All'alba di un nuovo giorno

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I sogni sono flebili momenti in cui speranze e sogni si uniscono, crediamo di essere felici ma appena l'idillio finisce e ti trovi in quel momento in cui ti stai per svegliare tutto scompare in una nuvola di fumo riportandoti alla realtà anche se ogni cosa sembra cosí vera. Mike era lí con me, riuscivo a sentire tutto cosí vero: la sua pelle contro la mia, il suo fiato contro il mio, la sua voce dolce come la ricordavo contro il mio orecchio, il freddo metallo di quel bellissimo braccialetto. Lui era vivo e poi quell'incidente per riportarmi alla realtà che fa schifo allo stesso modo o in modo anche peggiore. Odio gli scherzi del mio subconscio.

Sospirò un paio di volte per poi battere le palpebre venendo accecata da una luce bianca, abbagliante.
Sono in una stanza che non riesco a riconoscere ed è completamente bianca, asettica.
La parete alla mia destra è occupata da lunghe veneziane a stecca, sopra la mia testa il neon che rende soffusa la stanza e di fronte una televisione spenta. Sono stesa su un letto duro e bitorzoluto, stessa cosa per i cuscini. Da qualche parte, accanto a me, arriva un fastidioso e ripetitivo 'bip'.
Al braccio destro è attaccata una flebo, il sinistro bloccato da una fascia, sotto il naso sento qualcosa di freddo e appiccicoso. Con la mano libera cerco di strapparlo via ma sento dolore in ogni dove.
«Ferma.»
Una mano prende la mia, è fredda ed ha una stretta decisa. La voce mi arriva alle orecchie ovattata cosí tanto da non riuscire a riconoscerla a primo impatto, volto il capo verso sinistra gemendo dal dolore.
Sulla sinistra vi è la porta, il monitor cardiaco, una poltrona di pelle marrone e Nathan sedutovi sopra. Non so per quale motivo ma sembra cosí diverso, oserei dire dimagrito, la barba incolta di qualche giorno a segnargli il volto come le profonde occhiaie e la preoccupazione si può leggere ovunque. Non devo avere un bell'aspetto neanche io, avverto tutte le ossa rotte ed i muscoli in fiamme ma soprattutto ho la bocca arida, un deserto, sento di non riuscire a dire una parola e al sol provarci un milione di aghi la graffiano.
«È l'ossigeno non puoi toglierlo» continua osservandomi attentamente.
«Ac-cqua» dico in un sibilo pentendomene un attimo dopo, lui dal comodino afferra un bicchiere con dentro i cubetti di ghiaccio per poi prenderne uno è passarlo con gentilezza sulle labbra.
Adesso va decisamente meglio.
«Come stai?» domanda facendo il giro del letto prendendo la mia mano nella sua stringendola forte lasciandogli un bacio sul dorso, annuisco.
«Come stanno i bambini?» chiedo preoccupata cercando di mettermi seduta, inutilmente, digrignando i denti per il dolore alle costole «Stanno bene» cerca di rassicurarmi «I dottori hanno fatto loro tutti i controlli e non hanno nulla. Sono stati qua fuori fino a qualche ora fa con i tuoi genitori ma è davvero troppo tardi ed ho dovuto costringere Lexie ad andare via, non voleva muoversi» rido stringendomi il petto cercando di alleviare il dolore «Una scena che avrei voluto vedere» sputo fuori «Abbiamo una figlia testarda» commenta, annuisco bagnandomi le labbra per poi chiudere gli occhi cercando di non far uscire alcuna lacrima. Ero cosí spaventata, con il corpo intensione, adesso potrò rilassarmi.
«Come hai saputo che ero qui?» domando guardandolo dritto negli occhi «È stata la nostra bambina, Lexie, appena arrivata in ospedale. Le infermiere mi hanno detto che ha insistito per farlo lei in persona ma soprattutto hanno apprezzato la sua testardaggine nel non voler lasciare Tommy da solo»
«Ha semplicemente fatto quello che le ho chiesto»
«Si, me lo ha detto. È molto preoccupata per te e anche io lo sono» deglutisco passandomi una mano sugli occhi.
«Come sto?» abbassa lo sguardo per un paio di secondi «Una lieve commozione, tre costole rotte, una frattura composta alla tibia e la lussazione della spalla sinistra.»
Adesso riesco a capire tutti i dolori interminabili che sto sentendo in ogni parte del corpo, credo di essere fortunata ad essere ancora viva, se lo schianto fosse stato piú forte non sarei qui in questo momento, sento ancora la forza dell'impatto su di me ed è una cosa orribile «Capisco.»
Storce un attimo le labbra per poi accarezzarmi il braccio con la punta Delle dita risalendo lentamente verso la spalla ed infine passare al volto accarezzandolo a mano aperta passando il pollice sulle labbra, i suoi occhi sono cosí dolci in questo momento, esprimono tutto il dolore che prova vedendomi in questo stato.
«Ho avuto cosí tanta paura» confessa avvicinando il volto al mio poggiando la fronte contro la mia «Credo di aver bruciato tutti i semafori rosso venendo qui.»
Le parole che sono dalla sua bocca non hanno un reale senso logico e per la tensione prende a ridacchiare nascondendo il viso alla mia vista. Le sue labbra sono poggiate sulla mia fronte e le sento tremare per un paio di secondi ed infine alcune lacrime bagnarmi il viso.
«Nathan» lo richiamo accarezzandogli un fianco con le dita cercando di poterlo osservare «Nate per favore guardami.»
Scuote il volto un paio di volte accarezzandomi la cute, tenendomi stretta a se, riesco a sentire il suo cuore battere o forse è il mio che sta avendo delle accelerazioni dovute a lui.
«Ho avuto cosí tanta paura di non vederti mai piú, in un attimo ho capito che tutto quello successo in questi giorni non contava. Mi bastava vederti e sapere che stavi bene, rimangiare ogni singola parola uscita da questa bocca che adesso ti tocca, cancellare tutto quello fatto e tornare ad essere felice con te.»
Ispiro a fondo tenendolo stretto a mia volta. Ero cosí tanto arrabbiato con lui e forse lo sono anche adesso in una millesima parte di me ma averlo qui in questo momento, saperlo vicino anche se tormentato minriacalda il cuore, forse sono un pò sadica.
Sta dimostrando quello che prova per me.
«Signor Anderson» sento dire alla voce di una donna rimando bloccati, sono anche super imbarazzata. Lui si allontana dando le spalle ad entrambe asciugandosi il volto con la manica della divisa mitetica «Avrebbe dovuto chiamarmi al risveglio della signora Rodriguez» si lamentano l'infermiera con indosso un camice verde e le mani posizionate sui fianchi e un espressione dura sul volto «Mi scusi Maia» risponde lui avvicinandosi alla porta regalandole un sorriso, quello che ti scioglie dall'interno, lei lo guarda un ultima volta per poi sorridere a sua volta ed avvicinarsi a me.
«Come si sente?» domanda controllando con sguardo attento i vari monitor che ci circondano segnando i vari dati e storcendo un paio di volte le labbra per poi controllare l'ago della flebo.
«Dolorante» annuisce stringendo la labbra tra loro «La dottoressa Fleming sta venendo a visistarla» mordo il labbro inferiore per la frazione di un secondo «La ringrazio.»
Lei annuisce osservandoci per un secondo, il suo sguardo passa dalla mia figura a quella del ragazzo per niente imbarazzato «Se ha dolore pigi il pulsante rosso ed io arriverò subito con un anti-dolorifico» ed esce senza guardarsi indietro.
Cerco di mettermi seduta ma con un braccio solo la cosa è davvero difficile ma soprattutto fa malissimo, nei medical frana non si vedono i pazienti soffrire cosí tanto, se starò cosí per i prossimi giorni o settimane per me sarà impossibile prendermi cura dei bambini, della casa, lavorare o guidare, sempre se ho ancora un auto, in pratica non sarò in grado di fare nulla.
«Angie» mi richiama il ragazzo poggiandomi una mano sulla spalla cercando di mantenermi distesa ma come lui ben sa sono una tipa testarda e infatti non vince facilmente «Non devi muoverti o ti farai ancora piú male. Devi riposarti»
«Non ci riesco» rispondo digrignando i denti e stringendo i pugni cosí forte da far sbiancare le nocche «Sto pensando a come farò ad occuparmi dei bambini in questo stato» si rattrista guardandomi fisso negli occhi sospirando rassegnata «Tu sai che non sei sola, ci sono io con te, ti aiuterò anche se so che dovremo parlare ancora e chiarire ogni cosa» annuisco ma sinceramente non sono convinta di quello che sta dicendo. Sono combattuta voglio credergli perchè nonostante tutto lui è qui al mio fianco a darmi forza ma un'altra parte di me non gli crede, ho paura che possa ferirmi nuovamente.
Sì abbassa lentamente verso di me fissandomi le labbra con insistenza, sta per baciarmi, ne sono certa, vedo nei suoi occhi la voglia che ha di farlo e forse io dovrei girare la testa, aspettare il momento in cui chiariremo le cose così sarò in pace con me stessa e con lui, aspettare di non avere dubbi e rimorsi ma lo voglio anche io. Non trovo nessun motivo per non farlo.
Amo quest'uomo ed io sono la solita ragazza dal cuore troppo buono, non riuscirò a dirgli mai di no.
Alzò leggermente il volto e le sue labbra sono sulle mie, le sfiora un paio di volte per poi baciare con cautela e dolcezza, con passione.
«Anche adesso sai di dolce» commenta leccando le con la punta della lingua per poi lasciarne un altro ed un altro ancora ed infine allontanarsi infilando le mani nelle tasche dei pantaloni e ondeggiare sui talloni.
«Perchè non ti senti qui accanto a me?» domando battendo con il palmo sullo spazio libero accanto a me sorridendo «Per quanto questa idea mi alletti oggi rifiuto l'offerta. Tu hai estremo bisogno di riposo ed il non ti aiuterei a farlo.»
«Non te ne andrai via, vero?»
«Non ci penso neanche per sogno» prende posto sulla sedia «Non ho nessun posto in cui tornare alle tre di notte ma soprattutto non ti lascerò sola.»
Reclino la testa all'indietro fissando curiosa il soffitto non avendo nient'altro da fare se non respirare e abituare il mio orecchio al battito del mio cuore «Cosa c'è?» domanda il Moro prendendo una rivista di moto da sotto la poltrona «Pensavo alla mia auto» si tocca il labbro inferiore con l'indice cercando di nascondere un sorriso «Ne parleremo quando sarai uscita da qui» mordo con forza il labbro inferiore per poi mettere il broncio «Dobbiamo parlare di qualcosa» mi lamento «E poi non ho sonno, mi sento molto riposata e dolorante»
«Vorrei vedere» commenta.
«Hai dormito per quasi un giorno intero, è normale che tu ti senta riposata»
«Quindi adesso possiamo parlare della mia auto. Devo comprarne una nuova?» annuisce tornando a guardare la sua rivista con sguardo crucciafo e cadiamo nuovamente nel più austero silenzio «Mi accompagnerai?» domando nuovamente facendogli alzare lo sguardo «Mi sto domandando per quale motivo parli di una cosa cosí inutile. Poichè non hai sonno potremmo parlare della nostra situazione.»
In fin dei conti non ha tutti i torti, noi siamo qui in una camera d'ospedale, potremmo parlare di qualsiasi cosa: di noi, della nostra situazione, di quello che proviamo l'uno per l'altra, del futuro.
«Voglio essere felice» commento, non credo di riuscire a continuare questa conversazione se mi specchio nei suoi pozzi «Cerco la felicità ma soprattutto la tranquillità che in fondo credo di meritare eppure ho anche paura che tu possa fraintendere nuovamente quello che faccio lasciandomi ancora una volta.»
Con la coda dell'occhio percepisco un movimento e poi eccolo seduto accanto a me pronto ad accarezzarmi dolcemente il capo, accarezzarmi il fianco e lasciare teneri baci sulla fronte «Sono stato uno stupido ingenuo accecato dalla gelosia, da quello che provo per te ma lo giuro. Questo non succederà mai più per tanto» mi alza il viso facendo in modo che possa guardarlo «Sposami e rendimi l'uomo più felice del mondo.»

Scusate per l'enorme ritardo che ho avuto nel pubblicare questo nuovo capitolo ma alcune volte la creatività vola via è non si riesce a ritrovarla molto velocemente. Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia e voglio ringraziarvi ancora perchè continuate a seguie le mie storia.
Un bacio Jessy ❤️

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