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Tutto quello che Celine sapeva era che alla fine del giorno il suo cuore avrebbe fatto ciò che voleva. Non avrebbe seguito alcuna regola, non si sarebbe fatto comandare da niente e nessuno, non avrebbe sentito ragioni.
Forse è vero, forse dovresti – forse tutti noi dovremmo seguire il nostro cuore. Lui che ci conduce verso le persone che davvero desideriamo e amiamo.
Tutto quello che Celine sapeva, alla fine del giorno, era che nonostante la testa le dicesse il contrario, il suo cuore apparteneva solo e unicamente a Paulo.E c'era silenzio nel suo cuore, silenzio perché anche il rumore aspettava che quel vuoto fosse riempito. Pensava Celine: quante persone sono state così fortunate da essere amate, da me? Nessuna. Nessuna tranne lui. E lui, ridicolo, pensava lo stesso di lei.
L'unica persona capace allora di colmare la voragine che quei due condividevano, era loro figlia. La piccola bambina dal sorriso smagliante e dai graziosi occhi verdi. L'unico pezzo di congiunzione fra i due, che rimanevano ancorati in quella zona di mezzo, fatta di parole taciute e incertezza. Che cosa sarebbe successo dopo? Sarebbero tornati insieme come il destino aveva già programmato, o avrebbero semplicemente intrapreso il sentiero che avrebbe condotto i loro cuori da qualcun altro?
Celine emise un sospiro, dopo aver appena terminato una stressante chiamata con il direttore di Vogue España. Non sarebbe ritornata in quel posto, perciò aveva dovuto spiegare la situazione e lui non aveva avuto altra scelta che trovarle lavoro in qualche altra rivista, in Italia però. Quindi, le era venuto in mente Luca. Lui avrebbe atteso il suo ritorno a Madrid quella settimana stessa. Corrugò la fronte, l'uomo che le era stato affianco per tutto il tempo nel crescere Salomé sembrava solo un ricordo vago e lontano. Abbassò lo sguardo sul telefono, mordendosi l'interno della guancia. Le dita digitarono velocemente il suo numero mentre ancora si chiedeva se chiamarlo o meno.
Uno squillo, due, al terzo finalmente ebbe modo di sentire la sua voce roca. Un sorriso le illuminò prontamente il volto, non appena udì una voce così familiare, "Luquita!" Lo salutò di buon umore, "Non riesco neanche a spiegare quanto sono felice di sentirti." E Luca Zidane si sdraiò su un fianco, nel letto, dall'altra parte dell'Europa, premendo il telefono all'orecchio.
"Finalmente ho tue notizie." Ridacchiò, sedendosi e schiacciando la schiena sulla testiera di legno, "Come vanno le cose lì? Come sta la mia piccola?"
E il sorriso, così com'era arrivato, le scomparve dal volto. Premette saldamente le labbra insieme, "Ha incontrato suo padre." Disse pacatamente. Ci fu un silenzio momentaneo. Luca sorrise, ricordava ancora tutte le volte che Salomé si era seduta sul suo grembo confessandogli quanto desiderasse avere un papà.
"Come stai?" Chiese soltanto, poco dopo. Era felicissimo di sapere che finalmente quel desiderio era stato realizzato, ma allo stesso tempo avrebbe voluto essere vicino alla sua amica – e non a migliaia di chilometri di distanza – per stringerla in un abbraccio.
Celine sospirò, "Tutto bene, più o meno." Rise, ma con un po' di amarezza, "È riapparso nella mia vita e ora sono tornata al punto di partenza." Poi prese a singhiozzare e Luca si sentì male per lei, "Lui.. Io non lo so, non riesco nemmeno ad odiarlo-"
"Parli sempre così bene di lui." La interruppe d'un tratto, "Perché lo fai? Sembra faccia chissà che cosa per te, quando invece ti ha solo distrutta, e pure tanto! Devi ancora rimettere a posto dei pezzi e lo sai. Ma perché?"
Lei rise fra le lacrime, dandogli ragione, "È così che funziona l'amore," Gli rivelò, "Gliela fai passare liscia un sacco di volte, anche se non dovresti."
Luca la ascoltò rassegnato, "E allora vai." E non avrebbe voluto dire altro, ma al contrario aggiunse una frase che aveva avuto modo di leggere in qualche social media e che gli sembrava particolarmente adatta al contesto, "Dicono che una volta che si è stabilita una profonda connessione tra due persone, c'è come un laccio che le lega assieme e che le tiene sempre unite, anche quando si allontanano. Anzi le riavvicina, ogni volta. Nessuna distanza può dividerli davvero, o fargli scordare dei momenti trascorsi insieme. Il desiderio, anzi, rimane lì, a gridargli contro che vale la pena incontrarsi ancora, sforzarsi di farlo, unirsi ancora e ridiventare un tutt'uno."
"Quand'è che sei diventato così saggio?" Ironizzò lei, allentando la tensione.
Paulo stava muovendo le sopracciglia su e giù buffamente, cercando a tutti i costi di far ridere la figlia, "Non puoi farlo!" Lo avvertì Salomé, stando attenta a non sbattere le palpebre. "Stai barando!" E Paulo lo fece ancora una volta, facendole strizzare gli occhi. Lei grugnì seccata, accusandolo nuovamente di stare barando.
"Quando posso incontrare la nonna, la tua mamma?" Domandò cambiando discorso la bambina, ficcandosi frattanto in bocca un cucchiaio pieno zeppo di cereali al cioccolato.
Paulo sorrise, Alicia – come Salomé – non vedeva l'ora di incontrare la sua più piccola nipotina e come lei anche il resto della famiglia. E fra le varie domande che avevano rivolto a Paulo, in quei giorni, ce n'era stata una azzardata riguardo un possibile incontro con Celine, "Il prossimo sabato, e – ti ricordi la sorpresa che avevo per te?" Salomé annuì eccitata, osservando il padre scomparire, per riapparire poco dopo con in mano una scatola nera, "So cos'è!" Gridò lei sfidandolo.
Paulo alzò un sopracciglio divertito, "Che cosa, princesa?" Salomé si fiondò allora sulla scatola, gettando a terra la carta bianca e nera che la riempiva. Era un piccolo kit della Juventus. Nella maglietta compariva il nome di Salomé, proprio sopra al numero 10 di Paulo. Salomé sorrise, correndo ad abbracciarlo. Lui la prese in braccio al volo, tirandola su, "Ti piace?" Lei annuì gioiosa. Non vedeva l'ora di indossarlo. L'avrebbe quasi sicuramente indossato fino a quando non le sarebbe più andato bene, e a quel punto l'avrebbe incorniciato nella sua stanza, quando sarebbe diventata grande.
"Finalmente posso giocare a calcio con te." Le disse lui, tirando infine fuori da un'altra scatola un paio di scarpette nere, proprio uguali alle sue, "Grazie papà!" Esclamò Salomé, talmente contenta da non capire più nulla.
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Se avessi sbirciato il capitolo prima, e mi fossi resa conto della sua brevità, vi giuro che avrei aggiornato con maggiore anticipo. E lo so che vi sareste aspettati un incontro fra i due, ma non ce la fanno, non ce la fanno e basta.
MA
vi prometto che nel prossimo capitolo qualcosa accadrà...Nel frattempo però fatemi sapere cosa ne pensate della storia, che fa male dirlo (non sono psicologicamente pronta) – ma si sta avvicinando alla sua conclusione.
besos,
xx
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red lips - paulo dybala
FanfictionLe sue labbra erano una tentazione, e lui le bramava più di ogni altra cosa. (paulo dybala)