27

997 49 1
                                    

Micheal Scott

Ho passato la notte in questo buco di merda, non so che ora sono ma non c'è la faccio più a stare seduto ammanettato. Senza preavviso Andrew irrompe nella stanza. «Che cazzo pensi di fare?» ha il mio telefono in mano. Probabilmente quello stronzo di Staling ha scritto. «Staling ieri mi ha chiamato per ricattarmi, ha mia figlia è vuole che ci vediamo oggi in un posto a sua scelta» senza rendermi conto ho raccontato una cosa mia e non so se essere incazzato o sollevato.

Sembra rilassarsi leggermente e stringe la mascella. «Tu ci andrai» dice senza aspettare altre decisioni.
«Se hai intenzione di riempitemi di chip e stronzate varie scordatelo. Quella gente sa fiutare una fregatura ad un miglio si distanza.»
«Non mi interessa, troveremo un modo o domani a quest'ora ti troverai in una cella. E per una volta pensa a tua figlia» esce sbattendo la porta.

Dopo un po' entrano altri agenti e mi scortano in una stanza dove mi fanno cambiare. «Hai microchip attaccati alle scarpe e uno dell'anello» mi consegnano l'anello che ho sempre al dito, non so dove hanno messo cosa ma cerco di non pensarci. Sicuramente ne ho altri sparsi a mia insaputa, ma non ribatto.

Con i fotutti sbirri, preferirei farmi sparare piuttosto ma devo portare Grace a casa e ricominciare la nostra solita vita. «Scott, niente stronzate tanto ti prendiamo. Cerca di capire dove sono i ragazzi» detto questo mi fanno uscire con la mia macchina che a quanto pare hanno sequestrato. Metto in moto e mi dirigo nella zona del porto dove Staling mi ha scritto di trovarci. Ho detto che non devo essere seguito ma non so quanti occhi sono su di me, o meglio sento di essere osservato ma non so da chi.

Scendo lentamente cercando di sembrare annoiato e tranquillo.
«Scott» Staling esce dall'ombra con un espressione divertita. «Come stai?»
«Bene, dov'è quella puttana?» cerco di sembrare il solito ma mi è difficile.
«È in zona, sai mio figlio vorrà conoscerla un po' meglio prima di sposarla.» mi di drizzano i capelli. «Lei non sposerà tuo figlio» lo dico con un alzata di spalle ma sono serio e incazzato, cazzo.

«Già fa parte di quel nuovo accordo in cui hai poca voce in capitolo. I nostri figli si sposeranno e quella zoccola farà finalmente quello per cui l'hai cresciuta, almeno sarà una persona sola, la maggior parte delle volte.» mi sorride beffardo e stringo i pugni.
«Non mi interessa che non ti vada bene. Ovviamente basta, cubani e compagnia. Voglio un po' di garanzie tipo tutto il tuo traffico di Las Vegas, e so che ne hai uno anche a Seattle. Dovrai fare quello che ti dico e magari tra poco saremo anche uniti da dei bei nipotini che porteranno avanti la nostra unione.» vorrei essere armato e sparare un colpo in mezzo agli occhi di questo bastardo. «Voglio vedere Grace» gira leggermente gli occhi ma annuisce.
«Farà dei bambini bellissimi, non credi?» sorride di nuovo e lo seguo dietro il magazzino isolato.
Mi guardo intorno, non c'è nessuno il che da un lato mi spaventa dall'altro mi sento sollevato. Apre il retro di un van nero e dentro Grace è seduta imbavagliata e legata. «Slega mia figlia» mi tremano le mani.
Ha un occhio nero e sullo zigomo c'è un taglio. Il labbro perde sangue e il vestito che ha addosso è tutto strappato. Dio.
È colpa mia.
Alza leggermente lo sguardo e quando i suoi occhi agganciano i miei è come se mi avessero sparato.

Vedo odio, ma anche indifferenza e cattiveria. È fredda.
«Ci siamo divertiti venendo qui» Staling apre la bocca ma lo afferro per il colletto e gli tiro un pugno dritto sul naso. Poi un altro, un altro e un altro ancora. Non mi fermo, mi fa male la mano. Sento le ossa rompersi ma non so di chi sono. Vedo solo rosso.

La faccia che sto prendendo a pugni non si può più definire tale. Non capisco cosa o chi mi tira via ma so che a forza di pugni Staling non sarà più come una volta. «Merda. Chiama l'ambulanza Jef, non sento polso.»
«Inizio la rianimazione. Uno, due, tre... uno, due, tre...» i medici stanno sul suo corpo per qualche minuto poi uno di loro si alza e scuote la testa in direzione di Andrew. «Caricatelo» dice senza neanche guardarlo.
Mia figlia ha visto tutto.

C'è un gran casino ma tutto quello che vedo è Grace. La slegano, la coprono e la scortano da uno dei medici.
«Voglio parlare con mia figlia» dico mentre mi alzano e mi ammanettato le mani dietro la schiena.
«Ti dichiaro in arresto...» ricominciano a parlare ma io non li ascolto. «Grace» urlo «Grace» alza lo sguardo e vedo il gelo nei suoi occhi. «mi dispiace» dico. Lei toglie lo sguardo e continua ad ascoltare il medico che sta compilando una cartella.
È troppo tardi.

Grace

«Quante volte hanno abusato di te nelle ultime quarantotto ore?» il medico è gentile ma non ce la faccio più a sentirlo parlare.
«Eh, due o tre volte» scuoto la testa, come posso non ricordare?
«Okay, appena sarai in ospedale farai dei test. C'è qualcuno che possiamo chiamare?» perché tutti parlano ancora.
«Si... mio fratello Adam. Vive a Seattle.» dopo questo mi caricano in ambulanza e finalmente c'è silenzio.

Le mani rosse di mio padre.
Il sorriso di Staling, il modo in cui mi ha toccato.
I polsi legati.
Matt.

Dopo avermi messa in cantina mi hanno portato nell'aereo, non l'ho visto ma non mi aspetto nulla di buono. Potrebbe essere morto da qualche parte o tenuto prigioniero e torturato da uno degli scagnozzi di Staling. Se non è già morto, morirà quando sapranno che il capo è stato ucciso.
Mio padre. Mio padre lo ha uccido a mani nude.
Deglutisco.
«Grace, tuo fratello sarà sul primo volo per Miami, ma ci vorrà un po' lo sai.» annuisco all'infermiera.

Dopo poco arriviamo in ospedale e mi portano in un bagno. «Okay tesoro, prelevo un campione di urina per fare i test e i tuoi indumenti intimi.
Dopo tu lavati, metti queste cose. Tra un quarto dopo ti vengo a prendere e ti porto nella tua stanza»
Faccio pipì in un vasetto e la do alla signora di mezza età che mi sorride triste.
Sto sotto la doccia il più tempo possibile, sentendomi comunque sporca. Mi strofino le braccia e le gambe mille volte e lascio che l'acqua mi scorra sui capelli.

Sono stesa sul mio letto dell'ospedale da mezz'ora quando entra il padre di Matthew con altri agenti.
«Ciao Grace. Mi dispiace disturbarti ma dobbiamo farti delle domande.»
Guardo fuori dalla finestra aspettando che inizino.
«Dove ti teneva?»
«In South Carolina, non mi ricordo la baia esatta. Ma era una casa sul mare.» sono inutile.
«Hai visto Matt?»
«No mai da quando mi hanno portato lì.»
«Sai se è vivo?»
Deglutisco.
«Non lo so» lui annuisce abbassando gli occhi.
Mi fa altre domande su Staling e dopo mezz'ora se ne vanno.
Dopo aver mangiato non so nemmeno quale pasto mi metto a dormire. Cadendo in un sonno freddo e spaventoso.

<<mine story>>

Mai più così Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora