«Sono entrata a far parte della tua famiglia parecchi anni fa. Ho imparato a conoscere tutti voi, vi considero molto importanti, ti ritengo una sorella e so quando qualcosa ti turba» dice Luana rompendo il silenzio che aleggiava nella stanza, fa una pausa ad effetto facendo si che io riesca a percepire le sue parole e a capirle in ogni loro singolo suono. «Ti rinchiudi in un mutismo selettivo e durante l'intera serata hai detto solo poche parole nei momenti necessari per apparire presente. Cosa c'è che non va?»
Sospiro buttando fuori quanta più aria posso e con lei anche un pò delle mie preoccupazioni. Le sono grata per la piacevole distrazione, per essere così empatica, i pensieri che mi vorticavano dentro stavano diventando troppo opprimenti per la mia psiche.
Passo una mano tra i capelli sistemando l'ultimo piatto sporco nella lavastoviglie, i gesti quotidiani sono l'unica cosa che non mi fa impazzire.
Sono così stanca e i muscoli delle spalle così contratti che le ossa potrebbero spezzarsi in un milione di frammenti ad un minimo movimento brusco ed anche se il momento di distrazione è di conforto il suo sguardo mi sta trapassando la testa con la stessa facilità con cui ci si guarda allo specchio, la cosa di certo non mi aiuta.
Volto lo sguardo verso di lei per una manciata di secondi, con la solita compostezza e calma sta mettendo in ordine le poche cose rimaste anche se il pancione le impedisce di compiere alcuni movimenti ma lei non si lascia scoraggiare.
Il termine è quasi giunto e tra poco avremo in giro per casa un altro ometto, non vediamo l'ora di conoscerlo, anche se loro avrebbero preferito una bambina, forse sarà per la prossima volta.
Hanno deciso di chiamarlo Andrea.«Niente, solo un pò di stanchezza e poi vi lamentate in continuazione della mia parlantina» soffio fuori, le parole lasciano le mia labbra senza che io ne abbia un vero controllo. Il pensiero si è formato e subito dopo volteggiava già per aria.
Sarei felice di fare una vera conversazione ma distogliere lo sguardo da quello che succede in salotto, anche se non è nulla di eccezionale, mi risulta difficile.
Tommy e Luke stanno giocando sul tappetino colorato, o il maxi puzzle come lo chiamo io, con i lego. Si divertono ad impilarli in forme bislacche per poi buttarli giù iniziando il lavoro nuovamente dall'inizio.
Lexie è sistemata in un angolo poco più in là comodamente sprofondata nel suo pouf lilla, se lo porta in giro per l'intera casa da quando lo abbiamo comprato la scorsa settimana ai grandi magazzini. Sta leggendo "Le avventure di Peter Pan", un altra delle letture assegnatale dalla maestra alla sua classe ed ogni tanto una risatina leggera, acuta e dolce arriva alle orecchie alleggerendomi il cuore.
Nathan è seduto sul divano, sorride tenendo con il braccio funzionante Mik accarezzandogli la guancia rosea con il pollice, parla non smettendo mai di sorridere con mio fratello seduto al suo fianco, lui regge tra le braccia Liyah, la culla dolcemente baciandole il nasino indispettendola.
«È Ben a lamentarsi ed entrambe sappiamo che io non commento quando ti apri ma soprattutto non faccio battutine idiote» mette su il broncio per poi rilassarsi e sorridere «Mi sento quasi offesa» sbuffa passando una mano sulla chioma fluente «Ma se ne hai voglia puoi parlare con me qualsiasi cosa stia succedendo» si appoggia con il fianco al bancone incrociando le braccia al petto.
La conosco bene quell'espressione che le ha adombrato il volto e so che continuerà a fissarmi con quello sguardo da «voglio sapere ogni cosa e lo faccio solo per il tuo bene» finché non avrà una risposta ma non si accontenterà di qualche bella parola, lei vuole la realtà; succede sempre in questo modo.
Passo le dita sul labbro inferiore con fare distratto sentendolo bruciare.
«Oggi è stata una giornata movimentata. Sono successe molte cose insieme e sto continuando a rimuginarci su» mormora qualcosa che il mio udito non riesce a comprendere e con tono per nulla amichevole, mi fa venir voglia di farle ripetere quello che ha appena detto ma se vedo alla tentazione lei si sentirà autorizzata a fare un'altra domanda e non me lo posso permettere.Ho il sospetto che adesso possa aver compreso, almeno in parte, la scena in cui lei è mio fratello si sono imbattuti appena arrivati a casa nostra.
Due adulti seduti sul pavimento e stretti in un abbraccio nel bel mezzo del salotto sono difficili da non notare.
Dopo che Amelia e Richard ci hanno lasciato siamo rimasti nella medesima posizione incapaci di muovere un singolo muscolo, un paio di minuti o ore dopo Nathan ha smesso di piangere come se non fosse accaduto nulla ma le sue braccia sono rimaste strette intorno alla mia vita e il volto nascosto nell'incavo del mio collo, staccarci sembrava una soluzione orribile, contro natura.
Quel contatto era tutto quello di cui avevamo bisogno.
«È colpa di quello che è successo oggi a Nathan?» indaga con circospezione seguendo il mio sguardo e soffermandosi anche lei sul salotto, stringe il labbro inferiore tra i denti e batte un paio di volte le palpebre per poi dirigersi verso le porte scorrevoli tutta impettita e socchiuderle, in questo modo potremmo avere un pò di privacy per parlare in tranquillità ma soprattutto in questo modo i nostri compagni non ascolteranno la nostra conversazione.
Deglutisco con un pò di fatica sentendo la gola arida passando una mano sul retro del collo per poi issarmi sul bancone ed osservare un punto indistinto davanti a me.
«Tutto ha avuto inizio con quello» afferra uno sgabello trascinandolo di fronte a me per poi appollaiarcisi su.
«Molte persone hanno paura che dopo questo piccolo inconveniente, se vogliamo chiamarlo in questo modo, lui possa inciampare e ricadere nel buco nero dal quale è uscito a fatica e che lo aveva trasformato in un uomo completamente diverso.»
«Molte persone?» domanda alzando un sopracciglio e massaggiandosi il ventre «Di chi stai parlando tesoro?» domanda con voce pacata ma confusa allungandosi verso di me. Il suo stato d'animo credo sia normale. A questo discorso mancano tutte le parti fondamentali.
«I più insistenti e molto preoccupati riguardo questo punto sono stati Amelia e Richard. Hanno un idea molto chiara su quello che potrebbe succedere nei prossimi tempi al loro ultimo genio»
«E tu che idea ti sei fatta?» domanda da sotto le lunghe ciglia osservando oltre la mia spalla, volto lo sguardo nella medesima direzione in un riflesso involontario ma non vi è nessuno, tutti sono nelle identiche posizioni di prima, il tempo in quella stanza sembra essersi congelato.
«Io so per certo che l'uomo seduto la fuori che culla nostro figlio è lo stesso che ho baciato stamani, che mi ha augurato una buona giornata. È semplicemente quello che amo e so che non ha nessun motivo per impazzire perché è felice come me al suo fianco e con i bambini. Sono quasi sicura che loro stiano esagerando ma ho anche un pò di timore» annuisce increspando le labbra facendo una smorfia «Tu hai la tua idea, sembra chiara come sempre ma perché hai paura? Perché sei sconvolta?»
«La loro discussione è stata accesa, mi ha colpita. Li conosco da molti anni e non li avevo mai visti agire in modo così brusco. Si sono comportati con un atteggiamento migliore quando hanno scoperto che loro figlio diciottenne aveva messo incinta una ragazza che aveva appena conosciuto ad una festa» provo a scherzarci su ma non funziona molto «Ma la cosa che mi ha sconvolta di più è il comportamento di Nathan. È riuscito a tornare ad essere composto, l'uomo che conosco sorridente, avvezzo alle battute sconcie, pronto a baciarmi in ogni angolo buio della casa e a giocare con i bambini. Sembra che quel preciso momento di tensione in cui è crollato sia stato cancellato dalla sua memoria ed è questo a preoccuparmi, a spaventarmi» faccio un respiro profondo prendendo coscienza solo adesso di come mi sono lasciata andare «Discuto spesso con mia madre ed ogni volta che succede non riesco mai ad essere tranquilla per giorni, continuo a rimuginarci su facendomi il sangue amaro.»
Prende le mie mani nelle sue in un gesto materno, riconoscendo nei miei movimenti, che mi fa comparire i lacrimoni agli angoli degli occhi, baciandole dolcemente.
«Cara sei intelligente, sai che non tutti hanno la forza di reagire nel medesimo modo dopo un brutto conflitto. Lui evidentemente sta mascherando le sue emozioni. Dentro potrebbe essere straziato dal dolore, sono sempre le persone che lo hanno messo al mondo aiutandolo nei momenti in cui ne aveva più bisogno, e fuori invece si mostra felice per contrastare il tumulto di quello che prova. Preferiresti che restasse da solo in un angolo a rimuginarci su finché non si riconciliano?» scuoto la testa con fervore «No, ma come il presentimento che se questa riconciliazione non avverrà in tempo breve ne soffrirà molto.»
Tolgo le mani sudate dalle sue facendo scrocchiare le nocche fino a farle dolere e poi passare a giocare con l'anello di fidanzamento, meno sofferente ma rimane lo stesso un "tic" poco carino quando sono in compagnia ma resistere alla tentazione è difficile.
Si massaggia il pancione con entrambe le mani pronta a fornirmi un'altra delle sue considerazioni ma la porta si apre con un movimento deciso.
«Ho sicuramente interrotto una conversazione importante» borbotta Ben passando una mano sulla nuca tra i lunghi capelli osservando la moglie con un sopracciglio alzato, stanno avendo una di quelle conversazioni non verbali che mettono in imbarazzo gli altri, questa è anche parecchio accesa.
«Tranquillo Ben. Avevamo finito» osserva ancora un pò Luana con una strana luce sul volto per poi concentrarsi su di me e sorridere, salto giù dal bancone cercando di eguagliare la sua espressione ma i miei muscoli facciali sembrano essersi congelati «Non fare quella faccia fratellone. Io sto bene» sospira stringendomi le spalle in un abbraccio lasciandomi un dolce bacio tra i capelli. Lo sento ispirare il mio odore un paio di volte ed aumentare la stretta «Lo so ma mi preoccupo lo stesso» sussurra quasi intimorito dalle sue parole nascondendo il naso tra i miei capelli.
Porto le mani a cingergli la vita lasciando un bacio all'altezza dello sterno, riesco a sentire il battito del suo cuore. È una cosa che non succedeva da molto tempo e riesce a portare alla mente tanti ricordi dimenticati.
«Andiamo a prendere l'auto?» domanda allentando la presa ma continuando a tenermi vicina per qualche secondo ed infine lasciarmi andare dissimulando il suo comportamento aprendo l'anta del frigo e prendendo una bibita ai lamponi «Si. Certo.»
Stappa la bottiglia bevendone un lungo sorso increspando le labbra «Ti aspetto fuori» sussurra lasciando un bacio sulle labbra a sua moglie ed uno sulla mia fronte, lascia un calore che lentamente penetra l'epidermide facendosi strada fino al mio cuore.
È come se fossi tornata nuovamente bambina.
«Si preoccuperá sempre per te, credo che non smetterà mai» sobbalzo portando una mano all'altezza del cuore per contrastarne il tumulto, ero così concentrata da essermi scordata della sua presenza. «Non credo che preoccuparsi tanto per me sia un bene per la sua salute» mormorò, appoggia il mento sulla mia spalla baciandomi la guancia «Non riuscirai a fargli cambiare idea. È più testardo di te. In alcuni casi può essere un bene, in altri solo una rottura.»
«Prima o poi si stancherà di essere la mia guardia del corpo o forse riuscirà a capire che sono capace di badare a me stessa, potrebbe trovare un hobbie che lo distragga abbastanza da me» fa un verso d'assenso allontanandosi dal mio corpo facendo un sorriso così triste «Gli basterà che questa leggera crisi sia passata e tornerà ad agire nell'ombra pensando che tu non ti accorga di nulla» torno ad osservare la scena fuori dalla porta passando una mano tra i capelli cercando di dissimulare la tensione.
«È ora che io raggiunga Ben. Ti dispiace restare con loro per un pò?»
«Certo che no. Prenderò posto sul divano e allungherò le gambe, farò due chiacchiere con Nathan, lo aiuterò a mettere i bambini a letto» la stringo in un abbraccio sentendo il bambino scalciare «Grazie di tutto quello che fai.»
Le sorrido ancora una volta per poi raggiungere Nathan rimasto seduto al suo posto, tiene ancora tra le braccia Mik e con il piede fa dondolare la culla di Liyah nelle vicinanze, prendo posto accanto a lui passandogli una mano tra i capelli.
È uno di quei gesti che mi fa sentire già sua moglie, una parte importante della sua vita.
«Straniera dove ti eri nascosta?» dice voltandosi verso di me e baciandomi dolcemente le labbra schiacciandosi contro il mio corpo, ispiro a fondo allontanandomi contro voglia di un paio di centimetri, alza un sopracciglio ma non protesta «Ero in cucina a sistemare, a chiacchierare e tu eri in ottima compagnia. Con Ben adesso vai d'accordo» fa un piccolo segno d'assenso sorridendo «Non era la vicinanza di tuo fratello che desideravo» bisbiglia leccandosi le labbra in un gesto lento e controllato. Essere scacciato è una cosa che riesce a venirgli sempre bene.
«Odio essere portatrice di cattive notizie ma non ti ho raggiunto per restare» alza un sopracciglio dando sfogo ad un altro pò del suo sexappeal, mi ero quasi scordata che può farmi perdere il controllo con un paio di singoli e semplici gesti, in fondo la carne è pur sempre debole ma questo non è il momento adatto.
«Ben mi accompagna a recuperare la tua auto, Luana resterà qui con te ed io cercherò di stare via il meno tempo possibile. Dopo avremo la casa tutta per noi» un vero sorriso gli illumina il volto ed io non posso fare altro che imitarlo.
È come una malattia contagiosa ma questa non mi fa stare male e non voglio che passi mai.
«Che cosa hai in mente di fare principessa?» sorride maliziosamente sistemando Mik nella culla accanto alla sorella smettendo di far dondolare la figlia, lei deve essersi appisolata già da un bel pò «Odio i nomignoli sdolcinati e tu lo sai. Non usarlo. Mai!» dico digrignando i denti e notando la strana occhiata che ci sta scoccando Lexie da sopra il suo libro, per Tommy e Luke non esistiamo neanche.
«Oh, lo so ma adoro vedere le tue guance imporporarsi. La cosa non succede spesso ma quando accade per colpa mia mi rende molto orgoglioso» avvicino le labbra al suo orecchio, lo sento tremare sotto le mie mani «Nostra figlia ci sta osservando in modo strano. Secondo me sa che stai cercando di traviare la sua bellissima ed intelligente madre» si lascia andare ad una risata squillante, serena, argentina ma soprattutto contagiosa.
«Credo che Lexie non sappia neanche il significato della parola "traviare". Per lei siamo soltanto i suoi genitori che praticano qualcosa di schifoso» si zittisce per un paio di secondi «Spero che continui a provare questo disgusto fino a quando il genere maschile non sarà diventato migliore. »
Passo nuovamente le dita tra i suoi capelli sentendoli come burro sotto il palmo della mano percependo il lieve gemito di piacere che gli scappa dalle labbra.
«Per quanto possiamo odiare l'idea nostra figlia, tutti i nostri figli cresceranno e troveranno qualcuno che non si merita il loro amore, spezzeranno innumerevoli cuori e alloro volta lo avranno fatto a pezzi. Alla fine di tutto toccherà a noi mettere a posto i cocci» rabbrividisce alla sola idea del futuro che ci aspetta.
«Non farmici pensare per favore. Mi consola solo il fatto che abbiamo ancora parecchi anni davanti in cui potremmo goderci la loro dolcezza, i sorrisi, le coccole e in cui non dovremo fare i cattivi genitori che gli vietano di uscire»
«Non credo che la nostra situazione sarà così disastrosa» incastro la lingua tra i denti ripensando ai miei sbalzi ormonali durante l'adolescenza e alle storie che mi ha raccontato Ross sul fratello, neanche il moro era una persona del tutto tranquilla.
«Ritratto tutto quello che ho detto. Avremo molti problemi quando saranno adolescenti. Ci faranno diventare i capelli bianchi prima di quando dovrebbe succedere» ridacchia allungando il braccio dietro le mie spalle stringendomi a sé.
«ANGIE VUOI MUOVERTI?» urla Ben rientrando in casa con le mani sui fianchi ed un sopracciglio alzato un pò scocciato «Ti consiglio di seguirmi fuori da questa porta o dovrai arrivare alla base a piedi e sarebbe proprio una bella camminata» assottiglio lo sguardo cercando di capire se sta scherzando oppure no ma non ne ho il tempo materiale.
Nathan posa le labbra sulle mie in un dolce arrivederci, non abbiamo bisogno di parole superflue in determinati momenti.
«Arrivo. Arrivo» mi lamento osservando gli occhi azzurri e ammalianti del mio compagno alzandomi con uno sbuffo esagerato avvicinandomi al mio fratellone spintonandolo leggermente con la spalla passandogli accanto «Su, togli quel muso e non essere burbero. Il ruolo di brontolo non ti si addice» resta fermo sulla soglia con la bocca semi-aperta a fissare il posto ormai vuoto accanto a Nathan.
«Dai fratellone, ti sto aspettando da una vita. Muovi quelle chiappette d'oro che tua moglie ama tanto pizzicare» incava le guance ed assottiglia lo sguardo drizzando la schiena al suono delle risate sconnesse che arrivano dall'interno.
Dovrebbero essere più silenziosi e discreti se vogliono origliare una conversazione.
«Sorellina ti consiglio di scappare.»
Il suo non può essere definito un reale avvertimento.
Nel momento stesso in cui le parole lasciano le sue labbra riesco a percepire le forti e grandi mani di mio fratello cingermi i fianchi per issarmi senza alcuno sforzo sulla spalla portando le due perfette mele all'altezza del mio sguardo «Benjamin Carol Evans mettimi giù o ti picchierò nel medesimo modo in cui succedeva quando eravamo piccoli» sento il suo petto essere scosso da una leggera risata «So che i ricordi possono mutare nell'arco degli anni ma tu non hai mai vinto» mi da una pacca sul sedere facendomi divincolare con maggior veemenza.
«Assomigli ad un maialino pronto per essere infornato, ti manca solo la mela in bocca» infierisce dandomi un'altra sonora sculacciata.
«Aspetta che torni con i piedi per terra e ti farò pentire di ogni secondo in cui mi hai tenuta in questo modo» ride ancora una volta facendomi scivolare con delicatezza sul sedile del passeggero scompigliandomi i capelli come quando eravamo bambini osservandomi con uno sguardo che non mi è mai capitato di vedere dopo le nostre piacevoli battute.
Anche in questo caso Luana ha ragione.
Il mio forte, dolce, alcune volte caotico e stralunato fratello non smetterà mai di preoccuparsi per me, io sono una delle cause dei suoi maggior incubi da quando sono venuta al mondo e dopo tutto questo tempo non so ancora come togliergli questo peso che si è caricato sulle spalle.
«Prima andiamo a recuperare la Jeep del malaticcio e poi potrai dare libero sfogo a qualsiasi tortura tu stia progettando» dice con tono giocoso ma senza alcuna ilarità.
Questo sarà un lungo viaggio e non so come andrà la conversazione, dare troppe spiegazioni sarebbe uno sbaglio e darne troppe poche sarebbe anche peggio, una via di mezzo non esiste neanche con lui.
«Angie» mi chiama con un filo di voce dopo alcuni minuti prendendo la mia mano nella sua accarezzandole il dorso con il pollice, faccio anch'io la medesima cosa sentendo le vene ingrossate «Cosa c'è che non va fratellone?» domando evitando accuratamente di voltarmi verso di lui, le reazioni potrebbero essere disastrose.
«Hai rubato la mia battuta» un semaforo rosso blocca la nostra corsa ed ha l'occasione di dirigere lo sguardo verso di me osservandomi con gli occhi liquidi ed un sopracciglio alzato «Io sto bene, è Nathan quello malandato»
«Non fare lo stupida. Sai di cosa sto parlando Angie ed io non sono uno sprovveduto, dimmi cosa succede così che io mi preoccupi un pò meno per te» mordo l'interno della guancia sentendo il sapore del sangue inondarmi la bocca.
Passo la lingua sui denti osservando la luce trasformarsi dal rosso scarlatto al verde smeraldo.
«La giornata è stata solo un pò stressante. Domani tutto sarà tornato al proprio posto» frena bruscamente proiettando il mio corpo in avanti e poi nuovamente indietro contro il sedile mozzandomi il fiato «Stai bene?» domanda con voce preoccupata maledicendo con ogni parola conosciuta, e davvero poco da signore distinto che si vanta di essere, il guidatore del taxi che ci ha appena tagliato la strada entrando nella nostra corsia senza rallentare.
Ho il cuore che ha preso a battere fuori nel petto per la paura e il ricordo del mio ultimo incidente che mi scorre davanti agli occhi, un film che passa lentamente estraniandomi dal mondo.
«Sorellina rispondi, ti sei fatta male?»
La mano che stringeva la mia rafforza la presa facendomi digrignare i denti per il dolore delle ossa che stridono tra loro «No» proferisco riprendendo il respiro che avevo perso ed anche il controllo delle emozioni «Mi sono spaventata.»
«Tranquilla» dice con tono calmo «Ho ancora i riflessi pronti nonostante io stia invecchiando» ci scherza su voltandosi verso di me accertandosi con il suo sguardo critico che le mie parole sono veritiere per poi riprendere il senso di marcia «Non so davvero come faccia certa gente ad avere ancora la patente» borbotta producendo un fastidioso rumore con i denti, cercare di rimandare giù le parole non è il suo forte.
«Nonostante il quasi incidente appena avuto devo dirti che non credo alle tue parole» sfilò la mano dalla sua portando i capelli dietro. le spalle «Di cosa stai parlando?» domando non riuscendo a stare ferma al mio posto, ho come delle spine che mi trafiggono ad ogni movimento «È vero che la giornata non è stata una delle più tranquille per te e Nathan ma so che stai nascondendo più di quello che mi stai raccontando. Vi ho visti lí abbracciati e non sembrava una cosa nornale» sospiro rassegnata cercando di strapparmi di dosso qualsiasi tipo di emozione che potrebbero attraversarmi il volto ma non funziona molto.
«Come ben sai la normalità è soggettiva ma sta volta hai ragione» respiro a fondo sentendo gli angoli degli occhi pizzicare, un masso formarsi nel bel mezzo della gola e il ponte del naso prudere «Le cose domani non torneranno ad essere le stesse e nemmeno il giorno successivo. Un piccolo ed innocente incidente è riuscito a causare un terremoto di proporzioni epiche che lascerà dietro di sé distruzione e solitudine.»
«Diamine sono così patetica» mi crogiolo nella mia autocommiserazione.
«No. Non lo sei. Sei solo spaventata e nonostante non ti piaccia ammetterlo anche tu sei umana. Puoi avere paura, puoi provare qualsiasi emozione tu voglia» ferma l'auto davanti il cancello chiuso, sbarrato, controllato a vista della caserma «Provare qualsiasi emozione io voglia? » domando un pò isterica asciugando i lacrimoni che stanno scendendo rigandomi le guance «Non mi posso permettere di essere sopraffatta dalle emozioni Ben. Ho dei figli di cui occuparmi ed un attività da mandare avanti. Sono la colonna portante della nostra famiglia soprattutto nei momenti di crisi» prendo a giocare con l'anello di fidanzamento rigirandolo un paio di volte intorno al dito sentendo il diamante graffiarmi la pelle.
«Il peso delle cose che succedono non deve ricadere solo sulle tue spalle. Nella coppia siete in due. Nathan dovrebbe prendersi le sue responsabilità» afferma con tono acido battendo i palmi sul volante.
«Dopo tutti questi anni lo conosci Ben. Lui è un buon compagno e mi ama, è un ottimo padre che si prende cura dei suoi figli amandoli e cercando di fare per loro il meglio» stacca le mani dal volante facendo scrocchiare le nocche «Se lui è tutte queste cose per quale motivo non ti stai affaccendando a preparare il vostro matrimonio?»
Un brivido freddo e lungo mi attraversa la schiena facendomi venire la pelle d'oca in tutto il corpo persistendo per alcuni lunghi minuti.
«Ricordo i momenti che sono seguiti dopo la proposta di Mike. Passavi ore al telefono con Luana per rendere il tuo matrimonio il giorno perfetto che avevi sempre sognato ma adesso la cosa sembra non importati ma quello sarà il momento in cui sarai legata per sempre all'uomo che ami. »
L'aria si è fatta improvvisamente priva d'acqua come tutto il mio corpo, infilzo le unghia nel palmo della mano cercando di ricordare le parole che mi ripete la dottoressa da intere settimane sul controllo e la calma.
«Hai ragione» dico in una muta rassegnazione «Non mi sto comportando come in quel periodo ma la situazione è diversa, io lo sono. Ho capito che le cose importanti della vita sono altre. Tra l'altro ci sono cose che non dirò mai alla mia famiglia, voglio tenerle per me» si volta nella mia direzione con uno sguardo sconvolto, quasi assassino e con la vena del collo ingrossatasi che pulsa furentemente «TU NON TI APRI MAI ANGIE! » urla spaventandomi ma riesce a ritrovare la solita compostezza «Ti tieni tutto dentro fino a quando non esplodi. È questo uno dei tuoi difetti maggiori. Se negli anni precedenti avessi comunicato con noi forse ci saremmo risparmiati delle enormi preoccupazioni.»
Un paio di colpi sul finestrino interrompono la nostra conversazione impedendomi di rispondere a quello che ha appena esposto e forse anche di dire qualcosa di cui mi sarei pentita.
Mio fratello sospira frustrato alzando gli occhi al cielo e voltandosi verso il militare che imbraccia il fucile abbassando il finestrino così da poterci parlare.
«Signore» dice con tono autoritario il giovane dai capelli rossi «Lei non può sostare in questa zona, deve spostare immediatamente l'auto o sarò costretto a chiamare le autorità competenti » mi allungo verso lo spiraglio aperto osservando gli occhi limpidi e un pò assonnati di Jacob, è in servizio da molte ore adesso, starà agognando il suo letto «Scusaci» dico sorridendo cercando di evitare il contatto fisico con l'uomo alla guida «Stavamo chiacchierando e non ci siamo resi conto che il tempo passava.»
Il ragazzo mi mette a fuoco riconoscendomi e sorridendo a sua volta facendo smaterializzare quella personalità di durezza e autorità che indossava fino a poco tempo fa «Angie scusa non avevo riconosciuto l'auto» le gote gli si imporporano di rosso «È quella di mio fratello. Mi ha accompagnata a prendere l'auto di Nathan, l'abbiamo lasciata qui dopo il suo piccolo incidente»
«Oh si. Phil mi ha lasciato un appunto e il tuo pass. Tuo fratello deve restare qui fuori, sai sono le regole» dice un pò dispiaciuto facendo una piccola smorfia, è così tenero che mi fa venire voglia di stritolargli le guance o prenderle a morsi nello stesso modo in cui lo farei con un bambino.
«Non devi scusarti ogni volta Jacob. So che non è colpa tua, dopo tutto questo tempo conosco le regole ferree di questo luogo» mi sorride grato raggiungendo con passo deciso il cubicolo continuando ad osservarci ma lasciandoci alla nostra privacy.
Non credo che c'è ne sarà bisogno, le cose da dire sarebbero troppe e non vi è abbastanza tempo per concludere come vorremmo.
«Se vuoi puoi andare, non sei costretto a rimanere. Io prendo la macchina e raggiungo Nathan a casa, tu puoi andare a prendere Luana e Luke nel frattempo, entrambi saranno molto stanchi» alza un sopracciglio offeso dalla mia idea «Non vado da nessuna parte» dice con calma «Ti aspetto qui fuori» aggiunge con nonchalance avviando il motore «Va bene.»
Sarebbe inutile ribattere arrivata a questo punto.
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L'amore non mi basta
RomanceTutto e cambiato. Una nuova ma vecchia vita, nuova ma vecchia città, nuovo ma vecchio lavoro, nuove ma vecchie abitudini. Vado avanti, ci provo non solo per i miei figli, che ormai sono la luce dei miei occhi, l'essenza stessa della mia vita ma anch...