Qualche mese prima..Celine imprecò contro sua sorella maggiore per averla costretta a compiere quelle maledette commissioni dopo scuola: secondo lei, era qualcosa che sua sorella avrebbe potuto sbrigare da sè.
Paulo Dybala osservò la ragazza che sembrava avere diciotto anni, all'incirca – non poteva averne in ogni caso di più di quelli che lui credeva.
Era molto matura, fisicamente e non, una maturità che la faceva emergere rispetto alle altre sue coetanee sedicenni. Le curve del suo corpo lo lasciavo ben intuire.
Aveva i capelli lunghi d'un castano intenso e i piccoli boccoli che aveva deciso di acconciare quella stessa mattina le ricadevano appena sopra la vita.Le sue labbra – oh le sue labbra – erano carnose e tinte di un rosso rosato. E i suoi occhi, i suoi grandi occhi marroni: Paulo li trovava intriganti e così difficili da leggere.
Celine indossava la sua solita uniforme scolastica, una di quelle che vestono tentando di nascondere ogni lembo di pelle. Che se anche lei avesse voluto sembrare più adulta, non ci sarebbe riuscita, e tutto a causa di quell'orribile uniforme che era costretta a portare.
"Dove sono i tuoi genitori?" Paulo lasciò spazio nel suo volto ad un ampio sorrisetto ammiccante, porgendole frattanto la confezione di cereali che lei aveva cercato per tutto il tempo di afferrare, disperatamente.
Lei ignorò le sue parole, afferrando rapidamente la scatola dalle sue mani, "A cosa devo la tua espressione?" Domandò seccata.
Lui le sorrise ora più innocentemente. Il suo accento aveva un che di spagnolo, spagnolo del Sud America, senza dubbio. Appena più marcato del suo quando era arrivato per la prima volta in Italia,
"Quale espressione?" Si difese senza senza malizia per poi insistere, "Dove sono i tuoi genitori?"
Celine spalancò gli occhi sorpresa dall'accento ispanico di lui, argentino precisamente, "Non è certo qualcosa che ti riguarda".
Poi aggiunse, sbuffando sarcastica nella sua lingua madre, "In ogni caso, gracias". Fece riferimento al suo gesto di cortesia di poco prima e gettò la confezione di cereali nel carrello, proseguendo con la sua commissione e lasciandosi alle spalle il ragazzo.
Paulo rimase dietro di lei, la coda per arrivare alla cassa sembrava infinita. Celine, dal canto suo, mentre si voltava distrattamente guardandosi attorno, finì con il ritrovare il suo sguardo ancora una volta fisso su di lei, "Mi stai importunando". Concluse e Paulo alzò gli occhi al cielo per un istante.
"No". Rispose l'argentino, "Non dovresti essere a scuola?" Guardò gli indumenti cui aveva fatto cenno.
Il pullover celeste con un audace scollo a v nascondeva una normale camicia bianca piuttosto accollata che spuntava fuori dall'orlo, abbinandosi alle calze dello stesso colore. Queste gli arrivavano fin sopra le ginocchia calzando perfettamente le gambe toniche, sulle quali ricadeva invece una gonna piatta e nera. Ai piedi, infine, portava solamente delle semplici clarks del medesimo colore.
Celine fu impegnata per qualche secondo con un boccolo che si era posto disordinatamente sul viso, prima di scrollare le spalle riluttante, "Fai troppe domande". Il suo accento colombiano suonò come una melodia, "Non ti conosco nemmeno".
"Paulo". E così dicendo lui lanciò un'occhiata ai vari articoli che Celine stava ora tirando fuori dal carrello – una confezione di cereali, fragole, banane, un pacco di cingomme. Imbarazzato, notò anche una inaspettata scatola di profilattici appoggiata sopra una rivista per ragazzine.
"Dios". Borbottò lei levandola da lì, "Questi non sono miei". Percepì le guance colorarsi sempre di più.
Celine spostò l'attenzione da lui per pagare, quando realizzò di avere dimenticato il portafoglio. Emise un gemito di lamento, chinandosi allora più vicina al commesso che non sembrava essere tanto più grande di lei.
Le sue labbra si avvicinarono prontamente all'orecchio di lui, cominciando a sussurrare sensualmente parole non molto opportune, considerata la situazione.
E mentre un sorriso compiaciuto spuntò sul viso del ragazzo, Paulo si intromise subito, alquanto infastidito da quella situazione, "Pago io".
Celine si scostò lasciandosi fuggire un sorriso, "Non devi".
Paulo lo fece comunque, sfilando il suo portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni e porgendo le banconote necessarie al ragazzo, "Non importa, va bene",
"Come ti chiami?" Domandò camminandole affianco."Celine". Sorrise lei.
"Hermosa" Paulo ghignò appena vide le guance di lei accendersi.
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red lips - paulo dybala
FanfictionLe sue labbra erano una tentazione, e lui le bramava più di ogni altra cosa. (paulo dybala)