Parte 34

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 «Gabriella, oggi ti porto io a scuola» afferma zio Albert mentre finisco la colazione. 
«Come mai? Di solito di mattina devi sempre fare le tue "commissioni"» chiedo confusa, ma osservando il suo sguardo divertito realizzo: «Ohh! Ora capisco: la tua commissione era di portare i ragazzi a scuola!». 
«I signorini hanno richiesto che tu venissi a scuola con loro. Da oggi non devi più prendere l'autobus» mi informa mentre guarda l'orologio da tasca: «Ora dobbiamo andare. Finisci di mangiare e prendi il tuo zaino; ti aspetto all'entrata principale». 
Annuisco finendo di sorseggiare il te caldo mentre mio zio esce con il mazzo di chiavi in mano. Sono contrastata dai miei stessi pensieri: da un lato non dover prendere più l'autobus per andare a scuola mi solleva: niente rischi di ritardo, ritardi o ulteriori problemi; dall'altro penso che sia sbagliato. 

Dopo poco raccolgo il mio zaino e mi avvio velocemente, uscendo dalla cucina, verso l'ingresso principale.
Schiudo la bocca quando noto la limousine parcheggiata: nera e corta uguale a quelle che accompagnano gli altri ragazzi della scuola. Mentre mi avvicino mi domando come mai mi stupisco ancora, non dovrei essere sorpresa delle molteplici cose che i Richardson possiedono. 

Adam, Colin e Miles salgono sull'auto mentre mio zio gli tiene aperta la portiera. Gli osservo uno ad uno notando la diversità nel vestire tra i primi due ed il terzo. 

«Eccoti! Ti stavamo aspettando» mi saluta allegro Miles dopo avermi notato: «Entra» mi incoraggia galante facendomi salire prima di lui. Adam e Colin sono seduti sui lati opposti mentre io e Miles restiamo sui sedili dritti.

La pelle grigia delle sedute fa contrasto con il pavimento dell'auto ricoperto da una moquette nera, parte dell'illuminazione deriva dalla luce fredda esterna che si affievolisce una volta penetrati i vetri oscurati mentre il resto viene dalle luci interne accese.

«Hai dormito bene nella nuova camera?» domanda Colin dopo avermi salutato. 
«Si, molto» rispondo annuendo sorridente pensando all'enorme camera, finchè un ricordo di ieri mi passa per la mente rammentandomi la mia precedente promessa di rimproverarli: «Ma non dovevate farmi portare le valigie in camera da Clara». 
 «Io ti stavo facendo vedere la casa» di difende Miles prima che gli chieda qualcosa. E visto che il suo alibi regge passo a guardare sospettosa Adam subito che afferma: «E' stata lei a fare tutto»,
«Abbiamo cercato di fermarla» continua Colin alzando le mani in segno di difesa al mio sguardo dubbioso. 
«Si ovviamente» rispondo sarcastica: «Scommetto che gli avete detto "Nono, fa da sola"».
«Va bene, forse non abbiamo cercato di fermarla...» dice Colin,
«Forse?» domando dubbiosa ottenendo in risposta da lui: «D'accordo. Non abbiamo cercato di fermarla».    
Rido tra me e me e in seguito anche gli altri per poi far iniziare una conversazione tra di loro mentre mi perdo a guardare fuori dal finestrino con la testa appoggiata allo schienale, con un leggero sorriso volto e la mente stranamente vuota.

«Siamo arrivati» mi informa Miles dopo avermi sfiorato il braccio con la mano.
I suoi gesti sono tutti così delicati: come se avesse paura, paura di toccarmi o ferirmi col suo tocco; mi capita di pensare che faccia così per non attaccarsi emotivamente a me nel momento in cui potrebbe affezionarsi. Ma non c'è certezza con lui se non si apre e se non mi lascia guardare dentro. 

«Si, grazie» rispondo intervallando le parole con il silenzio indecisa su cosa dire. Esco dalla portiera già aperta per ultima e, dopo averla chiusa, affianco Miles mentre ci addentriamo nella scuola. Rivolgo un cenno a Adam e Colin che si avviano su per le scale raggiungendo il secondo piano della scuola. Era per questo che non gli avevo mai notati.

 «Come fai a non dargli peso?» mi domanda mentre camminiamo Miles.
«A cosa?» chiedo non capendo la sua domanda,
«A tutti» mi risponde fermandosi una volta giunti al suo armadietto, il suo sguardo si immerge nel mio: «Ti guardano tutti». 
Le sue parole mi aprono una visione su di lui che avevo solo immaginato, quella sua domanda non si riferisce ai continui sguardi su di me ma a quelli su di lui. Non mi era mai importato, da quando sono qui, degli sguardi che avrei ottenuto dalla gente lo ho sempre saputo che mi avrebbero guardata storto poichè non sono un membro di questa alta società. Eppure lui ne soffre, lui che ne ha sempre fatto parte. 

«Le persone notano e osservano solo chi non è uguale a loro. Lo hanno sempre fatto e sempre lo faranno. Non mi condanno a essere come loro solo per paura di essere me stessa» le mie parole lo colpiscono, lo stupiscono, schiude la bocca non sapendo cosa dire perchè ho appena letto tra quelle righe che continua creare ma che nessuno intravede. Ed ora non rimane che il silenzio, aggiungere delle parole sarebbe inutile e continuare il discorso, qui, impossibile. 


Sorride in fine, un sorriso che dentro cela tutte le domande e i sentimenti che prova e che vorrebbe esprimere: «Andiamo in classe». 

°

«Allora, abbiamo sentito che oggi sei venuta in limousine?» mi chiede Margharet mangiando il panino. 
«Oh, si si. E' della famiglia di Miles» spiego non stupendomi che lo sappia, le notizie che hanno a che fare con Miles in questa scuola vengono divulgate velocemente.
Eleonor inizia a tossire dopo che un pezzo di merenda le va di traverso attirando la mia attenzione: «Tutto a posto?» ottengo da lei una risposta positiva che non mi convince e non so se è perchè sono amica di Miles che ha avuto questa reazione ma con tutto quello che è successo non mi stupirei se ci fosse altro sotto. 

«Bene, noi dobbiamo andare. Gabriella ci vediamo dopo nello studio» Margharet afferma prendendo Eleonor sotto braccio ed allontanandosi senza che aggiunga altro. 
Sola in mezzo al corridoio mi domando cosa fare. Senza accorgermene le idee prendono il sopravvento e mi ritrovo a salire le scale diretta verso le aule degli studenti di quarta e quinta. 

  «Ma guarda dove vai!» mi urla una ragazza dopo che ha sbattuto la spalla sulla mia: «Oh, ma sei tu! Gabriella, la ragazza nuova». 
La voce conferma l'identità che avevo immaginato percorrendo con lo sguardo il suo corpo dalla punta delle pregiate Mary Jane al cappottino di Prada e dalla Louis Vuitton originale, Sharon mi guarda con fare superiore da alcuni gradini sopra di me: «Non voglio sapere cosa hai dovuto fare per venire in macchina con il mio Richardson. Ma mi interesso invece se porti delle modifiche nel mio territorio, quindi, Giovedì ci sono le audizioni delle Cheerleader vieni da noi invece che perdere tempo nella danza che fate nella vecchia aula»

«Cosa ti fa credere che voglio farne parte?» chiedo senza paura mentre lei scende le scale, Sharon senza voltarsi mi risponde:«Dal momento che non hai scelta».      

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