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Celine si stropicciò gli occhi e grugnì, spingendo via le lenzuola dal proprio corpo. L'aria fredda della stanza la fece immediatamente rabbrividire, mentre i colpi che avevano interrotto il suo sonno continuavano a battere imperterriti. Erano insistenti e sembrano aumentare sempre di più. Celine roteò gli occhi, non erano neppure passate le nove di mattina e sicuramente non era felice di essere stata svegliata così presto durante il fine settimana.
Rivolgendo un'occhiata alla figlia, ancora addormentata, che ora aveva preso le coperte tutte per sé, sorrise e si infilò le pantofole. I colpi però continuavano e iniziavano ad essere accompagnati da nervose imprecazioni. Dopo essersi risistemata lo chignon, aprì finalmente la porte rivelando dietro di essa la figura di nient'altro che il suo vecchio amante.
Il suo volto rimase impassibile, ma il suo cuore stava per sfondarle il petto. Cercò invano di chiudergli la porta in faccia, perché il piede di Paulo, vestito da una delle sue solite Nike, la ostacolò prima che di fatto si potesse muovere. Celine lo guardò, decidendosi poi a farlo entrare. La fronte di lui era ancora coperta dal sudore dell'allenamento che doveva avere da poco concluso – e della corsa che aveva fatto da casa sua fino all'ufficio dei suoi avvocati.
"Che diavolo ci fai qui?" Sibilò lei, fremendo dalla rabbia. Non riusciva credere che lui avesse avuto il coraggio di farsi vivo, probabilmente per entrare nella vita di Salomé – come se a lei non avesse affatto rotto il cuore in un milione di pezzi.
Paulo rimase in silenzio. I suoi occhi verdi mostravano un misto tra rabbia e confusione. Tuttavia, una cosa la fece, allungò il braccio e le porse dei documenti che lei non avrebbe mai voluto vedere. Si trattava della convocazione di un'udienza in tribunale, insieme ad altre carte per il test di paternità a cui avrebbe dovuto sottoporre Salomé. L'italiano di Celine poteva essere arrugginito, ma lei sarebbe comunque riuscita a difendere se stessa e sicuramente capiva quanto dietro tutto quello ci fosse proprio Paulo.
"Chi ti credi di essere?" Domandò, accartocciando i fogli per poi gettarli a terra verso di lui, "Non hai alcun diritto!"
"E tu non avevi alcun diritto di portare mia figlia via da me!" Le rispose a tono. Era furioso con lei per avergli fatto una cosa del genere. Il frutto del loro amore, la piccola bambina in cui scorreva il suo stesso sangue, "Potrei chiederti la stessa cosa, chi ti credi di essere?"
Celine rise, alzando gli occhi al cielo. Non aveva alcun diritto di ripiombare in quel modo nella sua vita e pretendere cose che senza dubbio non gli spettavano, "Non è tua figlia!" Gli gridò contro, mentendo, "Puoi risparmiarti il giro in tribunale e questa stupida idea di pretendere il test di paternità su mia figlia."
Paulo scosse la testa. Sapeva fosse una menzogna. Sapeva che Salomé fosse sua. Qualcosa nel suo cuore gli diceva così, "Le date sono scritte qui." Si chinò a terra solamente per riprendere in mano i fogli ormai rovinati e allungarglieli, "Puoi scegliere di presentarti oppure no. Non posso costringerti, ma Salomé non lascerà l'Italia. Non senza il mio consenso."
Celine rise ancora, palesemente sarcastica, "Lottare per una figlia che non è tua non ti porterà da nessuna parte."
"Portarmi via mia figlia non ha portato da nessuna parte nemmeno te." Proferì. Quindi, se ne andò, lasciandola da sola sulla porta, con un paio di fogli accartocciati tra le mani.
Dopo un'infinità di minuti, Celine sbatté la porta frustrata. Era sicura che persino i vicini avessero sentito il tonfo. Avrebbe dovuto aver ascoltato Luca ed essere rimasta a Madrid, dove sapeva che Paulo non sarebbe mai tornato a reclamare i suoi diritti legali di paternità.
Si sedette, abbandonando la testa fra le mani e scoppiando in un pianto disperato. Non sarebbe riuscita a vincere una battaglia che aveva già perso molto tempo prima. Ma era comunque troppo orgogliosa per lasciarlo vincere senza prima combattere. Serena si mosse nel sonno, aveva sentito dei singhiozzi sommessi provenire da qualche parte ed era sicura non fossero quelli della piccola sdraiata di fianco a lei.
Scendendo lentamente le scale, si strinse attorno al corpo la vestaglia. La vista di una Celine tremendamente abbattuta la accolse tristemente. Quella scena, che aveva avuto modo di vedere molte volte negli ultimi anni, le faceva tremare le ginocchia, per non parlare di quanto impotente si sentisse. Qualcosa di inusuale da quanto era diventata un affermato avvocato.
Corse subito ad abbracciare la sorella. Celine, però, era inconsolabile. Le sembrava la fine del mondo, tutto quello, e non sapeva come sarebbe riuscita ad affrontarla, "Celine." Parlò Serena, "Che succede?"
"Vuole portarmela via." Pianse, guardando dopo un po' la sorella, la cui espressione era più che mai preoccupata, "Porterà Salomé via da me."
Serena era confusa. Non capiva cosa avesse sconvolto così tanto la sorella, finché lei non le mostrò quei maledetti documenti. Si prese qualche istante per leggerli, era un appuntamento per un test di paternità.
"Oh, tesoro." La ventinovenne disse finalmente. Celine era incontrollabile. Non sapeva più se le lacrime che stava versando dipendessero dalla rabbia o dal suo sentirsi inerme. L'unica cosa certa era il fatto che fosse del tutto impotente, e che avesse bisogno di aiuto.
"Non posso lasciarlo vincere." Si alzò d'un tratto in piedi, "Me la porterà via e-"
"Dovrai affrontare tutto questo." La interruppe Serena. Sapeva che se avesse cercato di fuggire, avrebbe solo gettato altra benzina sul fuoco, "Perderai comunque."
"Serena, non posso lasc-"
"Smettila!" Serena alzò la voce, "Non sei più una bambina." Celine tacque e rimase ad ascoltarla.
"Se provi a scappare, Paulo otterrà la piena custodia e tu finirai in carcere per aver tentato di rapire la tua stessa figlia." Continuò. Celine sapeva bene che in ogni caso avrebbe perso, ma non voleva ammetterlo, "Lo affronterai. Porta Salomé a fare il test, poi vai in tribunale e nel peggiore dei casi avrete l'affidamento congiunto."
Celine sospirò. Non poteva sopportare il pensiero di perdere l'unica ragione di pace e serenità della sua vita, "Serena, ci deve essere un altro modo." Cercava di trovare un'alternativa, ma tutte le strade la portavano a lui.
"Celine, quella è anche la possibilità migliore." Ragionò, "Gli hai nascosto sua figlia. Immagina quanto arrabbiato e ferito debba essere, prova a metterti nei suoi panni."
Celine sorrise amaramente. Era troppo orgogliosa per distruggere i muri che si era costruita, "Stai dalla sua parte ora?" Mormorò lasciandosi cadere rabbiosamente sul divano, "Sei mia sorella!"
"E sono anche il tuo avvocato!" Gridò in risposta. Celine doveva togliersi qualunque benda stesse indossando e aprire gli occhi. Doveva rendersi conto che in ogni caso avrebbe perso, "Smettila di essere così infantile e apri gli occhi. Come sorella, capisco quanto tu fossi arrabbiata per il tradimento. Come avvocato, non approvo la scelta di averlo privato dei suoi diritti per uno stupido tradimento! Aveva tutto il diritto di sapere!"
Celine chiuse gli occhi. Il suo mondo stava lentamente cadendo a pezzi e tutto perchè aveva decise di tornare a Torino.
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Eccoci, cosa pensate di questo capitolo? Finalmente Paulino si è fatto avanti, non nel modo sperato, comunque.
Continuo a 110 ⭐️ e qualche commento.
a presto,
besos
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red lips - paulo dybala
FanfictionLe sue labbra erano una tentazione, e lui le bramava più di ogni altra cosa. (paulo dybala)