Parte 7

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<<Gabriella muoviti con quelle valige farai tardi >> mi richiama per la centesima volta mia mamma.
<<Arrivo arrivo>> dico sbuffando e infilandomi il mio amato maglione bordeaux.
Scendo velocemente le scale e il rimbombo degli anfibi neri che ho messo si propaga nella stanza. Apro la porta e prima di uscire mi guardo attorno per l'ultima volta per quasi tre mesi. Scruto i corridoi, le scale, la cucina e le varie stanze nella quale sono cresciuta e vissuta per ben sedici anni. Chiudo la porta e giro la chiave fino a sentire due schiocchi e poi le estraggo passandole a mia madre.
Salgo in macchina e guardo il paesaggio passare veloce e in esso rivedo tutto il tempo passato qui: rivedo le uscite serali con le mie amiche, gli scherzi, le risate, ricordo dei primi giorni di scuola, della mia felicità e del vuoto. Del vuoto che è comparso dentro di me un giorno e che non mi abbandona, quel vuoto che partendo voglio dimenticare.
Inizio a ricordarmi degli ultimi giorni passati qui, alla fine lo ho detto almeno a lui. A quello per il quale sono stata una grande amica, mi ha sorriso e dopo avermi abbracciato mi ha confessato che gli sarei mancata. In quel momento ho sorriso, sinceramente, e sembra essersene accorto. Mi ha detto che sono stata una grande amica, una grande consigliera, che sono stata vicino a chiunque senza chiedere nulla in cambio e non solo per lui ma per tutti. Ha detto che ha provato a essere un grande amico per me ma non ci riusciva, sapeva che non riuscivo a essere me stessa. Infine mi ha augurato di trovare qualcuno simile a me, che mi capisca fino in fondo e con la quale riesca a essere me, lo ringrazio per aver provato ad esserci. 

Arriviamo all'aeroporto in mezz'ora e inzio a salutare la mia famiglia.
Le mie sorelle sono tristi, la più piccolina piange mentre l'altra è felice per me. Mia mamma piange per la commozione mentre mio padre si trattiene.
<<Starò bene>> dico solamente sorridendo con le lacrime agli occhi. 

Più di quanto sto bene qui adesso...    
Non piango per la tristezza, non so nemmeno perchè i miei occhi producano lacrime in questo momento, penso sia perchè vedere qualcuno che piange mi contagia, sono sempre stata molto sensibile da questo punto di vista.
Mia mamma mi presenta una ragazza sulla ventina che ha come ruolo di assicurarsi che salga sull'aereo e di condurmi ai vari controlli, sono obbligatorie se si imbarca una minorenne senza adulti.
Saluto un ultima volta ma mia famiglia e passo ai controlli guidata dalla ragazza castana. Le valige vengono messe su un nastro trasportatore e vengono passate dentro una specie di scatola metallica che le sottopone ad un controllo a raggi X. Invece io passo sotto a un rilevatore di metallo e siccome non possiedo niente di magnetico passo velocemente i controlli.

Eleonora,  una semplice ragazza sulla ventina e figlia di un'amica di mia madre,   mi accompagna fino a una grande sala dove i muri che danno sull'esterno sono sostituiti da enormi vetrate dalle quali è possibile vedere i vari voli partire. Varie file di sedie sono disposte ordinatamente mentre su dei pannelli elettronici sono scritti i voli. La ragazza mi conduce vicino uno di questi e indicandomi una delle file con i voli

<<Questo è il tuo volo, partirai tra mezz'ora. Il volo durerà due ore, atterrerai per le sette all' London Airport Transfer>> afferma mantenendo il suo sorriso bianco e luminoso.
Molti al mio posto la avrebbero contraddetta, se fossi partita alle sei sarei atterrata alle otto, secondo il nostro orario.
Questa era la cosa che più mi elettrizzava di andare in Inghilterra: L'ora inglese era di sessanta minuti indietro rispetto a quella italiana. In tutto il mondo i vari orari creavano molto caos all'interno delle menti dei viaggiatori quasi quanto la curiosità che li spingeva in quei paesi esteri.
Tutto questo mi affascina particolarmente, pensare che finché io sono qui, in piedi, a godermi il tardo pomeriggio, qualcuno dall'altra parte del globo è in piena notte o alle prime luci dell'alba.

<<Salirai con me sull'aereo?>> questa domanda risuonava nella mia testa da quando mi avevano presentato Eleonora.
<<No, mi dispiace. Ti accompagnerò fino all'imbarco poi sarai sola>> mi rispose nel mentre ci sedavamo su due sedie.

Avevo scelto, a parer mio, un posto bellissimo. Il freddo sole d'ottobre entrava dalle enormi vetrate e si posava delicatamente sulle superfici che incontrava. Si vedeva il cielo tingersi con i caldi colori del tramonto, che facendo scomparire l'azzurro mattutino lasciando spazio al giallo e al rosso con tutte le loro sfumature. Era uno spettacolo meraviglioso, il cielo era quasi completamente limpido se non fosse stato per qualche piccola nuvola, qua e là, che riprendeva le calde tonalità. Gli alberi, ormai spogli, perdevano le ultime foglie che venivano trasportate dal vento e si appoggiavano al suolo creando un tappeto che lasciava intravedere l'erba. Molte foglie venivano trascinate dalla brezza autunnale nelle piste asfaltate degli aerei.
Incantata a vedere quello spettacolo il tempo passò veloce e prima che potessi rendermene conto ero in coda per salire su quell' aereo che mi avrebbe portato via dal mio mondo.

Salutai Eleonora un ultima volta e la guardai sparire tra la folla di persone che riempiva il grande aeroporto. La fila procedeva a rilento e dopo cinque buoni minuti arrivai davanti la donna sulla quarantina che dopo aver controllato la carta d'imbarco mi augurò buon viaggio.
Segui due signori davanti a me fino all' esterno e ai piedi di un grande aereo bianco dalle striature laterali blu. Trascinando le mie due valige feci molta fatica ad arrivare in cima alla scalinata mobile. Gli ultimi gradini erano i più difficili, ero intenta a guardare e a maneggiare goffamente le mie valige che una voce proveniente da bordo dell'aereo mi disse

<<Oh cielo, aspetta! Ti aiuto!>>

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