Parte 25

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Cammino tra i corridoi come se nulla fosse, sono in ritardo? Probabilmente. Ma sono entrato alla seconda ora? Si. Sono in ritardo anche per la seconda ora? Assolutamente. Mi importa? No.
Continuo a camminare fino all'ufficio della preside facendo vagare il dito appoggiato agli armadietti colorati. E' una strana abitudine ma ormai è un vizio. In poco tempo arrivo alla mia destinazione ma la porta è chiusa, dovrò aspettare. Mi siedo sulle sedie disposte fuori, lascio lo zaino ai miei piedi e aspetto. 

Alzo gli occhi al soffitto, bianco, e penso. A tutto, mi chiedo come ho fatto a cambiare in così poco tempo. Avevo un carattere aperto e sereno e ora la mia anima si riduce ad un nero quasi totale, ormai è macchiato anche il mio cuore. E' accaduto tutto troppo velocemente e non me lo so spiegare. 

Urlerei, con le mani nei capelli, calciando tutto. Fa troppo male, come se una mano stritolasse l'organo nel mio petto, privo di vita e di sentimenti capace solo di bruciare e di infliggermi dolore. E' una specie di malinconia: ti viene da piangere ma non piangi, vorresti gridare ma non hai voce. E' qualcosa che vorresti placare, ma non sai come fare. 
Ormai mi disgusto per come sto sbagliando, è questa la più grande mia contraddizione: so cosa sbaglio continuo a sbagliare. Come se fossi in un labirinto con le indicazioni, eppure non riesco a uscire. Mi arrabbio per tutto, con tutti per cose stupide ma sono gli unici momenti nei quali riesco a dimostrare il mio assurdo dolore. 

<< Entra>> dice la voce severa della direttrice. Mi alzo con le mani nelle tasche della felpa e entro come se non mi importasse di nulla.

<< Sono già stata informata del motivo del tuo ritardo ma ciò non toglie che i tuoi atteggiamenti sono irrispettosi. Ricorda che tutti i soldi che puoi possedere non ti garantiscono la permanenza in questa scuola. E ora va in classe>> si sistema gli occhiali arrabbiata mentre la mano tesa versa la porta segna il mio percorso. Mi alzo e chino la testa in saluto per poi chiudere la porta alle mie spalle.
Respiro profondamente.
Mi rimprovero pesantemente.
Ha omesso molti dettagli è vero, ma erano espliciti. Non devo fare così eppure continuo a farlo.
Prendo da terra lo zaino blu scuro, mi strofino le tempie. Troppi pensieri tutti assieme, parole che si ripetono di continuo, gli occhi che mi fissano,  la delusione sui volti. 

Cammino con sguardo vitreo fino a raggiungere il mio armadietto, lo apro e velocemente tiro fuori i vari libri che non mi servono ed estraggo quelli delle materie che farò oggi. Continuo a camminare con lo zaino in mano finchè cerco di sistemarci dentro i libri. Arrivo davanti alla mia aula e prima di alzare lo sguardo riesco finalmente a chiudere la cerniera e mettermi su una spalla la cartella. Soddisfatto alzo lo sguardo verso la classe che mi fissa immobile, lo sguardo della professoressa che sorride compiaciuta. Guardo Shannon che sposta ripetutamente lo sguardo verso sinistra e non è l'unica. Tutti in classe sembrano spaventati come se fra alcuni secondi potessi esplodere, sposto lo sguardo dove anche la professoressa punta.

Una ragazza
E' seduta al mio banco 
Al mio posto
Nessuno si siede più con me 
Non mi conosce 
Eppure, anche se sta guardando fuori mi sembra famigliare


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