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Giro a piedi nudi per la stanza ammirando l'atmosfera della camera.

È tutto così spartano e vissuto, si capisce che prima fosse il suo studio fotografico e poi adibito come casa.

Il materasso al centro della stanza, giornali, pellicole in ogni dove, bottiglie di alcolici disposte disordinatamente sul tavolino.
Ed amo questo posto perché rispecchia perfettamente Matteo.
La sua vita, le sue passioni. Come la parete completamente tapezzata di foto che osservo curiosa, l'una al fianco dell'altra, sistemate per colore e grandezza.

Raccontano la vita di Matteo, sono centinaia, anche quella del cane di cui mi aveva accennato la scorsa sera ed è ancora più divertente nella realtà.

Proseguo con immagini ritagliate da giornali, scorci di tramonti, dalle mille tonalità di verde delle foreste, piuttosto che di monumenti caratteristici.

'Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato.' *

Una parete è dedicata interamente ad una sola persona, le scruto con attenzione perché ognuna ritrae sempre il medesimo soggetto.

Non ci metto molto a capire di chi si tratta. È rappresentata tutta la sua crescita di foto in foto ed è bellissima.

Gabriela mentre sorseggia da una fontana o sdraiata su un prato intenta a leggere un libro, mentre gira su se stessa gonfiando d'aria la gonna del vestito, piuttosto che mentre sorseggia qualcosa di caldo in un vecchio bar.

Sono attimi di vita quotidiana e per la maggiore non guarda nemmeno l'obiettivo,

sono naturali, spontanee, meravigliose. In una di queste, attaccata con uno spillo all’angolo della parete, Matteo e Gabriela che abbracciano al centro un bambino in procinto di spegnere una candelina sulla torta davanti, il numero tre su di essa.

Un moto di gelosia si impossessa della mia anima, rabbia per essere ancora fra le mura di casa sua.

È tremendamente bella, troppo bella. Mi sento fuori luogo,  lontana dal suo canone di bellezza. Passo da una foto all'altra invidiando sempre di più ciò che li ha uniti per così tanto tempo.

Lei era qua mentre i nostri corpi si mescolava, era qua mentre stringevo le mani al lenzuola con la testa di Matteo fra le gambe ed era qua quando i nostri baci danzavano al ritmo dei nostri cuori.

Guardo il letto disfatto immaginandoci qualche minuto fa. Un getto d'acqua fredda mi riscuote dello stato di trans sbattendomi in faccia il legame che ha con lei.

E se pensava a lei? Se ha rivisto in me la piccola ragazza di cui si era innamorato? Chi mi da la certezza che davvero non si stiano vedendo più?

La verità è che non so nulla sul suo conto, mi sono lasciata trascinare dal momento, dalla passione carnale.

Disprezzo me stessa per aver ceduto con così poca razionalità.
Non credo di poter vincere una battaglia già persa in partenza.

“Aria puoi fare una doccia anche
tu se.. “ irrompe nella stanza lasciando la frase a metà quando mi trova seduta a terra con la schiena sulla parete.

Capisce immediatamente ciò che mi affligge e si inginocchia silenzioso davanti a me, rivolgendo lo sguardo alle mie spalle “ lei era fra noi?” domando speranzosa che legga tra le righe ciò che in realtà gli sto chiedendo

“sincerità” affermo categorica, chiude gli occhi sospirando rumorosamente, mi basta questo per capire che i miei pensieri erano sensati,

accascia le spalle rassegnato “l’hai rivista?” “una volta” si vergogna per ciò che ha confessato da come pronuncia quelle parole, troppo piano per essere reali, un bisbiglio quasi inudibile.

Il dolore mi attanaglia la gola, come un macigno fermo sullo stomaco, una lama lacera il mio cuore e tutto si dissolve.

Ed era proprio a questo che non volevo arrivare, proprio questo ho tentato con tutte le mie forze di evitare. Non ci sono riuscita.
Non mi sono sforzata abbastanza per non permettere di sentirmi così ferita.

Mi blocca per le spalle stringendole con le mani “non ti sto usando devi credermi, solo che ogni tanto me la ricordi. Lo so che fa male, posso solo immaginarlo, ma ti prego lascia che piano piano sparisca per sempre” serro gli occhi per impedire alle lacrime di sgorgare, mi fa troppo male pensare che non era pienamente con me, che nei suoi pensieri entrava in punta di piedi l'immagine di un'altra donna.

Io che non piango mai difronte a nessuno. Che non ho mai scoperto così liberamente i miei sentimenti con le lacrime che, invece, sanno dimostrare.

Sono combattuta come mai prima: vorrei restare per paura che tutto questo possa tramontate o scappare per la presenza che annebbia il suo presente.

Stordita da questa rivelazione mi alzo senza dire una parola, raccolgo i vestiti in giro per la stanza con i suoi occhi che seguono i miei movimenti.

Mi sistemo senza curarmi di non avere le mutandine e quasi non mi rendo conto di avere il viso rigato da lacrime nere per via del mascara.

Mi guarda con un'espressione triste “non andare. Non sei la prima donna oltre Gabriela, con le altre sapevo che sarebbe stata l'avventura di una notte. Con te è diverso credimi e tutto questo mi confonde” il suo tono angosciato cattura la mia attenzione, ma la rabbia prende il sopravvento

“non andare? Mi chiedi di non andare. Cosa cazzo dovrei fare secondo te eh!? Dovevi dirmi tutto prima, prima che succedesse questo” enfatizzo gesticolando ritmicamente “ti avevo detto che non sarebbe stato facile, non è colpa mia se mi cerca continuamente”  “abbiamo corso troppo, bruciando tutto così” schiocco le dita alludendo

“Un rapporto senza sincerità è già destinato a morire. Com'è che avevi detto? Il nostro rapporto è più da fratello e sorella” sorrido tristemente "non credo di essere pronta a convivere con la consapevolezza di non essere l'unica” svelo più a me stessa credo che a lui, o forse me ne convinco.

Gli occhi sono ridotti a due fessure, la durezza delle mie parole hanno centrato il bersaglio mentre con entrambe le mani si scompiglia i capelli “io.. io.. non ci sono andato a letto” balbetta nel venirmi incontro 

“schiarisciti le idee” dico prima di uscire da quella stanza, da quella casa.

Mi scaravento giù per le scale barcollando per i tacchi, spalanco di fronte a me il portone e prendo lunghi respiri liberatori.

Mi reggo con un braccio al  lampione e con l'altro mi asciugo le lacrime che non vogliono finire di sgorgare.

Alcuni passanti mi guardano acciglianti ed è come se percepissero che non indosso l'intimo, come se mi leggessero dentro.

Mi sento così nuda, vulnerabile, fragile, offesa e spoglia.

E già mi manca terribilmente

Il cuore d'Aria  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora