Ispira. Espira

455 21 24
                                    

Sfoglio il libro dei nomi che Nathan ha comprato cercando di farmi prendere una decisione visto che quelli proposti da lui sono orribili, io voglio qualcosa che mi colpisca nel profondo e quelli che sto leggendo qui sono troppo noiosi o usati già milioni di volte.
Allungo le gambe sul basso tavolino sistemando il libro sul pancione ormai alla ventisettesima settimana continuando a girare una pagina dopo l'altra senza leggere veramente quello che vi è scritto. Tutto questo per me non ha davvero senso. I nomi di Lexie e Tommy sono soltanto arrivati al momento giusto ed erano perfetti ma non volevo deludere Nathan e allora ci sto provando. Non dovrei neanche essere qui sul mio divano ma a lavoro a finire di sistemare la mostra di Leo, che arriva oggi da Mosca con Aleksey, si terrà sta sera e tutto sembra andare per il meglio grazie all'aiuto di Charlie e Terry, che da circa due mesi dorme nella camera degli ospiti. So come entrambi lavorano e la cosa non mi dispiace per niente ma io ho bisogno di controllare ogni cosa nei minimi dettagli, voglio che tutto sia almeno un pò come me lo sono immaginata in tutto questo tempo.
Nelle ultime ecografie la dottoressa ha continuato a dire che sono troppo nervosa, che i bambini ne risentono ed io sono stata messa agli arresti domiciliari con qualcuno che mi alita sul collo in ogni momento. Non è mai la stessa persona, tutti hanno qualcosa di più importante da fare, come giusto che sia, ma odio quando è il turno di mia madre.
Lei è la peggiore, continua a farmi domande quando vorrei solo il silenzio. In poche parole quando lei è con me il mio livello di stress sale da due, ovvero il mio standard quotidiano, a undici e il massimo è dieci. Non so quanto averla qui aiuti la mia persona ma con certezza posso affermare che riesce ad allietare i bambini, a tenerli occupati con migliaia di cose diverse da fare.
«Io e i bambini abbiamo fatto i biscotti» posa il vassoio sul tavolino accanto ai miei piedi avvicinandomi un piattino con una decina di biscotti di pasta frolla dalle diverse forme, mi stanno facendo venire l'acquolina in bocca «Ne vuoi uno?» annuisco prendendone uno a forma di cane davvero molto dolce, preferirei non mangiarlo ma la carenza di zucchero è micidiale.
«Stai tenendo il muso?» alzo lo sguardo fissandola dritta negli occhi «Per nulla, sono una donna adulta, non mi serve, uso le parole» alza entrambe le sopracciglia senza aggiungere altro, prende posto accanto a me sbirciando gli unici due nomi impressi sulla carta del piccolo taquino con una calligrafia delicata, quasi invisibile «Bhè, sembra tu lo stia facendo»
«Non è un muso questo» mi indico la faccia seria «Io sono stufa di tutto questo annoiarmi, orari stabiliti per dormire o per andare a lavoro»
«Ma ti serve. Sei stata meglio da quando ti obblighiamo a farlo» incastro la lingua trai i denti prendendo l'ennesimo biscotto «Potrebbe essere» incrocia le braccia al petto passandosi la lingua sulle labbra.
«Fin da bambina non hai mai amato stare a casa da malata. Volevi raggiungere le tue amiche al parco vicino casa, giocare con loro»
«Stai dicendo che mi comporto come quando avevo tre anni?» domando passandomi le dita sulle labbra cercando di togliere le briciole che si sono attaccate alle labbra «In questo preciso momento» si blocca per un paio di secondi osservandomi con attenzione «Si.» Prende il libro dalle mani osservando dei nomi e segnandoli con disinvoltura «I tuoi figli si comportano meglio» allungo il collo oltre lo schienale osservando i bambini che giocano sul pavimento della cucina. Sono cosí carini quando giocano insieme, Lexie fa di tutto per non farlo piangere, per accontentare il fratello e lui ne approfitta come può, in fin dei conti è un maschio.
«Sono tua madre, puoi dirmi ogni cosa» sospira deglutendo toccandomi la pancia più di una volta con movimenti delicati sentendoli scalciare, potrebbero diventare degli ottimi giocatori di calcio, entrambi. Sanno perfettamente come giocare con la mia vescica.
«Ogni volta che andiamo dalla dottoressa dice che io e i bambini potremmo stare meglio e che tutto dipende da me. Ci sto provando a non sentirmi oppressa da questa cosa ma non ci riesco e cosí che mi innervosisco. Il lavoro teneva la mia mente occupata e voi me lo avete tolto e adesso non faccio altro. Ho questo loop nella testa che non vuole smettere, per questo sono scostante, con la voglia di rompere tutto» le sue dita mi sfiorano il braccio facendomi venire la pelle d'oca «Hai provato a parlarne con Nathan?» mi scosto da quel tocco leggero alzandomi e percorrendo il salotto diverse volte «Per farlo preoccupare ancora di più? No. Ci sono cose che alcune volte devo tenere solo per me» increspa le labbra facendo una smorfia. Tutte le risposte di cui ho bisogno sono scritte sulla sua espressione, trentacinque anni di matrimonio, portano a sapere qualcosa di uomini e dei segreti che devono essere rivelati oppure no.
«Pensi che questa sia la cosa migliore da fare per il vostro rapporto?» mi mordo il labbro inferiore fissando un punto indistinto sulla parete «Credo che non stressarlo ulteriormente possa essere l'unica cosa che io possa fare»
«Angie» richiama «Nascondere la polvere sotto il tappeto non funziona mai» annuisco sconfitta su tutta la linea, quando ha ragione non gli si può dire nulla «Ne parlerò dopo con lui. Devo andare a prepararmi. Terry mi passa a prendere tra poco»
«Stai attenta» risponde con il sorriso sulle labbra alzandosi dal divano lasciando il libro aperto sul divano tornando dai bambini.
Ha cerchiato i primi due nomi nella lista gli unici che io abbia scritto, quelli che mi hanno colpito cosí tanto da farmeli imprimere sulla carta. Ha annotato qualcosa accanto con la sua calligrafia sbarazzina, quando ero piccola non riuscivo proprio a capirla, adesso ci ho fatto l'abitudine.
«Sono dei bei nomi dovresti usarli» e in fondo al pagina «Mi raccomando parla con Nathan, non tenerti tutto dentro. Non fa bene a nessuno
Sospira tamburellando sul taquino rileggendo la frase un paio di volte, è meglio se mi concentro su qualche altra cosa. Ha detto che le piacciono i nomi, praticamente credo che sia la prima volta che esprime approvazione per i nomi dei bambini prima che loro nascono. Chissà se sono davvero i nomi giusti, quelli che dovrò usare quando saranno nati. In fondo è una cosa che dovranno usare per sempre, ne saranno associati per la loro intera esistenza, voglio che almeno gli piaccia, che ne vadano fieri perchè sono speciali.
Basta.
Se continuerò a pensarci alla fine odierò anche questi e finirò per cambiare idea, devo anche andare a vedere come è stata finita di organizzare la mostra, accogliere Leo che è arrivato oggi dalla madre patria Russia e poi parteciparvi, in teoria, con Nathan almeno che non si tiri indietro per chissà quale motivo ma conoscendolo non succederà. Anche se dopo il lavoro sarà distrutto si metterà un vestito elegante e mi accompagnerà per tenermi sotto controllo. Sistemo la salopette di jeans, assomiglio ad un grosso uovo gigante ma per adesso posso anche accettarlo, soltanto più' tardi cercherò di essere presentabile. «ANGIE, TERRY È QUI?» urla mia madre «Arrivo» borbotto prendendo posto sul letto cercando di mettere le sneakers, se è già difficile così immagino quando dovrò attaccarle o peggio quando sarò arrivata alla fine della gravidanza e non riuscirò neanche ad infilarle eppure quel momento sembra così lontano.
«Angie stai bene?» alzo la testa per osservare il amico che entra dalla porta lasciata socchiusa con uno strano sguardo sul volto «Si. Cercavo di allacciarle» mi osserva per un paio di secondi per poi avvicinarsi, sorridere, davvero un brutto sorriso, c'è qualcosa che non va ma si inginocchia dandomi una mano. «Cosa c'è che non va?» domando accarezzandogli la testa «Niente, fa caldo» si passa il dito dentro il colletto della maglietta a scollo a V per poi fare finta di asciugarsi la fronte «Se sapessi dire le bugie sarebbe decisamente meglio»
«Ma io non sto mentendo» continua la sua farsa alzandosi in piedi «Dai, cosa succede?» corre praticamente fuori dalla porta, come se potesse scappare, in auto dovremo incontrarci che lo voglia oppure no.
Scendo le scale entrando cucina, mia madre ha finito di pulire ogni cosa e Lexie e Tommy si sono spostati in salotto «Dov'è scappata quel ragazzo?»
«A quanto pare via da me» alza un sopracciglio increspando le labbra «Mi sta nascondendo qualcosa o almeno vuole provarci. Lo torchierò in auto. Non reggerà neanche dieci minuti» mi passa un bicchiere d'acqua e gli integratori «Non essere dura con lui.»
«Io non lo sono mai» entro in salotto attirando l'attenzione dei bambini che sorridono.
«La mamma sta andando a lavoro, mi raccomando fate i bravi con la nonna» la bambina annuisce sorridendo e accarezzando la pancia con entrambe le mani avvicinando la bocca a quest'ultima e bisbigliare, non riesco a capire cosa dice ma sembra una conversazione molto impegnativa è molto prolungata «Fatto» si allontana lasciando l'ennesimo bacio sul pancione «Cosa hai fatto?» le domando passandole una mano tra i lunghi capelli piegando la testa di lato leggermente «Cose tra fratelli» annuisco stringendo le labbra tra loro «Va bene. Adesso io vado. Ci vediamo dopo.»
Do loro solo un ultimo sguardo per poi uscire da casa, Terry è dentro la mia macchina, parla al telefono animatamente, è molto arrabbiato ma non credo sia il suo ex-fidanzato, ormai sa che ogni tentativo è vano. Apro lo sportello ma non arrivo a sentire nulla, ha già chiuso. «Finalmente. Si sta facendo tardi»
«Pensavo avreste giú concluso» borbotto accendendo la radio e cercando una stazione che sia quanto meno decente «Mancano solo gli ultimi dettagli e ...» si blocca osservando fuori dal finestrino «Dai, dimmi la verità. Non mi arrabbierò»
«Se lo faccio Nathan mi ucciderà. Il tuo ragazzo sa usare un fucile, me lo ha urlato nella orecchie poco fa»
«Si, ne sono a conoscenza ma tu non devi dare ascolto a tutte le sue cavolate soprattutto perché sono tua amica e il tuo capo» mette il broncio ma sparisce poco dopo.
«Un minuscolo problema con le luci della location e le bevande che non si sono raffreddate» mette in moto l'auto facendo dinta di nulla ancora una volta, è davvero una cosa che odio soprattutto perchè so quanto la cosa sia difficile, coordinare tutto è stressante ed anche un piccolo contrattempo può mandare in fumo ogni cosa «Non puoi mettere in pausa il discorso, non te lo concedo» piega la testa di lato per poi mettere il broncio «Sto pensando al fucile e a diversi proiettili che mi attraversano il corpo»
«Come ho giá detto non devo pensarci. Non lo hai mai fatto e iniziare adesso non aiuterà te, Leo e neanche la nostra collaborazione» si ferma ad un semaforo osservando la pancia che continua a massaggiare.
«Lo sto ascoltando perchè ha ragione, non voglio che voi tre abbiate dei problemi per colpa della mia incompetenza» mi mordo la guancia passando le dita sulle labbra pieno di pellicine staccandone una alla volta sanguinando, e non poco. «Il lavoro non mi stressa, mi aiuta» alza entrambe le sopracciglia fermando l'auto davanti all'edificio in riva al mare che abbiamo affittatodi un bel colore crema con delle grandi finestre da cui entra molta luce, pavimenti in marmo bianco. Molte persone vanno e vengono. Charlie si destreggia tra i vari operatore che cercano la sua attenzione facendole uscire gli occhi dalle orbite, da un momento all'altro potrebbe esplodere in un miliardo di pezzi. Ancora dopo tutto questo tempo in certe occasioni va letteralmente in panico.
«Dovremmo darle una mano» blocca i miei movimenti facendo in modo che non possa aprire lo sportello «Ma al primo cenno di stanchezza o malessere ti porto a casa o direttamente al pronto soccorso» annuisco correndo fuori. «Sei arrivata» piagnucola la ragazza lasciandomi un bacio sulla guancia «Mi ha chiamata Aleksey dicendomi che arriveranno qui tra pochi minuti e noi siamo con un piede nella fossa» poso le mani sulle sue spalle facendole segno di respirare a fondo «Profondamente Charlie.»
Ispira ed espira ad occhi chiusi soltanto un paio di volte tremando come una foglia ma basta. Torna ad essere composta, ordinaria. La ragazza con la testa sulla spalle dai grandi occhi azzurri e il dolce sorriso sulla labbra che le illumina il volto. «Ti senti meglio?» annuisce stringendo la labbra tra loro «Perfetto. Non preoccuparti di Aleksey e Leo a loro penso io. Terry ti darà una mano se ne avrai bisogno» sospira a fondo socchiudendo gli occhi per scappare via lasciandomi nel bel mezzo della sala a specchiarmi nel marmo. Terry entra con la testa china sul telefono, il labbro incastrato tra i denti ed un sopracciglio alzato. Forse servirà anche a lui un discorso d'incoraggiamento.
Il primo vero lavoro dopo la rottura, vorrei prevedere come andrà ma visto che non è possibile lo terrò sotto controllo.
«Va tutto bene?» alza lo sguardo storcendo le labbra osservando qualcosa dietro di me, ripeto nuovamente la domanda facendogli segno di avvicinarsi «Si» borbotta «Soltanto mia madre, da quando sono arrivato qui mi sta con il fiato sul collo. Vuole parlare con te»  alza entrambe le sopracciglia «Quando avrai tempo anche se prima sarebbe meglio»
«La chiamerò più tardi così smetterà. Tu vai ad aiutare Charlie» annuisce lasciandomi nuovamente sola.
Dalla finestra riesco a vedere i due fratelli avvicinarsi, il maggiore nel suo solito completo, il minore in bermuda color cachi, una canottiera bianca e infradito. Si è decisamente adattato al clima e allo stile.
«Adesso si vede che sei incinta» esclama appena mi vede stringendomi tra le braccia con talmente tanta forza da farmi male, ha davvero una bella stretta, è così euforico, oserei dire drogato ma lo sguardo del fratello urla «PAZZO
«Per favore non ricordarmelo» borbotto stringendolo a mia volta accarezzandogli la schiena «Sei sempre bellissima» si allontana, mi osserva solo per pochi secondi sorridendo e poi si incanta ad osservare le pareti costellate dai suoi quadri.
Ha la bocca aperta. Si guarda intorno. Assomiglia ad un bambino con le lacrime agli occhi. Sorridente Alek si avvicina, sbottona la giacca ed incrocia le braccia al petto osservandomi con la coda dell'occhio «Lo hai reso molto felice» sussurra.
Leo si porta le mani a coprire la bocca spalancata continuando a girare su se stesso; è così bello da guardare, riesco a leggere gratitudine, felicità, euforia.
«Non solo io ma anche tu» alza l'angolo destro della bocca, assomiglia ad una smorfia; lo è decisamente «La galleria è tua. Sei tu quella che ha la parola definitiva» continua, tiene la voce bassa cosí da non farsi sentire; nonostante quello che sta dicendo e il suo comportamento è grazie a lui se sono ancora aperta, le entrate quelle valgono davvero qualcosa stanno arrivando adesso.
«È lo spettacolo più bello che io abbia mai visto» è un sussurro appena percettibile, assomiglia al sibilo di un serpente ma alla nostre orecchie arriva come un urlo bello forte, alla fine ne arriva uno vero e proprio. Sta urlando a squarcia gola attirando lo sguardo scioccato di tutti i presenti, saltando da un posto all'altro, dicendo qualcosa in russo che non riesco a comprendere. Arrabbiato ma felice, credo che nei suoi pensieri adesso ci sia suo padre.
Nonostante tutto lui è riuscito a farcela.
«Ha lasciato Cam» sbarro gli occhi battendomi un paio di volte sul petto cercando di respirare «Per quale motivo?» sussurro girandomi verso di lui cosí da poterlo osservare meglio ma continuando a tener sotto controllo il fratello minore che adesso sembra esausto, privo di forze. «Ha deciso di lasciare definitivamente Mosca e non voleva costringerlo a lasciare tutto per lui. Dice di aver fatto la scelta migliore per entrambi»
«E tu ci credi?»
