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"Io, ora" (3)

Sono stato già tradito altre volte.

Da mia madre, quando ha scelto di suicidarsi piuttosto che restare con me.

Da mio padre, quando mi ha accusato di essere la ragione di quella morte.

Ho perdonato mia madre – o meglio – non l'ho mai davvero incolpata. Era debole, succube, affamata d'amore... aveva deciso che la sua ragione di vita era mio padre e quando si è resa conto che non sarebbe mai stato suo, si è semplicemente arresa.

Non ho perdonato mio padre. Lui non merita né pietà, né comprensione. Merita solo una morte dolorosa e possibilmente lunga.

Hoseok è diverso da entrambi.

Mi ha detto che mi ha puntato un'arma alla testa, che mi ha mentito, che mi ha avvicinato per scoprire i miei segreti. Eppure, non riesco ad odiarlo.

Nella mente mi passa un ricordo di Jelo che guarda la tv.

Sullo schermo una donna parla del suo rapporto malato con il suo ex-fidanzato, del fatto che lui la picchiasse, le facesse del male, la denigrasse... del fatto che ci sono voluti anni prima che si decidesse ad allontanarsi da lui.

Jelo al mio fianco commenta indignata ogni gesto dell'uomo, ogni percossa, ogni parola brutta.

Il servizio finisce e tace anche lei, poi dopo un po' mi chiede: «perché non è fuggita prima? Perché ha continuato ad amarlo per tutti quegli anni?»

La voce è seria. Gli occhi confusi. Lei davvero non capisce, per lei nessuna forma di dolore, anche quella consensuale praticata nelle camere da letto, ha senso. Per Jelo, il dolore è dolore, e annulla ogni altra cosa. Ha provato sulla sua pelle torture orribili, il suo corpo è stato usato come un'oggetto, non ha avuto il controllo di nulla.

E non capisce come qualcuno si possa prestare consapevolmente a subire qualcosa che sa che farà male, non capisce nemmeno come si possa restare immobili a patire.

È venuta su bene, nonostante tutto, e mi piace pensare che un po' sia anche merito mio.

Quindi le rispondo ugualmente serio. «Perché è una stupida.»

Sono cattivo apposta. Jelo non deve pensare nemmeno per un momento che qualcosa del genere sia sopportabile. Non deve nemmeno sfiorarla l'idea che bisogni perdonare o sopportare, che i gesti violenti si possano giustificare. Voglio che combatta, sempre. Voglio che sia forte, più di quanto io sarò mai. Voglio che non soffra più.

So che quella donna dagli occhi spenti in tv ha sofferto, so che non è facile rompere una catena di abusi ma non mi interessa. Io devo fare in modo che lei metta sempre se stessa prima degli altri, che sia egoista.

Ora però, mentre guardo Hoseok negli occhi, mi chiedo se io non stia diventando come quella donna.

Sono davvero disposto a perdonare?

E Hoseok mi ha fatto davvero del male?

Mi sento tradito, è vero. Sono arrabbiato perché lui mi ha mentito, perché in un certo senso mi ha usato.

Sento qualcosa bruciarmi all'altezza del petto.

Voglio picchiarlo.

Voglio baciarlo.

Voglio cacciarlo.

Voglio consolarlo.

Dovrei prendere a testate il muro per schiarirmi le idea, dovrei chiedergli di andarsene, di lasciarmi pensare in modo che possa analizzare ogni suo singolo gesto, ogni parola e agire nel modo razionale che più mi si addice.

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