Parte 31

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«Adam!» esclamo sorpresa vedendolo a servire nel bar
« Gabriella, da quanto tempo!» sorride allegro avvicinandosi al bancone ed appoggiandosi su di esso.     
«Tre giorni, se non mi sbaglio» sorrido alternando lo sguardo tra lui e l'ambiente circostante.
«Avete ridipinto?» chiedo riconoscendo l'odore famigliare della vernice.
«Si, giallo pastello» conferma Adam guardandosi attorno «È strano vedere il locale così chiaro».
Lo guardo perplessa «Non era così anche prima?»
« No, prima era giallo citrino» dice con tono ovvio.
«Non sapevo te ne intendessi di colori» osservo accennando un sorriso anche se non ho idea di che colore sia il giallo citrino.
«Mia mamma me li ha insegnati con molta precisione» mi spiega «A lei piacciono molto» .
«Oh, che cosa dolce e insolita. Tua mamma fa la pittrice?» sono curiosa di sapere da dove arriva la conoscenza della madre di Adam, ma il ragazzo ridacchia scuotendo la testa evidentemente divertito.
Lo guardo perplessa in attesa di una risposta, il ragazzo alza lo guardo su di me e notando la mia espressione corrucciata ride ancora di più.
«No, no. Non fa la pittrice. Diciamo che ha una passione per gli abiti» mi risponde tra una risata e l'altra.
«D'accordo» dico lasciando cadere l'argomento e non indagare oltre.

«Gabriella!» mi chiama un voce adulta, sposto lo guardo sulla porta che conduce nel retro del bar e riconoscendo la figura sorrido.
«Philippe, che bello rivederla» saluto l'anziano signore proprietario di questo bar, lo stesso che avevo visto alcuni giorni prima.
L'uomo avanza e dando un amichevole pacca sulla spalla di Adam inizia a parlare.
«Ormai sei qui ogni giorno, potrei pensare di assumerti»
«Penso che rifiuterei l'offerta, devo studiare tanto per la scuola» .
«Bhe, quando vorrai sono qui. Adam e Colin mi parlano molto bene di te» afferma gentilmente e sorridendo «Ora, se non vi dispiace, devo andare a fare la spesa per la mia signora. Adam il locale è nelle tue mani, come sempre»dopodiché esce seguito dal metallico suono ripetitivo.

Un sottofondo di brusii derivanti dalle voci delle altre persone riempie il silenzio, interrotto poco dopo dalla voce di Adam.
«Cosa vuol dire "Priego" in italiano»
«Si pronuncia "Prego" in italiano abbiamo una R dura e marcata» lo correggo per poi spiegare anche a lui il significato di questa parola «E lo usiamo come voi usate "you're welcome"* non ha un significato preciso, è come dire grazie a chi ti ringrazia. Non so se hai capito»
«Voi italiani siete strani» dice ridendo e scuotendo la testa
«Si, noi siamo quelli strani» rispondo ironica

«Hey Adam»  dice una voce ricca di malinconia alla mie spalle dopo il tintinnio della campanella posta sopra alla porta d'ingresso « Oh ciao Gabriella, ci sei anche tu» Colin si siede al mio fianco con aria triste ma provando a sforzare un sorriso
«Che succede?» chiedo preoccupata e vedo con la coda dell'occhio che lo è anche Adam.
«Cosa non succede, in realtà» risponde Colin
«Ancora la stessa storia?» domanda Adam capendo l'amico a contrario mio.
«Si, ho provato a parlarci ma non ne vuole sapere» afferma sconfortato.
«Lo sai che è meglio evitare l'argomento» lo rimprovera Adam,
« E cosa vuoi che facciamo? Rimaniamo da una parte a guardare finchè si sgretola» alle parole di Colin Adam non ribatte, lo guarda cercando di sostenerlo. Non ho capito molto della situazione, ma decido di non chiedere e non intromettermi nonostante le parole mi lacerino il petto, come se tutto questo fosse mio. Eccola! Di nuovo fa la sua comparsa, quella severa empatia che da sotto la pelle squarcia ogni mia emozione per lasciare spazio alle altre; ma oggi è diversa, più intensa, più viva.
 
Colin appoggia la testa sulle braccia conserte mentre Adam si allontana a prendere le ordinazioni dei clienti appena entrati.
Il buon umore ha lasciato il posto a quello malinconico, che come il vento spazza via tutti i sorrisi.
«Non dici nulla?» la voce sommessa di Colin mi riscuote.
«Non ho voce in capitolo» rispondo senza troppi giri di parole,   
«Questo lo credi tu. Sei più importante di quanto pensi» dice sfoggiando un sorriso a denti stretti; mascherato da una rabbia interna, capisco che non è rivolta a me ma a se stesso. «Anche tu sottovalutati le tue capacità»
«Anche io? Chi altro?»chiedo strappandoli le parole dalla testa.
«Io, te, Adam, quel cretino e persino...»lascia la frase in sospeso scuotendo la testa alzando leggermente gli angoli della bocca
«E?»chiedo nascondendo un sorriso
«Una, ma no voglio parlarne» risponde non riuscendo più a trattenere un espressione di gioia.
«Una ragazza?»
«No, una banana» scherza Colin facendomi ridere leggermente
«Volevo esserne sicura» cerco di giustificarmi
«  Bhe, non dubito che potrei uscire con qualcos'altro che non sia una ragazza»,  
«Quindi ci esci insieme?» lo incastro con le sue parole.
«Bhe, ecco, io» balbetta grattandosi nuca imbarazzato.
«Quindi ti piace?» chiedo conoscendo già la risposta ed ottenendo da lui un imbarazzo più grande
«Chi è? Anzi non dirmelo, non penso di conoscerla. Viene nella tua scuola?» 
«Si!» ammette esasperato dalle mie molteplici domande «Si, mi piace e si viene nella mia scuola. Ma non penso di interessarle» dice felice, ma concludendo con un amaro sorriso « Lei dice che sono scontato, che il sentimento che provo nei suoi confronti è sforzato»
E come mai lo pensa?»
« Perché subito era così» ammette dopo pochi secondi di silenzio. Le parole sembrano bruciargli la gola, fratturargli il petto e in silenzio ucciderlo; nasconde nuovamente la faccia tra le braccia incrociate sul bancone.
«Colin» sussurro dopo aver passato una ventina di secondi indecisa sul da farsi, scendo dall'alta sedia e avvicinandomi a lui appoggiandogli una mano sulla spalla «Dimostrale che si sta sbagliando». 

Esco dal bar sentendo il vento freddo sul collo, mi sposta i capelli verso destra provocandomi un lungo brivido in tutto il corpo. Cerco di ignorare il gelo che trasmette e mi incammino verso la villa. 
In poco meno di cinque minuti arrivo, apro il cancello socchiuso ed entro in casa. Clara mi accoglie felice ed offrendomi un te caldo che gentilmente rifiuto e mi rimetto a fare i compiti sull' isola della cucina. 
 « Mio zio?» domando dopo molte esitazioni,
« Sarà qui a momenti, doveva fare un paio di commissioni» mi risponde Clara in modo evasivo e controllando l'orologio al polso. 
« An» dico solamente mentre nella mia testa fanno massa le molteplici domande, perchè risponde sempre così vaga?
Passano pochi minuti quando il rumore della porta principale riempe all'improvviso il silenzio e pochi istanti dopo zio Albert entra dalla porta sul retro della cucina con il respiro accelerato
« Buongiorno, qui tutto a posto?» chiede appoggiandosi al bancone 
«Tutto regolare» gli risponde serena Clara, nonostante gli occhi trasmettano nervosismo  
« Molto bene» sussurra mio zio «Gabriella» dice dopo attirando la mia attenzione «Mettiti le scarpe, per favore».
Perplessa annuisco e raggiungo velocemente camera mia, allaccio gli anfibi neri chiedendomi il perchè. 
« Fatto!» esclamo una volta tornata in cucina, mio zio sorride provando a mascherare l'agitazione e controlla ancora una volta l'ora.
«Bene, ora possiamo andare» annuncia, lo seguo. Attraversiamo l'atrio e saliamo le scale fino a raggiungere il solito bivio, svoltando a sinistra si arriva alla camera della signora Maggie. Ma oggi non prendiamo il corridoio, bensì mio zio apre l'enorme porta ad arco a di fronte alle scale alla quale non avevo mai dato importanza. Il legno massiccio si divide formando una porta a doppia entrata mentre le maniglie orate confermano lo stile lussuoso presente in tutta la casa. 
Zio Albert mi fissa, ma questa volta calmo e rilassato dopodichè strige le mani attorno ai pomelli e, con fare teatrale, apre la porta rivelandomi uno scenario sconvolgente 
«     ......    »     

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  *you're welcome = è la forma di cortesia usata in inglese per rispondere a thanks. Non è usata frequentemente come il "prego" in Italia, sono molto rari gli episodi nei quali viene usata. 

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Ciao a tutti! 
Questo capitolo è un dei più importanti e uno dei più difficili,
fatemi sapere se vi è piaciuto.

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interj

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