avrei mai potuto fare. Ho preso i bambini e ho lasciato te, il tuo ricordo, la tua famiglia nel mio stesso dolore e ho fatto quel viaggio intorno al mondo che avevamo pianificato. Ci ha aiutati ma soprattutto ha aiutato me ma era troppo difficile tornare» poggio la tazza sulla terra umida passandomi una mano tra i capelli ispirando a pieni polmoni l'odore della mia New York.

L'amore non mi bastaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora