Capitolo 6 -Harry-

7K 488 143
                                    

Alla fine quando finalmente cominciammo a mangiare era ormai tutto freddo, ma Draco mi rassicurò dicendomi che ciò che avevo cucinato era la cosa più buona che avesse mangiato negli ultimi anni.
Non me la sentii di replicare acidamente a quella sua evidente bugia, non avevo voglia di discutere per quella sera.
"Harry?" Mi richiamò il biondo, mentre stancamente giocavo con il cibo nel mio piatto, ancora mezzo pieno. Guardai nella sua direzione in attesa che continuasse a parlare.
"Stasera sono di turno al locale." Mi avvisò stirando i muscoli delle braccia con le tipiche movenze di un ballerino. Alzai le sopracciglia fingendomi disinteressato.
"Dovrebbe interessarmi?" Chiesi retorico con un'ostilità nella voce che in realtà non provavo.
Draco si alzò, si avvicinò a me e mi tolse la forchetta dalle mani, per poi prenderle tra le sue, costringendomi a guardarlo.
"Non fare finta che non ti importi. So che non è così." Mi rimproverò con dolcezza. Arrossii come una ragazzina alla prima cotta e mi vergognai di me stesso per essere così facilmente manipolabile quando si trattava di Draco. "Non faccio finta. E poi anche se mi interessasse, cosa cambierebbe? Al locale ci devi andare comunque..." Dissi di rimando, girando la testa in modo che i miei occhi puntassero alla parete gialla della cucina, invece che in quelli di Draco.
"Potresti venire con me." Propose il più grande. Io sbuffai.
"Domani ho scuola." Affermai alzando gli occhi al cielo, come se il dover studiare fosse colpa di Draco.
"Va bene. Domani ti ci accompagno io allora." Sorrise e mi baciò a stampo, prima di allontanarsi del tutto.
Ritornai a respirare e solo in quel momento mi resi conto di aver trattenuto il respiro.
Sentii il rumore dell'acqua scorrere e capii che Draco era andato a fare la doccia, così tolsi la tavola con calma e buttai il resto del cibo che non avevo mangiato nella pattumiera, per poi lavare i piatti. L'appartamento di Draco era più accogliente di quanto avessi immaginato all'inzio. Forse perchè la prima volta che c'ero stato era una discarica a cielo aperto, mentre adesso risplendeva -grazie anche alle mie pulizie-, oppure perchè, anche se mi costava ammetterlo, il mio rapporto con il proprietario stava cambiando. Scossi la testa e mi convinsi che a piacermi fosse solo l'estetica della casa e non il valore affettivo.
Quando finii di rassettare tutto, il rumore dell'acqua era stato sostituito dal rombo soffuso dell'asciuga capelli. Sospirai e mi buttai sul divano con stanchezza accendendo la televisione, anche se non avevo la minima intenzione di guardarla. Misi, infatti, un braccio sugli occhi e buttai scompostamente le gambe sul bracciolo in legno.
Non mi accorsi di essermi addormentato, se non nel momento esatto in cui mi svegliai in preda ad un incubo che non ricordavo neppure. Mi sedetti e aspettai che il mio battito decelerasse. Le luci della casa erano tutte spente e la tv era ancora accesa, con il volume al minimo. Di Draco non c'era traccia. Probabilmente era andato a lavoro e non volendo svegliarmi se ne era andato senza salutare.
Guardai l'ora sulla barra delle informazioni della tv. Erano le otto di sera. "Quell'uomo mi ha davvero devastato..." Mormorai tra me e me, scompigliandomi i capelli e spegnendo il televisore per poi andare in bagno, trascinandomi con la voglia di vivere pari a zero.
"E devo anche studiare..." Dissi ancora a me stesso. Parlare da solo era il mio modo per combattere la solitudine. Lo avevo sempre fatto, parlare era una mia necessità primaria, ed anche se non c'era nessuno per fare conversazione, trovavo sempre il modo per usare la mia voce.
Nell'attimo in cui andai in camera, con l'intenzione di fare i miei compiti per l'indomani, mi ricordai che Draco aveva fatto per me una valigia di soli vestiti, e che i miei libri erano rimasti a casa. Maledii quello stupido di un Malfoy e cominciai a camminare avanti e indietro in cerca di una soluzione. Ron aveva quella cena in famiglia, quindi anche Ginny era di sicuro coinvolta...e Draco ovviamente non sarebbe rientrato tanto presto. Chi potevo chiamare?
"Tom!" Mi illuminai.
Tom Riddle era uno dei ragazzi più rinomati della mia scuola di danza. Era un ballerino provetto ed un magnifico ragazzo. Da sempre era stato uno dei miei migliori amici a danza, anche se più grande di me di qualche anno.
Corsi a prendere il telefono e composi il suo numero, attendendo con trepidazione che rispondesse.
Dovetti aspettare più di cinque squilli, prima di sentire finalmente la sua voce. "Tom? Sono Harry." Dissi non appena sentii il suo "pronto" dall'altra parte del telefono.
"Ehilà Harriet, a cosa devo la tua telefonata?" Chiese chiamandomi con quel solito nomignolo che mi dava sui nervi. Mi aveva sempre chiamato Harriet, dato che era sua convinzione sembrassi più una ragazzina che un vero uomo... Parole sue.
Reprimetti la voglia di sgridarlo per la sua stupidità e mi concentrai sul motivo della chiamata.
"Beh... Volevo chiederti un favore. Sono a casa di un amico e avrei bisogno di andare a prendere delle cose al mio appartamento..." Spiegai sull'orlo della disperazione. Sentii la risata di Tom risuonare roca nel ricevitore.
"Mi stai chiedendo di darti un passaggio?" Chiese diretto. Alzai gli occhi al cielo.
"No coglione, ti sto chiedendo di chiamarmi un taxi. Ma che domande fai?" Lo sgridai con ironia. Come prima sentii la sua risata in risposta e fui tentato di chiudere la chiamata.
"Dammi l'indirizzo." Sentii proprio mentre stavo per allontanare il telefono e premere il tasto rosso.
Sorrisi.

Venti minuti dopo ero in macchina con Tom, tra le vie trafficate della città. "Allora, ho saputo da Monica che sei stato convocato alla Juilliard per un'audizione." Attaccò bottone, fermandosi ad un semaforo rosso e guardando nella mia direzione. Aveva una sigaretta nella mano destra che sporgeva dal finestrino e la mano sinistra impugnava salda il volante.
"Sì, è vero." Mormorai imbarazzato. Non amavo parlare di me.
Tom prese un tiro dalla sua sigaretta e guardò la strada.
"Sono felice per te. Scommetto che passerai." Fece convinto, anche se il suo tono mi pareva stranamente tetro. In effetti mi sembrava più strano del solito, come spento. Guardai fuori dal mio finestrino e mi dissi che andava tutto bene, ero solo io ad essere agitato. "Sono un po' preoccupato in realtà. Ma devo farcela." Dissi appoggiando la fronte sul vetro freddo e chiudendo gli occhi.
Li spalancai, però, quando la mano di Tom finì sul mio ginocchio.
Mi voltai verso di lui, sorpreso.
Aveva buttato via la sigaretta e teneva lo sterzo con l'altra mano.
"Ce la farai. Io credo in te." Disse fissando i suoi occhi nei miei con un'intensità che non riuscivo a sopportare. Ringraziai, infatti, lo scattare del semaforo, che lo costrinse a distogliere lo sguardo da me, ed anche la mano.
Rimasi in silenzio per tutto il resto del tragitto, pensando e ripensando a quanto fosse stata strana la sensazione della sua mano sulla mia gamba. Mi sentivo quasi male al pensiero del suo tocco, anche se non era la prima volta che Tom mi toccava in quel modo. Mi sentivo come se non avesse il diritto di farlo. Mi sentivo come se il mio corpo rifiutasse qualsiasi altro uomo al di fuori di Draco. "Arrivati." Mi avvisò Tom, fermando l'auto davanti al cancelletto di ingresso. Slacciai la cintura e uscii velocemente. "Ci metto cinque minuti." Gridai correndo verso il palazzo, costringendo Tom a rimanere lì dov'era. Non volevo che salisse in casa con me. Salii le scale e mi fermai soltanto quando fui al sicuro nel mio appartamento. In quel momento, nel buio di casa mia, mi diedi dello stupido per aver pensato a tutte quelle cazzate. Tom era mio amico e nient'altro. Perchè mi stavo facendo tutti quei problemi su di lui?
Accesi le luci e andai in camera mia, prendendo tutto ciò che mi serviva e mettendolo nello zainetto nero che di solito usavo per scuola. Presi tutti i libri e ne approfittai, mettendo in borsa anche il mio portatile e alcuni DVD che avevo, poi tornai con calma dal mio amico.
"Fatto." Sorrisi chiudendo lo sportello e lanciando lo zainetto sui sedili posteriori. Tom mi sorrise di rimando e mise in moto. In quel momento, mentre lui apriva bocca per parlare, il telefono prese a squillarmi. Risposi.
"Harry?" La voce di mio fratello fece allargare il sorriso già presente sul mio volto. "Ehi Blaise... Come è andato il viaggio? Siete arrivati?" Chiesi interessato. Mio fratello ridacchiò e sentii la voce di Pansy in sottofondo suggerire qualcosa.
"Si siamo arrivati qualche ora fa. Tutto bene lì? Sei a casa?" Chiese lui di rimando ed io entrai in panico. Cosa dovevo dirgli? Dovevo raccontargli la verità? Optai per la via più facile.
"Sì sono a casa... Sto studiando per il test di domani... Infatti adesso ti devo lasciare. Ciao." Chiusi prima che Blaise potesse dire qualsiasi cosa e misi il telefono offline per non ricevere sue chiamate. Tom mi guardò con un sopracciglio alzato, per poi riconcentrarsi sulla strada.
"Perchè racconti cazzate a Blaise?" Mi chiese curioso. Scossi la testa.
"Niente di che." Feci insicuro. Tom fece una smorfia di confusione, ma non accennò ad altre domande ed io gliene fui grato.
"Grazie per l'aiuto. Non avrei saputo come fare senza di te." Lo ringraziai scendendo dalla macchina e parlando attraverso il finestrino aperto. Tom mi fece l'occhiolino.
"Di niente Harriet. Chiama quando vuoi." Rispose sincero ed io arrossi anche se non ne capivo il motivo.
"Buonanotte." Mormorai salutandolo.
"Notte Harriet." Mi rispose baciandomi su una guancia e partendo, lasciandomi confuso sul marciapiede. "Gesù..." Feci sconvolto, entrando nel portone e chiudendomelo alle spalle. "Ehilà ragazzino." Un uomo sulla cinquantina mi guardò come se fossi un pezzo di torta in una vetrina di una pasticceria ed io cominciai a correre su per le scale fino a casa di Draco, entrando in tutta fretta e sbattendo la porta, sospirai frustrato. Non era decisamente la mia serata.

Romantica || DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora