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Mi danno fastidio le occhiate che tutte queste galline lanciano a Matt.
Siamo alla partita basket, alla prima in cui partecipa Matthew e sembra in ansia.
«Andrai alla grande, come al solito» gli do un bacio, un po' per lui, un po' per avvertimento a tutte quelle che lo stanno fissando estasiate.
«Grazie Grace, sei pazzesca. Ora siediti in un punto in cui ti posso vedere bene» mi fa l'occhiolino e mi dirigo sugli spalti. La gente urla a non finire, neanche fossimo a una partita del NBA.
«Chi è il tipo nuovo?» chiede una ragazza dietro di me.
«Uhh è un Figo! È appena entrato in squadra ma è fidanzato» dice la sua amica.
«Va beh, sappiamo che questo non mi ha mai fermato.» ammicca e tutte si mettono a ridere estasiate.
Quando c'è il fischio d'inizio un boato di incoraggiamento esplode dalla folla. Matt corre da una parte all'altra e ogni volta che ha la palla in mano fa buone azioni, guadagnandosi la fiducia dei suoi compagni.
Va avanti ancora per un po' fino al primo tempo. Matt è sorridente anche se vedo che è stanco morto. Gli mando un bacio con la mano e lui mi fa il suo sorriso affascinante più bello.
Il gioco riprende e alla fine Matt riesce a fare altri punti. Quando finalmente finisce la partita tutte le cheerleaders capitanate da Madison si buttano sui giocatori che sembrano accettare di buon grado la situazione. Vorrei andare anche io ma non faccio parte di quel giro e voglio che Matt abbia qualcosa di suo in cui concentrarsi e divertirsi con gli altri. Dopo dieci minuti la folla diminuisce ma in campo rimangono le cheerleaders e la squadra al completo.

Matt mi viene in contro con una espressione un po' afflitta e dispiaciuta che mi spaventa. «Ehi» mi prende tra le braccia. «La squadra vuole uscire a festeggiare...»
«E non vogliono altra gente. Lo capisco Matt, davvero» mi sorride quando Madison interrompe «Matt! Muoviti stiamo andando» lo guardo alzando un sopracciglio.
«Vengono anche loro.»
«Fanno sempre parte della squadra Grace» dice cercando di sembrare convincente.
«Si lo capisco davvero» lo saluto ed esco dalla palestra con gli sguardi di tutti addosso, almeno quello di Madison sicuro.

Appena arrivo alla fermata dell'autobus mi si rizzano tutti i capelli sulla testa. Sono osservata.

Senza dare nell'occhio mi giro e vedo una macchina nera con i finestrini oscurati parcheggiata di fronte alla scuola. La fisso per un secondo incerta. Potrebbe essere la DEA, ma anche no.
Mi siedo cercando di stare tranquilla e mi assicuro di coprire bene la faccia con i capelli biondi. Respira Grace, respira.
Lo sportello si apre ed esce un tizio vestito di tutto punto, al telefono.
«...che cazzo! Sono giorni che vado in queste città di merda. Di a Scott che domani cambio ancora ma della ragazzina non c'è traccia.» un forte accento russo esce dalla sua bocca con l'espressione scocciata. «Sii...d'accordo» nell'altra mano tiene una mia foto, di quando ho i capelli neri. Sono a Las Vegas, riconosco l'albergo da cui sto uscendo. 
Mi viene da vomitare. Questa gente mi seguiva a Las Vegas o mio padre mi faceva pedinare?

Guardo l'ora, tra poco l'autobus dovrebbe arrivare. Poi mi ricordo. Matt, cazzo avrà sicuramente una foto sua.
«Okay dalla scuola non esce più nessuno, credo. Vado in albergo e riparto. Queste cittadine di merda mi hanno rotto. Non bevo un caffè decente da giorni.» l'uomo mette giù il telefono e inizia a fissare la mia foto. Cazzo. Prendo il telefono e mando un messaggio a Matt.
<NON USICRE DA SCUOLA. C'è qualcuno che ci cerca. Sono al sicuro per ora> non gli dico che ce l'ho di fronte altrimenti uscirebbe senza problemi.
Non mi risponde ed inizio a pensare che non abbia il telefono quando mi risponde <Cazzo. Vattene immediatamente Grace. Io esco dall'entrata dei campi. Chiama quando puoi.>
<Ok> faccio un sospiro di sollievo ma in quel momento tutti i ragazzi che erano rimasti dentro e le varie cheerleaders escono.
Cazzo, respira.
L'uomo subito è sull'attenti ed esamina ogni faccia con scrupolosità.
Sta per avviarsi verso di loro con la mia foto in mano quando il coach appare ed inizia a parlare con tutti della partita. Merda se uno di loro mi riconosce è la fine.

Il tipo dopo un po' di scoccia, sale in auto e se ne va a gran velocità. Respiro di nuovo anche se ho in batticuore e chiamo subito Matthew.
«Cazzo cazzo ha una mia foto» dico subito «Grace ho chiamato mio padre, cercherà di capire chi è il tipo.»
Dice respirando a fatica.
«L'abbiamo scampata per un pelo. Non può succedere di nuovo» ma che genio.
«Si, ora sto prendendo l'autobus e...»
«No! Niente mezzi pubblici. O posti con telecamere. Sono a circuito chiuso ma non sappiamo che potere hanno questi uomini.»
«Okay, allora prendo un taxi. Ci vediamo a casa?»
«Si.»
Metto giù e chiamo il primo taxi che vedo. Una volta arrivata a casa corro nel mio appartamento e mi chiudo dentro con tutti chiavistelli attaccati. Sono inutili se qualcuno decide di entrare ma mi fanno sentire più al sicuro.

«Grace?» mi giro di scatto il padre di Matt è seduto sul divano a gambe incrociate. Non l'ho nemmeno visto e non si stava nascondendo.
«Signore, mi scusi io..»
«Non importa ma devi avere più attenzione e i riflessi veloci.» mi ammonisce «Mi sai dire qualcosa dell'uomo fuori da scuola?»
«Si, è russo sicuro. È alto un mentro e novanta e grosso. Guida una di quelle macchine nere con i finestrini oscurati, sembra un auto del governo, tipo quelle che guidate voi» assottiglia gli occhi e mi ascolta.
«Ha una mia foto di Las Vegas, non so come mai, sto uscendo da un hotel»
«Okay, la situazione è più brutta di quanto credessi. Ho fatto una telefonata e mi hanno detto che tuo padre ha coinvolto i russi nella ricerca, molto efficaci a quando pare...»
Annuisco piano «Mio padre non fa molti affari con i russi. Dice sempre che sono molto svegli, più dei cubani, e che creano problemi spesso.»
«Si ma allora ha fatto una specie di accordo perché sono determinati a trovarti e quelli non fanno nulla gratis o per bontà divina»

Dopo poco il suo telefono squilla e risponde subito «Si?» spalanca impercettibilmente gli occhi e io rimango a fissarlo. «Cazzo, okay la porto giù, state pronti.»
«C'è un problema. Il russo sta bussando qui intorno a quanto pare sa che ci sono agenti del FBI sotto copertura. Non so come cazzo faccia a saperlo ma vuol dire che è gente informata e quindi immaginerà che stiate qui. Dobbiamo andarcene, il furgoncino di controllo è qui all'angolo. Grace, voglio che tu mi stia attaccata okay? E silenzio» annuisco sconvolta, lo seguo mentre apre la porta di casa. Stringo i pugni e respiro piano. L'uomo continua a farmi cenni con la mano e lo seguo dove vuole fino a quando non arriviamo a una scala di riserva con non avevo mai visto, lui ovviamente si.
«Okay ora scendiamo velocemente ma con attenzione» mi viene da piangere all'idea che quest'uomo sia nel palazzo.
Quando arriviamo al piano terra il signor Johnson mi porta al furgone bianco con scritto "Mark riparazioni" una grande copertura, ed entro dal retro. «Okay ragazzi, questa è Grace, Grace loro sono le tue orecchie e i tuoi occhi. Ti ascoltavano già in appartamento e sorvegliavano qua fuori. Da adesso ti staranno attaccati.»
Siamo spiati?
Guardo i due uomini e una donna seduti di fronte a dei computer. Sono abbastanza giovani e mi fanno un cenno prima di tornare al lavoro. «Dov'è?»
«Al terzo piano, sta bussando da tutti e aspetta che aprano, chi non lo fa si segna il numero dell'appartamento. La ragazza sta guardando un monitor con le videocamere, che non mi ero accorta ci fossero nei corridoi.
«Matt è qui fuori lo faccio entrare» le porte posteriori si aprono e Matt salta su. Ha la faccia preoccupata ma una volta che mi ha vista sorride e mi abbraccia. «Papà che si fa ora?» Johnson gli lancia un occhiataccia, non vuole farsi chiamare "papà" davanti a tutti i suoi agenti.
«Non so, aspettiamo che se ne vada e poi chiamerò un coordinatore. Non possiamo farci cambiare città ancora. Verrebbe anche in quella. Dopo che avrà controllato qui sarete più al sicuro.»
«Okay ma quando tornerà? non gli abbiamo aperto» chiedo
«È l'ultimo dei problemi, so già come fare» senza più degnarci di uno sguardo gli agenti tornano al lavoro e io sto zitta.
«Okay, eccolo sta uscendo. Ha preso il telefono. Attiva il cercatore di chiamata» ordina.
«Okay ce l'ho» mi passano un paio di cuffie come quelle di tutti e una voce profonda si espande nelle mie orecchie. «Cerca di capire se riconosci una voce» mi mima il padre di Matt, annuisco.
«...Gregor sono venuto agli appartamenti di cui mi hai parlato. Sette non hanno aperto e ho intenzione di tornare, qui c'è qualcosa che non quadra. La città brulica di federali del cazzo.» la voce russa di prima parla «Si d'accordo, ho varie informazioni e mi dicono che dentro a quel palazzo vivono agenti da mesi ma non so chi sono. I ragazzetti li avranno messi in zona, per poterli controllare, che banali bastardi» un altro russo ride di gusto.
«Sto andando da Scott per cena, ha insistito, gli dirò che nella città del cazzo dove sei c'è una pista e semmai mandiamo altri uomini.» la voce mi dice qualcosa ma non riesco a collegarla ad una faccia.
«Staling, vedi di ricavarci qualcosa di più dall'accordo con sto qui»
«Sisi d'accordo troviamo quella puttanella, manca a mio figlio» detto questo ridendo il telefono viene riattaccato.
Dimitri Staling.

<<mine story>>

Ho pubblicato l'inizio della storia di Luke. Trovate tutto nel mio profilo😘

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