Parte 10

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Atterriamo in poco tempo, troppo poco. Si può notare la scritta London nell'enorme cartello per l'uscita, un grande orologio segna un ora in dietro rispetto a quella del mio cellulare. Il grande spazio perlato è diviso da vari ristoranti e bar, non è molto affollato, si possono scorgere alcune persone fissare impazienti i tabelloni con gli orari dei voli o intente a parlare al telefono.

Mariagrazia è stata davvero fantastica e ora è qui con me a scendere dall'aereo. Ancora una volta si lamenta delle scale, troppo difficili e faticose a parola sua. Questa buffa e solare ragazza mi fa sorridere e ridere come non facevo da tempo. 

E' davvero possibile che una sola persona ti cambi la vita in questo modo? Ne ho lette di storie dove, anche semplici amiche, sono capaci di tirarti fuori da quello stupido tunnel nero. E' strano e sbalorditivo che nella vita anche una sola persona ti possa cambiare l'esistenza.

<< Qui le nostre strade si dividono >> osserva Mery una volta raggiunta l'uscita dal grande aeroporto, annuisco.

<< Io devo chiamare mio zio >> le sorrido

<< Posso avere il tuo numero? Magari qualche volta ci incontriamo>> mi propone la ragazza al mio fianco porgendomi il suo cellulare

<< Certo, scrivi qui il tuo>> dico afferrando il suo telefono e porgendole il mio. Digito in pochi secondi le dieci cifre che compongono il numero e le lo restituisco. Poi lei improvvisamente mi stringe in un abbraccio ed io ricambio, la saluto e devo ammettere che mi rattristo un poco.

<< Ci vediamo in giro >> urla appena esce lasciando un sorrido impresso sul mio viso. 

Decido di inviare un messaggio  a mio zio dal quale ricevo risposta poco dopo, ha detto che non può venirmi a prendere al momento, quindi mi ha chiesto se posso mangiare qui nell'aeroporto e poi venirmi a prendere fra un'oretta. Gli rispondo che va bene, ormai so che fa da cameriere per una famiglia e i turni sono quelli che sono. Non voglio creargli disturbi più di quanto non faccia già andando a vivere con lui.

Prendo le valigie e le trascino con me all'interno dell'enorme spazio di marmo bianco, mi guardo in torno, sorrido felice alla vista dei cartelli con le varie indicazioni scritte in inglese, sposto lo sguardo verso l'ambiente pulito e noto che non c'è quasi nessuno. Mi incammino verso l'area ristoro che avevo notato in precedenza finché non inciampo in qualcosa cadendo in maniera bizzarra e goffa. Cado di schiena e  poi leggermente dolorante cerco di rimettermi in piedi facendo leva sui gomiti, alzo lo sguardo e noto un ragazzo fissarmi, capisco al volo che devo essere inciampata nella sua valigia. E' alto, più di me sicuramente, porta un cappello nero e degli occhiali da sole. Ridacchio mentalmente nel vedere un ragazzo con gli occhiali da sole al chiuso e allo stesso tempo lo guardo, abbassa leggermente gli occhiali e mi osserva attentamente cercando invano di nascondere il piccolo sorriso divertito che gli si accenna in viso.
Mi guarda, nei suoi occhi marroni noto una leggera nota di malinconia, sembra accorgersene e risistema gli occhiali sul naso. Capisco che è ora che mi alzi dal freddo pavimento in marmo e inizio a sollevarmi, il ragazzo alza lo sguardo divertito e mi porge una mano per aiutarmi, la afferro e con un movimento semplice mi alzo. Non spiaccichiamo parola entrambi, lui abbassa il cappello come gesto di saluto, prende la sua valigia blu notte e se ne va verso l'uscita dell'aeroporto.

Scuoto la testa per capire se la buffa cosa appena accaduta è reale, ritorno in me e mi dirigo verso la meta fissata in precedenza. Arrivo in pochissimo tempo davanti ad una doppia porta in vetro che apre un enorme stanza: vari punti ristoro sono disposti sulle quattro parenti creando una catena di varie "marche" di cibo, lasciano un grande spazio centrale occupato da tavoli e sedie di vari colori. La luce naturale sparisce lasciando spazio a una tenue luce gialla artificiale proveniente da grandi lampadari circolari fissati sul soffitto. 

Scelgo di mangiare un panino e mi avvicino al banco che li serve e ne ordino uno. Quando è il turno di pagare apro il portafogli e sorrido, vedere le sterline al posto degli euro mi fa capire ancora una volta che sono realmente a Londra. Pago e mi siedo ad un tavolo libero e mi metto a mangiare guardandomi in torno. 

Guardo un paio di genitori, molto probabilmente tedeschi, che sistemano i vassoi con il cibo davanti ai loro due figli che avranno setto o otto anni massimo; sembrano felicissimi e continuano a guardarsi in torno sbalorditi. Sposto lo sguardo su una coppia molto giovane che parla animamente. Infine guardo il mio vassoio, i miei polsi che sono ornati da alcuni bracciali 

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