The Visitation

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Celine era nel bel mezzo di una lezione di anatomia, quando un'assistente del preside entrò nell'aula interrompendo la lezione e richiedendo la presenza della ragazza in ufficio. Alzando lo sguardo dal proprio quaderno, che aveva precedentemente riempito di appunti sul sistema nervoso umano, Celine raccolse velocemente le proprie cose, infilandole nello zaino.

Camminò lenta dietro l'assistente, che la stava gentilmente accompagnando a destinazione. La sua mente percorse sistematicamente tutte le possibilità per le quali era stata richiesta la sua presenza dal preside durante l'orario scolastico. Non poteva essere Paulo, perché lui in quel momento era a Barcellona per la partita di Champions League che avrebbe giocato contro i giganti spagnoli. Non poteva neppure essere Serena, che si trovava ad un incontro importante di lavoro.

Dentro l'ufficio, tuttavia, era ferma in piedi una donna. Con una gonna grigia che metteva in risalto le curve del suo corpo e un cardigan nero. I capelli neri invece raccolti in uno chignon. Celine sentì il battito cardiaco accelerare. Conosceva quella donna. Era niente meno che Sofia Medina, sua madre.

"Hija." La quarantenne colombiana sorrise alla vista della figlia e corse a stringerla in un abbraccio piuttosto stretto, spingendola più vicina a sé. Celine poteva sentire il profumo di Chanel sui vestiti della madre, quella fragranza che era abituata ad usare.

Ma la sedicenne non ricambiò l'abbraccio. Rimase semplicemente lì a farsi stringere. Sua madre sorrise nuovamente lasciandola andare. Un sorriso grande che andava da una parte all'altra dell'orecchio. Un sorriso uguale a quello della figlia minore. Quanto si assomigliavano quelle due, con anche le linee del corpo ugualmente curve e belle.

"Ciao." Celine pronunciò. Non c'era alcuna particolare espressione sul suo volto. Era vuoto.
Sofia aggrottò la fronte, rivolgendo un ulteriore sguardo alla figlia, notando quindi quanto fosse cresciuta e quanto si fosse sviluppata in un anno.

Sofia e il resto della famiglia non aveva ascoltare aspettato neanche un istante prima di volare in Italia, dopo che Serena li aveva chiamati in lacrime. Erano preoccupati per Celine. Serena non sapeva cosa fare. Aveva trascorso innumerevoli notti sveglia senza sapere dove fosse sua sorella. E alla fine, si era stancata di come stavano andando avanti le cose. Celine stava lentamente rovinando se stessa.

"Sono venuta per portarti a casa." Sofia parlò. Celine sollevò un sopracciglio appoggiando il proprio peso sulla gamba destra, "Sono venute anche Chantel e Sarai." Continuò mentre nel frattempo erano uscite dall'edificio scolastico e avevano raggiunto il parcheggio.

"Chantel ha portato anche Mia." La colombiana concluse mettendo in moto la macchina e guidando verso casa. Celine non disse molto, solo sorrise appena al sentire nominare la nipotina di quattro anni. Sofia, dal canto suo, sospirò. Come il tempo passava, vedeva la figlia allontanarsi sempre più da lei e non sapeva più come comportarsi. Aveva provato di tutto. E niente aveva mai funzionato.

"Celine. " Sofia sembrò quasi pregarla. I suoi occhi speranzosi che un giorno avrebbe riavuto indietro sua figlia, "Per favore."

Celine spostò lo sguardo, gli occhi rivolti alla strada. Rimase in silenzio. Tutto ciò che voleva era tornare a casa e rannicchiarsi nel letto per starsene più lontana possibile dalla propria famiglia. Non voleva neppure definirla una famiglia, perché la sua "famiglia" aveva cessato di essere tale nel momento in cui suo padre era morto e loro si erano lasciati la Colombia alle spalle.

Sofia sospirò in risposta al silenzio della giovane. Si sentiva sconfitta e a quel punto avrebbe solo desiderato piangere. Voleva tornare indietro nel tempo ed esserci per sua figlia. La voleva indietro. Rivoleva quella piccola bambina che viveva per starsene fuori fino alle ore tarde della notte solo per farsi rimproverare.

Finalmente giunsero a casa di Serena, dove già si trovava il resto della famiglia. Celine scese per prima dalla macchina e sua madre la seguì. Aprendo la porta, la stanza si fece improvvisamente silenziosa. Tutti gli occhi erano puntati su di lei. Quanto era cambiata, pensarono.

"Hola." Mormorò alle sue tre sorelle. Chantel fu la prima ad alzarsi e ad abbracciarla. Celine la strinse a sé e chiuse gli occhi.

"Sono-" Chantel iniziò e si bloccò subito, sentendo delle lacrime offuscarle la vista. La guardava ma non riusciva a convincersi che quella di fronte a sé fosse la sua sorellina, "Sono così felice di poterti riabbracciare." Sussurrò  abbracciandola ancora.

Celine annuì incapace di dare sfogo alle sue di lacrime, "Sono felice anch'io." Replicò per poi sedersi sul divano. Mentre si stirava con una mano la gonna, l'attenzione generale era ancora tutta rivolta a lei. Non sapeva però come reagire. Guardava le sue sorelle e loro guardavano lei.

"Come va la scuola?" Domandò Sarai. Si scambiarono un sorriso, "Serena ci ha detto che vai benissimo e hai tutte A." Celine guardò Serena capendo che avesse riferito al resto della famiglia come stessero andando davvero le cose.

"Siamo così fiere di te." Finì Sarai. Celine rimase zitta e pensò che di lì a poco la casa sarebbe esplosa. Mordendosi il labbro, finalmente aprì la bocca e mormorò un "grazie".

"Siamo sinceri." Si decise a parlare, non riuscendo più a trattenere le parole. Celine rivolse un'occhiata alla madre e poi alle sue sorelle, "Sappiamo tutti perché siete qui."

"Siete qui perché Serena vi ha chiamate." E con questo si voltò verso la sorella. Celine non era arrabbiata, perché nel profondo sapeva quanto tutti fossero preoccupati per lei. Nel profondo, anche lei era preoccupata per se stessa, "Siete qui perché Serena vi ha detto che non sono più vergine."

"Ma vi anche detto che lei mi ha fatto iniziare la pillola?" Alzò un sopracciglio guardando attentamente tutti, che erano ammutoliti dalla sua improvvisa presa di parola, "Ma siamo onesti. Il fatto che non sia più vergine non è neanche più un problema!"

"Quello che importa è che Serena non mi può più controllare." Celine alzò il tono di voce aggiungendo enfasi alle proprie parole, marcando la parola controllare, "Quello che vi preoccupa è che non dormo nemmeno qui. E state tutte morendo dalla voglia di sapere chi è lui, non è vero?"

"State tutte morendo dalla voglia di sapere chi è che si è preso la mia verginità, giusto?" Celine era arrabbiata e poteva ben sentire il disagio che riempiva la stanza, "Bè, notizia scioccante, lui è un ragazzo stupendo e io trascorro le mie giornate con lui."

"Oh,e perché lo sappiate, è più grande di me." Aggiunse, sarcasmo che scivolava amaro dalla sua bocca, "Ora fatemi un favore."

"Non piombate più nella mia vita fingendo che non siamo distrutti, che io non sia distrutta." Celine percepì le lacrime premere sui suoi occhi, ma continuò comunque, "Come se fossimo una famiglia felice."

"Perché indovinate un po'. Non la siamo!" Celine corse al piano di sopra lasciando che la madre e le sorelle si guardassero a vicenda, capendo solo allora quanto più radicati e profondi fossero i problemi di Celine.

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Hola, come state? ☺️

Spero vi piaccia questo capitolo quanto piace a me. Vado molto orgogliosa di stare traducendo questa storia, nel caso non l'aveste capito, haha.

Se mi lasciate un voto e magari un commento (per me sapere cosa ne pensiate dell'evolversi della storia è importantissimo!) vi regalo un mini Dybala tascabile. 😏😏

Btw, avete seguito le vicende del referendum in Spagna? Cosa ne pensate dei giocatori del FCB che lo hanno sostenuto e delle dichiarazioni di Piqué?
(Il mio amore che ha pianto 😔 )

E della Juve contro l'Atalanta? Spero che Allegri si sia fatto sentire bene perché anche se hanno pareggiato, a mio parere la partita è stata proprio una sconfitta.

Ah, se qualcuna di voi è in grado di fare copertine per le storie, o conosce qualcuno del genere, mi scriva in privato. E' importante! 💗

Muchos besos, xx

red lips - paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora