Capitolo 11 -Harry-

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"Perché non mi dici dove stiamo andando?" Chiesi per la seconda volta, battendo ritmicamente le dita sul mio ginocchio. Draco alzò gli occhi al cielo, ma se ne stette in silenzio, deciso a non cedere ai miei capricci. Sbuffai contrariato, voltandomi per un attimo ad osservare il paesaggio mutare fuori dal finestrino. Avevamo preso la superstrada e non avevo la piú pallida idea di dove stessimo andando. Incrociai le gambe sotto di me, mettendomi comodo nel sedile ed aggiustando la cintura di sicurezza in modo che non mi spezzasse il fiato, poi mi voltai in direzione di Draco, fissandolo esplicitamente.
Aveva messo una camicia a fantasia sulle tonalità del nero, abbinate ad un jeans slavato e degli stivaletti neri. Le mani, strette sul volante, erano ornate da vari bracciali, mentre al polso era sistemato un braccialetto in cuoio davvero bello. Draco mi scoccò un'occhiata confusa prima di tornare a concentrarsi sulla sua guida.
"Stai cercando di mettermi in imbarazzo per farmi pentire del mio silenzio, vero?" Chiese ironico. Scossi la testa impercettibilmente, ma questa volta fui io a non pronunciar parola, confermando implicitamente l'affermazione del mio compagno, che infatti scoppió a ridere.
"Siamo quasi arrivati." Fece per tutta risposta. Guardai fuori dall'abitacolo, a distanza di kilometri vedevo solo distese di appezzamenti di terreno coltivati. "Non mi stai per vendere ad una fattoria, vero?" Chiesi realmente preoccupato all'idea. Draco rise, scuotendo la testa.
Dieci minuti, quattro sospiri, e due canzoni dopo, Draco svoltó in un vialetto coperto da alberi sempreverdi. Alzai le sopracciglia confuso. Alla fine della stradina si innalzava una villa in stile vittoriano, la facciata era interamente in marmo bianco e sulle colonne ai lati delle scale che portavano all'ingresso, si arrampicava dell'edera. Alcune finestre erano aperte e all'interno potevo osservare le tende ondeggiare, seguendo il ritmo del vento. Rimasi a bocca aperta, ammirato da tanta bellezza. Scesi dalla macchina e il mio sguardo venne catturato da un secondo edificio, piú piccolo della casa padronale, ma molto piú bello, per i miei canoni. La struttura era circolare, una cupola in vetro svettava sulla sommità delle alte pareti verde acqua, mentre all'esterno vi erano diverse aiuole piene di fiori colorati e vivaci.
"Ti piace?" Chiese Draco, indicando con la testa la direzione nella quale stavo già guardando. Annuii con vigore. "Sì, ma cos'è?" Chiesi di rimando. "Vedrai." Draco mi offrì la sua mano, ed io arrossendo come uno scolaretto, accettai, avvicinandomi con lui alla struttura, per poi entrare, attraversando un portone in legno antico. L'ambiente interno era ancor più stupefacente di quello esterno. Le pareti erano coperte da specchi, rendendo la stanza luminosa ed  infinita. Il pavimento era interamente in parquet e così lucido da donare una brillantezza alla stanza ai limiti della meraviglia. Nessun ostacolo opprimeva la vista, che poteva correre tranquillamente per tutto lo spazio circostante. Solo, per terra, in un punto recesso della sala, vi era un grande stereo sormontato da una ancor piú grande cassa. I miei occhi si illuminarono. "É una sala di danza!" Feci felice, catturando lo sguardo del Malfoy, già puntato su di me. Il ragazzo annuì. "Questa é la mia palestra. Mi sono sempre allenato qui, da quando ne ho memoria..." Ammise sorridendo, perso in chissà quale ricordo piacevole. Aggrottai le sopracciglia, ma prima che potessi fare qualche domanda, Draco continuó a parlare.
"I miei genitori erano molto rispettosi delle regole dell'alta società, e saper ballare, rientrava nei canoni di un buon aristocratico." Spiegò perdendo un po' della sua vitalità. Non avevo mai sentito parlare della famiglia del Malfoy, e neppure della sua infanzia. In verità le uniche cose che conoscevo risalivano soltanto ai due anni che aveva condiviso con mio fratello, nulla di piú. Mi sentii, quindi, quasi onorato di sentirgli pronunciare quelle parole. "Sei un aristocratico?" Ridacchiai, Draco mi imitó grattandosi la nuca. "Non sembrerebbe dal luogo nel quale vivo, vero? La verità è che quattro anni fa sono andato via di casa. I miei volevano farmi sposare e controllare la mia vita, cosí ho deciso di rinunciare alla loro ricchezza e al loro affetto pur di essere libero."
Le sue parole andarono sfumandosi, fino a diventare un sussurro. E fu in quel silenzio che il rumore sordo della porta che si apriva, risuonó come un colpo di cannone, facendomi sobbalzare e automaticamente perdere la presa sulla mano del Malfoy. "Draco!" Una signora dall'aria arzilla entró a passo di carica nella sala, il suo viso era solcato da un sorriso felice e furbo che contagiava anche gli occhi chiari. La donna indossava una lunga tunica beige che le arrivava sui piedi coperti da saldali dello stesso colore. I capelli erano raccolti in uno chignon disordinato, ma elegante.
"Minerva." Draco le andó incontro e la abbracció, sollevandola un po', facendola ridere e ringiovanire per un attimo. Ahimé, sorrisi anche io. I due si scambiarono qualche sussurro concitato, prima di dividersi.
"Pensavo non saresti piú venuto, ed invece eccoti qui. Penso sia dovuto a questo ragazzo, o sbaglio?" La signora cominciò a planarmi intorno, scrutandomi critica, come alla ricerca di una verità che le sfuggiva e che era contenuta in me. Arrossii per le sue parole, mentre Draco alzava gli occhi al cielo e la riprendeva per la sua solità curiosità fastidiosa.
"Lui è Harry." Mi presentó quando i richiami verbali rivolti a Minerva si furono conclusi, porsi la mano alla donna e lei me la strinse con forza.
Doveva essere una donna tenace.
"Sono Minerva McGranitt." Si presentò seria. Ricambiai l'occhiata.
"Harry Potter." Dissi di rimando. Lei annuì. "Allora è proprio lui." Fece pensierosa, mentre io, confuso, aspettavo di avere chiarimenti.
"Hai gli occhi di tua madre, sai?" Il suo tono divenne dolce, così come il suo sguardo, che ancora puntava su di me, come se stesse cercando di memorizzare ogni mio particolare, soltanto utilizzando la vista.
"Lei conosceva mia madre?" Chiesi alzando la voce, preso dall'entusiasmo. Era assurdo che quella donna potesse conoscere mia madre, eppure il solo sentir nominare qualcosa di lei, mi aveva fatto nascere una speranza enorme nel cuore, che d'un tratto prese a battere piú velocemente. Forse anche lui era in attesa di una risposta che gli avrebbw fatto dimenticare per qualche attimo, di essere rotto irreparabilmente.
"Minerva insegnava alla Juilliard." Fu Draco a parlare, con l'orgoglio di un figlio che elogia i successi di un genitore. Alternai lo sguardo tra i due, incapace di dire qualsiasi cosa.
La donna dovette accorgersi del mio stato d'animo, così sorrise cercando di mettermi a mio agio.
"Perchè non entrate dentro? Sono certa che davanti ad un the si possa chiacchierare più amabilmente." Propose la donna, Draco mi guardò cercando una risposta nei miei occhi, che probabilmente non trovò, dato che non sapevo neppure io cosa fare.
"Ti raggiungiamo tra qualche minuto." Disse allora, Minerva annuì, e scoccandoci un'ultima occhiata curiosa, uscì dalla sala, stringendosi nel suo sciarpone marrone, che fino a quel momento aveva tenuto sulle spalle. "Se vuoi andare via, ce ne andiamo subito." Draco mi appoggiò una mano sul fianco, avvicinandomi un po' più a sè. Il calore del suo corpo mi donava una sensazione di protezione e sicurezza che mi inebriava a tal punto da desiderare di non allontanarmi mai più.
"Non voglio andare via, solo che non so come comportarmi." Ammisi. Avevo sempre sognato di andare alla Juilliard, di continuare il sogno di mia madre, eppure adesso mi sentivo come se lei non avesse voluto per me quel futuro, come se non ne fossi all'altezza. "Harry, se hai intenzione di andare alla Juilliard quella donna ti aiuterà." Fece Draco convinto. Annuii senza convinzione.
Fu allora che il ragazzo si allontanò, lasciandomi in balia del freddo dovuto alla sua lontananza.
"Forse è troppo. Scusami, avrei dovuto saperlo che non avresti retto al confronto con il ricordo di tua madre." Le sue parole furono pugnalate così forti da farmi indietreggiare. Le lacrime presero a scendere silenziose dai miei occhi, quasi avessero paura di toccare la mia pelle.
Come poteva Draco, aver detto una cosa del genere? Pensava fossi invidioso del talento di mia madre? Pensava che il mio voler frequentare la Juilliard fosse solo un capriccio? Oppure... "Stai cercando di mettermi alla prova? Vuoi distruggermi per vedere fino a che punto regga il dolore?" Gli gridai contro. Lui sbarrò gli occhi, alzando le mani in segno di difesa. "Non ho bisogno di essere testato, ho bisogno di qualcuno che mi stia accanto, brutto idiota!" Gridai ancora, realmente offeso dal suo escogitato tentativo di aiutarmi, applicato nel modo sbagliato.
"Avevi voglia di vedere se il mio fosse solo un capriccio? No, cazzo. Voglio entrare davvero in quella scuola e non voglio farlo solo per Lei, voglio farlo perchè questo è diventato anche il mio sogno e voglio combattere per realizzarlo. Era questo che volevi sentire?" Mi avvicinai a lui, sbattendo più e più volte i pugni sul suo petto, piangendo come un disperato. Lui mi lasciò fare, ma solo per poco, poi con dolcezza, mi strinse tra le sue braccia, facendomi calmare.
"Non avevo bisogno di sentirtelo dire. Io credo in te. Volevo solo che ne fossi consapevole tu stesso." Sussurrò nel mio orecchio. "Sei comunque uno stronzo." Borbottai, agguantando la sua camicia e stringendomi ad essa come se fosse il mio unico appiglio per non cadere in un cratere senza fondo. "Lo so, scusami." Disse realmente pentito. Annuii.
Mi staccai poi da lui e mi presi qualche attimo per ricompormi, aggiustando i vestiti e passandomi una mano tra i capelli, spettinandoli.
"Andiamo?" Chiesi poi, accennando ad un sorriso. Sapevo che probabilmente i miei occhi erano rimasti irritati e il mio viso arrossato, speravo solo che Minerva non se ne fosse preoccupata.
La mano di Draco si andò a intrecciare alla mia, quando uscimmo dalla meravigliosa stanza, per salire le scale della villa. Il portone in legno bianco era socchiuso, Draco lo aprì e mi fece accomodare con naturalezza. Doveva aver passato molto tempo in quella cosa, per sentirsi così a suo agio, eppure la McGranitt aveva detto di aver pensato che non sarebbe più tornato. Era forse successo qualcosa?
Appuntai mentalmente di riservare la domanda ai diretti interessati, mentre mi perdevo con lo sguardo tra i magnifici oggetti di arredo dell'ingresso. Davanti a me si aprivano due rampe di scale che si intrecciavano, formando un pianerottolo a metà altezza, per poi continuare verso il piano di sopra. Al centro c'era un enorme lampadario che scendeva dal secondo piano, fino a metà altezza del primo, creando un sensazionale gioco di luci. I muri erano tappezzati di quadri, alternati a quelle che a primo acchitto mi sembrarono foto di famiglia, ma che ben presto mi accorsi essere ritratti di ragazze e ragazzi di tutte le età, sotto ogni foto vi era un cartellino diverso con la data e la classe di appartenenza. "Sono stati tutti miei alunni." La voce armoniosa e allo stesso tempo severa di Minerva mi fece voltare nella sua direzione. In mano aveva uno dei tanti quadretti, che osservò prima di porgermelo con un sorriso a metà. Lasciai con prudenza la mano del Malfoy e afferrai la cornice.
La foto ritraeva una ragazza slanciata ed elegante, gli occhi vispi ed un sorriso smagliante, se ne stava sulle punte, nel suo vestito di scena, abbracciata ad una versione giovane della McGranitt dall'aria austera.
"Lily era una delle studentesse più promettenti a cui io abbia mai insegnato." Ammise asciugando una lacrima con una mano tremante, sia per l'emozione sia per l'età. Sorrisi.
"È la prima volta che sento parlare di lei in questo modo." Dissi con una punta di tristezza. Due sguardi confusi si puntarono su di me.
"I miei zii hanno sempre parlato male dei miei genitori. Mia zia diceva che sua sorella non sapeva fare nulla, che aveva perso la testa per il ballo e da allora era diventata una di quelle che in testa ha solo la vanità, il successo. Diceva che la situazione era anche peggiorata quando conobbe mio padre. Un buono a nulla in cerca di qualcuna alla sua mercè." Dissi, sorridendo ironico, accarezzando con affetto la foto che avevo tra le mani.
Minerva, prese a borbottare offesa, addentrandosi in un corridoio laterale, facendoci un segno affrettato e irritato di seguirla.
"Quella ragazza è sempre stata invidiosa, la povera Lily lo raccontava spesso. Ma questo va al di là dell'invidia, questa é pura cattiveria." La voce della donna fece eco per l'intero spazio intorno a noi. Il corridoio era ampio e immerso in una semi-oscurità dovuta alle luci spente, alla fine di esso, però si apriva una spaziosa ed ariosa cucina sui toni del giallo. La parente orientale era sovrastata da mobili e piano cottura, mentre il resto delle pareti rimaneva spoglio. Al centro della stanza vi era un grande tavolo in legno scuro, contornato da innumerevoli sedie dall'aria massiccia.
La McGranitte ci fece accomodare e andò a prendere il the che aveva già preparato. Io e Draco la ringraziammo per l'ospitalità e ci sedemmo comodi.
"Spero che tua zia ti abbia almeno lasciato qualche ricordo reale dei tuoi genitori." Disse versando la bevanda calda in due tazze abbinate, per poi posizionarle davanti a noi, prima di riempire anche la sua. Scossi la testa.
"Lo spazio in casa loro era poco, così abbiamo potuto conservare ben poco di ció che avevamo. Io ero troppo piccolo per ricordarlo, ma mio fratello mi ha detto che gli zii buttarono quasi tutto della vecchia casa, lasciandoci tenere solo un paio di cassette e album di foto." Raccontai. Minerva per poco non fece cadere la sua tazza di porcellana sul pavimento in marmo. La appoggiò, infatti, con troppa foga sul tavolo, facendola tremare sotto il peso della forza esercitata, parve, però, non rendersene conto.
"Cosa? Questo è un oltraggio! Quale mostro toglierebbe a dei bambini qualcosa di così importante." Si alterò. Non potei fare a meno di darle ragione. In realtà anche se odiavo i miei zii, non li avevo mai colpevolizzati per le loro scelte. Per quanto si comportassero in maniera sgradevole, avevano dato a me e mio fratello un posto in cui vivere, senza essere costretti a separarci.
Mentre riflettevo, Minerva si era alzata ed era sparita dietro ad una porta che si affacciava su un lato del corridoio. Ne aprofittai per guardare il mio compagno, rimasto in silenzio fino a quel momento. "Blaise la conosce?" Chiesi accennando con la testa in direzione della tazza di porcellana rimasta sola davanti a noi.
Draco scosse la testa.
"Non mi ha mai detto che tua madre frequentava la Juilliard, così non ho mai avuto motivo di presentargliela." Disse tranquillo. Annuii sorseggiando con calma il mio the, poi cogliendo il momento come adatto, avanzai i miei dubbi. "Era da molto che non venivi qui?" Chiesi, subito Draco si irrigidì, facendomi capire di aver toccato il tasto giusto. "Diciamo..." Fece vago, proprio in quel momento, Minerva rientrò nella stanza con uno scatolone in mano e il viso illuminato dalla soddisfazione e la gioia di averlo trovato. Sorrisi anche io, vedendola così radiosa, alzandomi in fretta per aiutarla. Le tolsi il cartone dalle mani e lo appoggiai sul tavolo, secondo sua richiesta. "Rimasero buoni rapporti tra me e tua madre, anche quando si sposò e si trasferì." Raccontò cominciando a tirar fuori dal cartone una marea di lettere, foto, cartoline, c'erano addirittura un paio di cassette che Minerva ammise di aver trafugato dall'accademia e che contenevano appunto i saggi di mia madre.
Guardai tutte quelle cose con aria sognante, era come accedere ad un pezzo di vita perduto da sempre.
Draco mi affiancò mentre sorridevo, sfogliando varie foto dei miei genitori.
Loro davanti all'albero di natale, loro ad halloween, e loro in una serie di quelli che oggi chiameremmo selfie, scattati per augurare buone feste o allegati a lettere di routine.
La McGranitt aveva aneddoti per ognuna di esse e fui lieto di sentirli tutti, accompagnando le sue parole talvolta con un sorriso, talvolta con qualche lacrima. Quando finimmo era ormai passata l'ora di pranzo. Minerva ci invitò a rimanere con lei, ma Draco rifiutò la proposta, promettendole che saremmo tornati presto.
"Harry, ovviamente queste sono tue." La donna mi sorrise emozionata, porgendomi lo scatolone. Corsi ad abbracciarla. "Grazie mille. Lei non sa come mi ha reso felice conoscerla." Ammisi stringendola a me. Lei accarezzò dolcemente i miei capelli.
"Puoi venire ad allenarti qui ogni volta che vuoi. Conosco i canoni della Juilliard..." Disse di rimando, le avevo confessato i miei tentativi di entrarci e lei era stata subito disposta a prendersi cura di me. Sorrisi dividendomi da lei e sorridendo ancora. "E tu, piccolo ingrato. Torna più spesso. Ti ho già detto che non sono stata io a contattare quei noiosoni dei tuoi genitori." Rimproverò Draco, che per tutta risposta la abbracciò con slancio.
"Lo so vecchia bacucca. Se ce l'avessi avuta con te non ti avrei chiamato quasi ogni settimana per dirti quello che mangiavo e se ero ancora vivo..." La riprese con affetto. Lei ridacchiò.
"Ci vediamo presto ragazzi. Comportatevi bene." Ci salutò dalla porta, noi ricambiammo allontanandosi ed entrando in macchina. Posizionai la scatola sui sedili posteriori, riservandole la cura che si riserva ad un bambino, poi sospirai felice. "Grazie mille." Dissi. Draco annuì.
"E non è ancora finita." Sorrise sornione, ma io non gli diedi la soddisfazione di chiedergli dove saremmo andati ancora, sebbene la curiosità avrebbe finito per logorarmi l'anima. Spostai invece l'attenzione su un argomento più spinoso.
"Vuoi parlarmi del motivo per cui Minerva pensava fossi arrabbiato con lei?" Chiesi dolcemente, il biondo sospirò. Sapeva anche lui che sarei tornato su quel tema fino a quando non mi avesse confessato la verità, e non perchè volevo indagare sulla sua vita privata, ma perchè ci eravamo ripromessi di parlare più apertamente.
"Ti ho già detto che i miei appartengono ad una classe sociale abbastanza alta. Non che questo conti qualcosa, ma hanno un sacco di conoscenze influenti, diciamo...
Comunque, un paio di settimane fa, sono riusciti a trovarmi, proprio da Minerva. C'è stata una discussione un po' animata con mio padre e per non rischiare di incontrarlo di nuovo, mi sono tenuto alla larga. Tutto qui." Raccontò, concludendo il tutto con un occhiolino nella mia direzione, come a tranquillizzarmi che quell'esperienza non avesse causato riscontri negativi nella sua vita.
"Sei una calamita per i guai, Signor Malfoy." Lo presi in giro per allegerire l'aria tra noi. Ero contento che si aprisse finalmente con me.
"Ti prego non usare questi appellativi. Già mi sento troppo vecchio per te."
Soffocò un gemito infastidito, continuando a tenere gli occhi fissi sulla strada ed io sbuffai.
"In realtà non è così tanto..." Mormorai. Draco sorrise.
"Okay non parliamo più di età, okay?"
Disse e mi porse il mignolo, offrendomi di mantenere la promessa. Sorrisi stringendolo con il mio. Restammo così, con i miglioli stretti mentre la nostra promessa aleggiava nell'aria.

#angoloChannaki_
Ed eccomi qui con un nuovissimo capitolo, lungo come piace a voi (faccina perversa). Cosa ne pensate?
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