Parte 19

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<< Hey Gabriella!>> mi accolgono calorosamente i miei due unici amici. Mi avvicino al bancone del piccolo bar e mi siedo su uno degli alti sgabelli in legno.

<< Come va ragazzi?>> chiedo sorridendo

<< Tutto apposto>> mi risponde Adam appoggiandosi sui gomiti al bancone 

<< Parla per te, io ho un sacco di compiti>> si lamenta Colin dando un pugno amichevole sulla spalla del ragazzo al suo fianco

<< Impara a farli nel week-and!>> gli risponde l'amico tirandoli un colpetto innocente sulla testa, l'altro lo guarda stranito ma non riesce a ribadire che Adam mi chiede leggermente malizioso   << Te invece? Come sono andate questi due giorni che non sei venuta a trovarci, con chi hai passato il tempo?>> Colin gli fa il verso per poi bere un bicchiere d'acqua

<< Bene, ho passato il tempo in compagnia di una graziosa signora chiamata Maggie>> dico ripensando al giorni precedenti dove la lettura e i miei pensieri sono venuti in primo piano in quel lungo tempo passato troppo velocemente. Il mio sorriso svanisce vedendo il volto stupito e lo sguardo come colpevole di Adam mentre Colin per poco non si strozza con l'acqua. I primo vedendo tossire l'amico gli da' dei colpetti sulla schiena per aiutarlo e vedendomi confusa dice

<< Emm, Wow e che avete fatto? >>  chiese Adam titubante e balbettante 

<< Niente, abbiamo solo letto>> mentii tenendo lo sguardo confusa su i due.

Mentii, non era la prima volta che mentivo su quello che succedeva nella mia vita. Ometevvo la verità in ogni occasione: dicendo che non era successo nulla quando mi ero divertita, quando dicevo che mi ero divertita quando ero solo esclusa ma soprattutto mentivo a mi sentivo bene quando neanche sentivo le emozioni.  E quel solo letto era una delle tante.

Per molti, quasi per tutti forse, il fatto di avere letto e di aver parlato con quella vecchietta avrebbe significato "morte certa" o semplicemente una "lettura argomentata" ma non per me, no per me era molto di più. Avevo dato voce ai miei pensieri, avevo espresso per la prima volta le mie credenze e le mie credenze e per la prima volta mi era stato chiesto e ascoltato il mio parere e non avevo esitato a mentire. Ma nonostante l'importanza per me di questi piccoli gesti da parte di una sconosciuta non riuscivo a capire nulla. Ero finalmente riuscita a risentire la sensazione del vivere eppure in questo momento mi sentivo in una bolla non capendo i due ragazzi a me difronte.

Si ripeteva la snervante sensazione di non capire il resto del mondo.

<< Interessante emm..>> proseguiva Colin  in cerca di quello che io definirei uno "spunto per iniziare una conversazione" risvegliandomi dai miei remoti e incomprensibili pensieri. Lo salvò Adam che mi chiese se volevo il solito cappuccino, domanda alla quale risposi che se avessi perso un cappuccino ogni giorno sarei andata in banca rotta e con un falso sorriso, uno dei migliori che abbia fatto nella mia vita, uscii dal piccolo bar.

Con gli occhi che pizzicavano iniziai a correre sul marciapiede quasi vuoto conoscevo un posto per sentito dire da mio zio.
Corsi svoltando a destra e a sinistra di quelle vie londinesi fino ad arrivare ad un vasto parco. Non c'era nessuno, tranne i lontani passanti che parlavano guadando la strada. Salii le scale di una piccola struttura per il gioco al centro del parco e mi sedetti di fianco a uno scivolo. Le lacrime iniziarono a uscire dagli occhi e libere le lasciavo scivolarmi sulle guance tenendo increspate le labbra per fare uscire solo un minimo rumore.
Piangevo,
Stavo piangendo,
Per tutto, perchè non sentivo. Perchè le uniche sensazioni che riuscivo a provare speravo di averle abbandonate in Italia, ero sola sola con me stessa. Erano sensazioni per me mortali, sentirmi esclusa, che non facevo parte di questa stupida società, non capivo queste le persone. E mi odiavo allora come mi odio adesso. Detesto che ogni singolo gesto mi riporti alla mente queste "mancanze". Piangevo perchè avevo opresso tutte quelle sensazioni. E non riuscivo a smettere. 

Appoggiai la testa indietro, su quel pezzo di legno, alzando la testa a guardare il tetto a punta del medesimo materiale. Lo riempivano scritte e sigle di vario tipo. Girai la testa alla mia sinistra e percorsi con lo sguardo il ponticello che portava a un altro pianerottolo simile al mio. Lì vidi una persona, una sagoma di un ragazzo con il cappuccio nero alzato, mi guardava. L'ombra nel quale era immerso e la vista annebbiata non mi dava modo di vederlo, si girò di scatto e con il pennarello indelebile che aveva in mano capì che stava scrivendo qualcosa sul legno, alle mie orecchie giungeva solo in rumore stridulo e acuto dello strisciare della punta colorata sulla liscia superficie. Se ne andò via una volta chiuso il pennarello e aver dato un veloce sguardo alla scritta. Le lacrime mi offuscavano la vista così mi passo una mano sotto gli occhi per togliere le lacrime e mi avvicino alla scritta. Leggo sotto voce allontanando per un attimo tutti quei pensieri che mi presseranno per come mi sono ridotta.

Le ferite li mostrano
So che non ti sei mai sentito così solo
Ma resisti, testa alta, sii forte
Oh resisti, resisti 

Mi calmo di colpo, le lacrime smettono di uscire e la vista si fa completamente lucida. Il sospiro pesante si mischia hai battiti accelerati cullati dal soffio del vento che striscia sulle foglie.
Quelle quattro righe impresse nella mia mente mi spingono a pensare, a quello che ho sempre evitato.
Resisti, lo faccio da tanto tempo o così mi lascio ingannare dalla mia mente perchè è questa la verità. Ci lasciamo trasportare dalle nostre credenze quando dobbiamo solo accettare la cosa. Devo smettere di fingere di stare in piedi, smettere di strisciarmi avanti devo resistere davvero. Alzarmi e a testa alta rimanere forte. 
Andrà meglio.

<< Grazie >> sussurro al vento nella speranza che quelle parole vengano trasportate fino a lui

° 

<< Come è andata? >> mi chiede l'anziana signora una volta raggiunta la sua camera, guardo la porta finchè la chiudo per poi rivolgerle uno sguardo. Sono consapevole che i miei occhi sono ancora arrossati e il mio respiro non è ancora regolare, notando il mio stato pietoso mi guarda con più dolcezza schiudendo le labbra. Mi avvicino alla sua poltrona ancora posizionata di fianco alla finestra e mi siedo con la schiena contro il muro a gambe incrociate, chiudendo gli occhi le lasciando la testa contro la parete   

<< Oh piccola, come stai?>> mi chiede con tono dolce e quasi comprensivo

<< Prossima domanda?>> chiedo senza cambiare posizione ma sento il suo sguardo pressare sulla pelle così decido di spiegarmi meglio << Le mentirei rispondendo sia positivamente che negativamente>> Sento il suo respiro trattenersi per poi lasciarsi andare e lasciandomi perplessa la guardo nei suoi occhi nocciola che mi scrutano attentamente, che mi guardano come se avessero visto il passato e il futuro ma ignari del presente.

<< Prova a spiegarti... come ti senti>> mi incita a parlare 

<<E' quello il problema, riesco solo a percepire delle sensazioni>> nonostante i miei sforzi per aprirmi rimango il più sintetica possibile, lottando contro di me per rimanere anonima e per non farmi coinvolgere in qualcosa che non potrò controllare.

Maggie mi guarda con un sorrisetto e alzandosi a fatica sistemandosi uno schialle di lana sulle spalle mi guarda dall'altro al basso  

<< Vieni con me....>>

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