Parte 27

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<<Dicono di starli lontano>> uno dei tanti sussurri che ero riuscita a sentire, questa volta era una ragazza della classe dall'aspetto paffuto e dolce, trucco e vestiti di marca la dipingevano superficiale e arrogante. 
Ero da qualche giorno in questa scuola, eppure di sussurri di corridoio ne avevo sentiti diversi ma tutti discriminatori e da quello che capivo contro una persona comune. E anche adesso, seduta ad aspettare che finisse l'intervallo quel piccolo sussurro mi era giunto alle orecchie.
Mi giro completamente saltando con lo sguardo la figura del ragazzo intento a scarabocchiare su un foglio. Osservo le due ragazze finchè parlano e un altro sussurro giunge fino da me.

<< Ma aveva una vita perfetta>> dice sottovoce l'altra ragazza all'amica paffuta. 
Involontariamente sposto lo sguardo su Miles, la sua presa sulla matita si fa più forte finchè la punta non si spezza. La lancia con furia sul banco facendola rimbalzare a terra attirando l'attenzione e le parole di tutti, cala il silenzio brevemente interrotto dal suono metallico della campanella e tutti si spostano più vicino possibile al muro di fondo. Il ragazzo non li degna di uno sguardo e lascia la classe con velocità. 

Guardo tutto a occhi aperti capendo solamente che un nuovo puntino si è aggiunto nella mia testa. Tutti iniziano a sussurrare e io rimango allibita: nessuno lo segue, nessuno sembra preoccuparsi di come stia ora. Guardo il suo banco e precisamente il foglio sul quale stava scrivendo prima sorrido vedendo cosa raffigura, ridacchio amaramente guadagnandomi gli sguardi arroganti dei membri della classe. Li guardo per pochi secondi schifata per poi correre fuori dalla classe.
Per poco non mi scontro con la professoressa che seguiva con lo sguardo mi scuso velocemente e corro verro il ragazzo che se ne va a passo svelto in direzione delle palestre. Spinge con forza la porta bianca e facendola sbattere dietro di se.  Raggiungo quel punto dopo una decina di secondi e aprendo l'ingresso rivelo il semplice corridoio vuoto.
Alterno lo sguardo tra destra e sinistra indecisa, mordicchiando il labbro. Un rumore improvviso, proveniente da una delle porte sulla sinistra mi fa capire dove ora si trova Miles. Corro in quella direzione fermandomi sulla porta, il mio sguardo si ferma e si addolcisce sulla figura. 

Una strana sensazione di errore si fa viva in me, come se avessi sbagliato tutto e una nuova sensazione di solitudine. Dolorosa e orribile. So bene che non appartiene a me ma sono solo un paio delle emozioni che sta affrontando il ragazzo.
Seduto sulla panca davanti al pianoforte, in questa aula di musica, con i gomiti sulle gambe e la testa tra le mani. Il respiro pesante che emana riempe la sala. Guardo attentamente, ma non con uno sguardo di pietà, compassione o con superiorità ma lo guardo senza emozioni mie. Lo guardo, punto.

Estraggo il foglio che avevo ripiegato nella tasca e sorrido riguardandolo. Mi avvicino. I suoni dei miei passi riecheggiano catturando la sua attenzione. Mi guarda sorpreso mentre i suoi occhi vagano su di me in cerca di una spiegazione. Mi avvicino e mi siedo al suo fianco guardando il pavimento con la testa leggermente inclinata. Sento il suo sguardo su di me, trattenendo la lingua tra i denti e mi giro fissandolo negli occhi: così buoi e così incasinati, che cercano sostegno, cercano speranza. 

Sorrido vedendo che è molto confuso dalla mia presenza ma nonostante questo ricambia il gesto. Tolgo lo sguardo dalle sue labbra appena incurvate e mi rigiro fissando di nuovo un punto sul pavimento.
<< E' un bel pavimento>> sussurra dopo qualche minuto Miles. Ridacchio leggermente guardando con la coda dell'occhio.
<< Mi è sempre piaciuto il palchè>> dico io fissando il legno chiaro. Il ragazzo ridacchia leggermente facendo uscire il suono della sua voce.
<< Perchè sei qui?>> mi chiede quando il silenzio ricade, lo guardo negli occhi cercando di capire quale sia la conclusione di questa domanda << Non mi conosci, eppure sei venuta qui>> cerca di spiegarsi mentre il suo animo torna a incupirsi <<Nessuno lo fa mai, tutti quelli che conosco mi allontanano>>

<< Forse perchè non ti conosco>> dico alzando gli occhi in alto, sembra deluso dalla mia risposta perciò continuo << Oppure perchè voglio capire e non giudicarti attraverso voci di corridoio>>
il suo sguardo si fa sorpreso finchè io continuo a parlare << E solo perchè gli altri non lo fanno non vuol dire che sia sbagliato>> concludo alzandomi dalla panca nera e girandomi lascio il foglio ripiegato nelle mie mani sul pianoforte alle nostre spalle 

<< Le persone ci trasformano in quello che non siamo>> dico infine uscendo dalla porta, gli sorrido un ultima volta per poi scomparire dietro la porta. Apro la porta bianca ma un pensiero mi attraversa la mente, una curiosità irrinunciabile. Silenziosamente torno in dietro e sbircio che sta facendo ora Miles. E' girato, che fissa il foglio con un sorriso doloroso sul volto 

<<Ha ragione>> lo sento sussurrare

° 

<< Nessuno ha fatto quello che hai fatto tu>> mi ferma la professoressa prima di uscire dall'aula << Come scusi?>>
<< E' ritornato in classe dopo dieci minuti che è uscito, per quanto so io, hai fatto un miracolo>> si complimenta con me la professoressa di matematica lasciandomi lì sulla soglia della classe guardando Miles
<< Ha solo bisogno di qualcuno>> sussurro tra me e me <<Miles>> lo richiamo a voce alta, si volta verso di me e si alza venendo nella mia direzione con lo zaino in spalla << Dove devo prendere i libri di testo?>>
<<Vieni ti accompagno>>

Lungo i corridoi iniziamo a parlare contro gli sguardi degli altri studenti.

<< Così sei italiana?>> mi chiede
<< Già, al cento per cento>> dico ridacchiando
<< E ti piace l'Inghilterra?>>mi domanda ulteriormente
<< Certamente! Anche se in realtà ho visto davvero poco, ma ho capito che avete un senso dell'umorismo molto diverso>> dico annuendo con la testa 
<<Come scusa ?>> mi chiede fingendosi offeso 
<< E' vero!>> i ricordi con Adam e Colin riaffiorano nella mia mente << Siete strani!>>
Miles scoppia a ridere, una bellissima risata.

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