Osservandolo adesso seduto a gambe incrociate al centro della sala sospira per poi passarsi una mano tra i capelli «Sono stati insieme cosí a lungo, pensavo che sarebbero rimasti insieme per sempre. Era quasi una certezza, la stabilità.»
«Non pretendo di sapere ogni cosa ma forse dovresti cercare altrove la tua stabilità, in una famiglia tutta tua, in un compagno o in una compagna» mi lancia un occhiataccia «Portano problemi»
«Chi?» sorride amaramente «Entrambi» risponde acido osservandomi un ultima volta per poi andare via parlando al telefono. Quando vuole divincolarsi da un discorso finisce sempre in questo modo.
«Non vedo l'ora che arrivi questa sera» batto le palpebre un paio di volte tornando ad osservare Leo ancora seduto che si osserva le mani posate sulle ginocchia «Saremo qui e tu sarai la star indiscussa»
«Chissà se riusciranno a vedermi per come sono davvero, se non si fermeranno alla superficie.»
Deglutisco appoggiandomi a lui così da potermi sedere, sarà una faticaccia alzarsi dopo, ma ho le caviglia gonfie «Riusciranno a vedere quello che tu hai impresso nella tela, lo riescono a fare tutti» piega la testa in avanti cercando di nascondersi alla mia vista. Gli passo una mano tra i capelli scompigliandoli un pò, cercando di fargli tornare il sorriso sul volto «Non tutti potrebbero riuscirci»
«Perchè hai allontanato l'unico che ci riusciva?» alza lo sguardo, gli occhi sono rossi, potrebbe scoppiare a piangere da un momento all'altro.
«Aleksey parla sempre troppo» brontola appoggiando il capo sulla mia spalla tirandolo su con il naso «Però alcune volte può essere utile parlarne con qualcuno» incastra la lingua tra i denti per alcuni secondi «Ha cambiato tutta la sua vita per seguirmi e adesso dovrebbe farlo ancora una volta. Non voglio che succeda ancora una volta. L'ho fatto per lui.»
«E a te ci hai pensato?»
«Si, in questo preciso momento sto pensando a me» indica quello che abbiamo intorno «Fin da quando sono bambino sogno tutto questo e finalmente sono riuscita ad ottenerlo, voglio godermi ogni secondo»
«Posso darti un consiglio che in realtà non vorresti?» sospira ma suo malgrado sorride «Quando sta sera ti godrai quello secondi alla fine ti guarderai intorno e cercherai quell'unica persona con cui vorresti condividerli e non la troverai al tuo fianco ti sentirai sola» si passa le mani su entrambi gli occhi ispirando a fondo, cercando di calmare il respiro sconnesso.
«Sei peggio di mio fratello» borbotta alzandosi dal pavimento, cerco anch'io di fare la medesima cosa ma assomiglio molto di più ad una tartaruga a pancia all'aria «Mi da una mano?» alza il sopracciglio allungando entrambe le mani nella mia direzione sorridendo trasvelsamente facendo forza sulle gambe tirandomi a se con una certa fatica, ho decisamente preso un bel pò di chili. Si guarda ancora una volta intorno per poi stringermi in un abbraccio forte «Ti sono davvero grato, tutto questo mi riscalda il cuore»
«Sta sera sarà anche meglio, questo è solo uno schizzo» annuisce e da dietro l'enorme parete che dividono le stanza appaiono Terry e Charlie, è decisamente più calma di prima, allegra.
«Leo voglio presentarti i miei collaboratori: Terry e Charlie. Con loro hai già parlato tramitw email e telefono» abbraccia forte anche pot mettendoli a disagio, non ci sono abituati, non da persona che non conoscono «Grazie anche a voi» borbotta con le lacrime agli occhi.
Ci saranno anche una marea di problemi da mettere a posto e che ci vorrà l'intero pomeriggio per rendere tutto il più perfetto possibile ma questo momento ripagherà tutto gli sforzi. Se lo merita.
«Leo» Alle rientra senza la giacca, un paio di bottoni della camicia sbottonati e uno sguardo cupo sul volto «Ana è appena atterrata e la mamma sarà qui tra un pò, dobbiamo andare» ci fa un cenno e poi sparisci, non c'é nulla da fare. Lui è fatto in questo modo. Ormai me ne posso rendere conto anche da sola.
«Non lo capirò mai mio fratello» borbotta gonfiando le guance ma tornando serio poco dopo sistemandosi le mani sui fianchi osservandolo per un paio di minuti «È per tua madre?» domando accarezzandomi il pancione con entrambe le mani osservando l'orologio al mio polso, il tempo rimasto a nostra disposizione è davvero poco e i gemelli non sembrano inclini a smetterla di scalciare prendendo la mia vescica come sacco da box.
«Quando lei è nelle vicinanze diventa un'altra persona, un pò lo fa per non darle delle soddisfazioni dall'altra perchè è star cresciuto con suo» si blocca leccandosi le labbra «Nostro padre»
«È decisamente diverso da lui, me ne sono resa conto quando sono venuta da voi» il ragazzo annuisce incupendosi anche lui.
«Spero abbia ragione» da un occhiata ai miei amici messi in disparte, stanno borbottando cose incomprensibili. Hanno appreso l'abilitá di sparire da quando mi conoscono.
«Adesso è meglio che io vado, si sta facendo tardi e non voglio indispettire quello burbero ulteriormente o se la prenderà anche con me e la cosa non mi alletta molto» annuisco sorridendogli «Fallo calmare e fa si che abbia un bel sorriso» si fa una grossa risata piegandosi in due «Sarà una grande sfida ma ci proverò» mi lascia un bacio sulla guancia per poi correre via. Ci saranno un bel pò di leoni rinchiusi in un unica gabbia, chissà come andrà, la cosa potrebbe essere piuttosto divertente o estremamente pericolosa.
«Come stanno andando i preparativi?» domando appoggiandomi alla parete, ha decisamente ragione Nathan, dovrei riposarmi. Massaggio il collo con movimenti circolari. Dovrò davvero riposarmi prima di tornare qui.
«Tutto in ordine ma abbiamo comunque chiesto ad un elettricista di restare quiper tutta la sera in caso ci fossero dei problemi» annuisco facendo una smorfia.
«Perfetto, adesso lascio il resto a voi. Io devo tornare a casa»
«Ti senti male?»domanda il ragazzo poggiandomi una mano alla basta della schiena sospingendomi verso l'uscita con delicatezza «No per nulla ma voglio riposare un pò»
«Allora Charlie lasciamo il testo a te, chiama se ci sono imprevisti» borbotta il ragazzo gonfiando il petto in una maniera spropositata. In questo modo e con la faccia che si è messo potrebbe benissimo passare per una persona seria.
«Su, forza, andiamo» continua senza lasciarmi il tempo di ribattere. Questo è l'effetto che fa Nathan quando minaccia qualcuno, piú tardi farò con lui una bella chiacchierata, sono curiosa di sapere quale sarà la sua noiosissima e monotona risposta.
«Sicura di stare bene?» domanda mettendo in moto l'auto guardandomi in un modo strano, ha un luccichio negl'occhi che non riesco a decifrare «Si,tranquillo devo solo stendermi per un pò e poi sarò pronta» mi mordicchio il labbro inferiore «Mi dispiace sto facendo fare tutto a voi. Tu eri venuto qui per riposarti e io ti ho messo ai lavori forzati» sbuffa contrariato.
«Non fare la sciocca, ti sto aiutando volentieri e poi mi tengo occupato e non penso a quel coglione» abbasso lo sguardo sospirando ormai rassegnata, per lui non è per niente facile, nonostante le ragione per cui la loro storia è finita siano ben note Andy continuava a chiamare imperterrito non lasciandogli neanche il tempo di riprendersi e andare avanti con la propria vita.
«Continua a chiamarti?» domando osservandolo per bene, ha la mascella rigida, le nocche bianche per quanto sta stringendo forte il volante «Si. Non ne vuole sapere di lasciarmi in pace»
«Forse dovresti rispondere e dirglielo. Lui si metterà il cuore in pace e tu potrai finalmente dirgli addio come si deve, andare avanti» si morde il labbro inferiore fermandosi ad un semaforo rosso voltandosi verso di me con gli occhi lucidi «Lo odio con cosí tanto intensità da non riuscire neanche a pensare razionalmente. Forse dovrò cambiare numero di telefono e liberarmi di lui definitivamente»
«Non dovresti sottostare a lui» storce la bocca tornando a guidare come se niente fosse «Sono io che decido»
«Non mi sembra ma se vuoi potrei parlare io con lui. A me deve per forza dare retta soprattutto perchè sono in preda agli ormoni e potrei stenderlo anche al telefono»
«Non essere sciocca, ti mancherebbe in un solo boccone» borbotto tamburellando sul volante in maniera nervosa «Soprattutto perchè ti piaceva e anche molto» sorrido debolmente «Per quanto lui mi potesse piacere tu sei uno dei miei migliori amici e non gli permetterò di renderti la vita impossibile» gli afferro la mano accarezzandogli il dorso con movimenti circolari cercando di farlo tornare calmo ma la cosa sembra difficile.
Andy non era il suo primo amore ma uno dei più importanti ed ha lasciato una ferita che con il tempo si rimarginerà ma resterà per sempre una bella cicatrice difficile da nascondere.
«Anche tu sei la mia migliore amica» si asciuga le due lacrime che gli hanno bagnato il volto con un gesto stizzito «No, con lui me la vedrò io. È una cosa tra me e lui»
«Perfetto» si ferma davanti casa girandosi verso di me «Ma resti con me nel frattempo che lo affronto?»
«Tutto il tempo che vuoi» si allunga abbracciandomi forte, se continua in questo modo farà piangere anche me e se inizio potrei non smettere piú, gli ormoni e i loro effetti collaterali.
Un paio di colpi sul finestrino ci fanno trasalire.
Diamine, che colpo al cuore.
Nathan è dalla mia parte con indosso la divisa ed uno sguardo preoccupato sul volto, ci mancava soltanto lui a interrompere il nostro momento cuore a cuore. Non ci pensa neanche un solo secondo ed apre la portiera.
«Stai bene?» domanda carico di apprensione sistemandosi il cappello che ha calato sulla testa «Da quello che mi avevi detto non dovevi giú essere a casa»
«Tranquillo ragazzone, tutto nella norma ho soltanto finito prima cosí adesso mi riposo e sta sera sarò nel pieno delle forze» annuisce dando un occhiata strana sia a me che a Terry che fa un sorriso forzato per poi scendere ed entrare in casa facendogli un semplice cenno con il capo.
Sicura che vada davvero tutto bene?» gli lascio un bacio sulla guancia scendendo dall'auto lasciandolo di stucco «Assolutamente adesso andiamo, ci riposeremo entrambi. Abbiamo entrambi un bel pò da fare questa sera» si mette lo zaino in spalla prendendo la mia mano nella sua stringendola forte. Come al solito è una cosa che mi rilassa parecchio.
«Io devo soltanto sorridere con una coppa di cristallo in una mano»
«E soprattutto stare al mio fianco salvandomi dalle situazioni scomode» borbotta qualcosa di incomprensibile aprendo la porta di casa per poi urlare «BAMBINI SIAMO A CASA» e se la svigna lasciandomi sola e con l'amaro in bocca. La cosa non finirà di certo in questo modo, quando saremo soli questo discorso continuerà.

Guardare il proprio riflesso allo specchio quando si vorrebbe evitare ogni forma di superficie limpida è una vera e propria forma di tortura, niente può riuscire a migliorare quello che è il mio aspetto esteriore. Nonostante l'abito rosa, lungo fino al ginocchio con le maniche a tre quarti in pizzo e una spessa cintura in raso posta proprio sopra il pancione, non mi sento per niente adatta, fuori dal mio corpo oserei dire. I bambini si sono calmati circa un paio di ore fa ma delle fastidiose contrazione mi affliggono, sono forti ma durano solo pochi secondi per poi sparire.
Dopo questa occasione mondanea mi sa che farò meglio a starmene tranquilla fino al giorno del parto, ci sarà da annoiarsi e non poco ma sarà meglio per tutti che io faccia in questo modo. Colpisci le guance un paio di volte dandogli un colorito rose, nonostante il trucco applicato proprio come mi hanno insegnato le ragazze mi vedo ancora bianca come un cencio.
Oggi non è proprio la mia giornata.
Infilò le scarpe, rigorosamente alte, dorate con la borsa abbinata arricciandomi i capelli davanti al viso con l'indice. Sono decisamente pronta e data l'ora dobbiamo proprio andare, non c'è tempo per i ripensamenti.
«Spero davvero che tu sia pronta, sono davvero stanco di aspettare» distolgono lo sguardo dall'enorme specchio osservando Nathan che fa capolino nella cabina armadio sistemandosi la giacca blu del completo con fare stizzito, non posso farci nulla. Ogni volta che lo guardo vestito in questo modo dentro di me sale una certa frenesia che non riesco a controllare. Tutto gli sta notevolmente bene, ma grazie al duro allenamento quotidiano, quando si veste in questo modo tutto quello che deve essere visto è accentuato.
Porto i capelli dietro alla spalla facendo un giro su me stessa mostrandomi «Come sto?» alla domanda non da una risposta immediata, resta li impassibile con occhi e bocca sbarrati «La gravidanza dona moltissimo» borbotta ricomponendosi ma massaggiando il mento ispido «Non dire sciocchezze per adularmi, tutta questa rotondità non fa per me» si avvicina di un paio di passi cingendomi tra le sue braccia lasciando un paio di baci sotto l'orecchio facendomi sciogliere completamente «Stai portando in grembo i miei figli, non potresti essere più bella»
«Se ci fosse un modo vorrei vedere te rotondo»
«Quando sarò vecchio, forse.»
Nonostante le sue parole riesco giú ad immaginarmelo.
La capigliatura brizzolata, una leggera barba a rendergli ispido il mento, gli occhi stanchi per tutto quello che ha visto e passato. Me lo immagino proprio in questo modo ma grasso proprio no. È un tipo che si tiene in allenamento, lo faceva prima del militare e molto probabilmente anche dopo, forse del surf se sarà abbastanza in forma o dei semplici pesi ed una bella corsa. Sono tutte teorie, immaginazione ma di una cosa sono certa che lui sia brizzolato, stempiato, grasso o magro a fine serata quando avremo finito dicenare ci siederemo sulla sedia a dondolo sul portico, che avrò insistito per comprare, con un bicchiere di thè freddo tra le mani e il venticello della sera a scompigliarci i capelli. Me la immagino in questo modo la nostra vecchiaia, semplice ma pur sempre completa.
Non dovrei fantasticare tanto, potrei restare scottata ancora una volta e sta volta fare ancora più' male a nessuno.

Le luci fanno brillare i quadri rendendoli quasi vividi, i camerieri girano per la sala invisibili, Charlie e Terry presentano il nostro giovane a tutti quelli che abbiamo invitato qui questa sera. Sono tutti meravigliati e assuefatti dai colori che li circondano, è un bello spettacolo da vedere e anche da ascoltare. Sono tutti cosí meravigliati, alcuni dicono cose spettacolari. Essere una donna incinta, quasi invisibili, è una buona cosa per la maggior parte del tempo dei casi, nella minore le persone che mi conoscono ormai da parecchio dopo avermi salutato e fatte le domande più comuni spariscono denza fiatare.
Nathan dal suo canto mi sta sempre accanto chiacchierando con tutti quelli che ormai ha imparato a conoscere, sembra a suo agio, i gemelli sono un pò irrequieti.
Da circa mezz'ora oltre al loro impetuoso movimento si sono aggiunte le dolorosissime ma soprattutto dolorose contrazioni di Braxton Hicks, posso resistere ad un pò di dolore. Ormai dopo due figli sono abituata ma non ne avevo mai avute di cosí frequenti e dolorose nel giro di un paio d'ore. Sto cercando di rilassarmi il più possibile per far in modo che passino ma nulla da fare.
Ricordo questa sgeadevole sensazione, ero sul retro del liceo, Nathan e Mike avevano finito di andare a pugni. Il ventre mi faceva male da non riuscire a sopportare niente, ieri come oggi è comunque presto, il tempo è quello sbagliato ma ne sono quasi certa. Sta succedendo ancora una volta e non credo di essere realmente pronta per quello che sta per accadere.
Deglutisco stringendo forte tra le dita quelle del ragazzo che mi sta accanto «Nathan» sussurrò voltandomi verso di lui poggiandogli la fronte sulla spalla espirando con forza per poi ispirare «Portami in ospedale, credo di avere le doglie.»
Il petto gli si gonfia, trattiene il fiato, espira.

L'amore non mi bastaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora