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"Rose Gialle"

Il giorno seguente Hoseok si risvegliò in un letto vuoto.

Di Taehyung non c'era traccia da nessuna parte.

La sua mente ripercorse velocemente gli eventi della sera prima mentre si vestiva velocemente.

Ora che ci pensava Taehyung era stato fin troppo tranquillo considerando la portata della sua confessione.

Senza perdere un attimo si diresse nella stanza di Jelo, sbirciando attraverso la porta socchiusa.

Con un sospiro di sollievo, notò che lei dormiva tranquillamente nel suo letto.

Se Jelo era a casa, Taehyung sarebbe tornato.

Ciò non toglieva che lui fosse molto preoccupato.

Dove diavolo era andato?








«Dopo tanto tempo, ci rivediamo»

Mi sentii stupido a pronunciare quelle parole davanti una fredda lapide di marmo. Razionalmente sapevo che non era rimasto nulla di lei in quel posto, ma la tentazione di andarla a trovare era stata più forte di me.

Mia madre era sempre stata una donna bellissima, ma fragile e sola.

Dalla foto che era stata scelta per ricordarla invece sembrava felice e in pace con se stessa.

Quante menzogne stampate su carta.

Nonostante non credessi all'aldilà o ad un fantomatico dio, speravo che lei potesse aver trovato quella felicità che le era mancata in terra.

Lo speravo davvero.

Per anni avevo sentito quello scomodo senso di colpa depositato, come un sassolino sul fondo di un lago, nella mia anima ferita. Nascosto alla vista ma pur sempre presente.

Il suo suicidio, mi sono chiesto per tutto questo tempo, è stato davvero colpa mia?

La mia mente ha analizzato gli ultimi giorni della vita di mia madre più e più volte, trovandomi sempre innocente.

Eppure, la notte, quando i pensieri che si agitano costantemente nella mia testa smettono di seguire una logica ferrea, tutte le mie teorie e le mie conclusioni perdono consistenza di fronte alle parole che mio padre ha pronunciato quel giorno.

Sono quello che sono.

Problematico, freddo, difficile, strano.

Lo so.

Ma non sono l'assassino di mia madre.

Non posso esserlo, di tutte le colpe che ho, questa non posso accettarla.

Mi inginocchiai sull'erba umida a causa della rugiada mattutina e appoggiai sulla sua lapide delle rose gialle, i suoi fiori preferiti.

Iniziai a raccontarle tutta la mia storia, di Jelo, di Hoseok e della squadra.

Sapevo che non avrebbe approvato nemmeno la metà di tutte le cose che avevo fatto, era pur sempre una donna di alta classe cresciuta nel lusso.

«Sai» dissi poi fissando lo sguardo su una venatura bianca nel marmo, «potrei anche impugnare il testamento. Per diritto, tutto ciò che era tuo, appartiene a me. A lui non resterebbe nulla. Ma dovrei affrontarlo e non voglio. Potrebbe ancora portare via Jelo. Potrebbe...», esalai un pesante respiro, «... potrebbe far riconoscere la mia pazzia da una giuria e io... non voglio tornare ad essere quel bambino pazzo seduto da solo in una stanza bianca».

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