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"Piccola, domani dovrò partire per Milano, per lavoro"
"va bene, rientrerai in serata? Ti aspetto a casa"
"no, starò via per una settimana" "una settimana?" domando sorpresa "sì purtroppo" abbasso il capo delusa, non era mai successo che dovessimo dividerci per tutto questo tempo.

"Hei" mi richiama sollevandomi il viso con le dita "non fare così, vedrai che voleranno questi giorni" sorride ma i suoi occhi non lo fanno, i suoi occhi non mentono

"mi mancherai da morire" lo abbraccio schiacciando la faccia sul suo petto. Contraccambia la stretta e poggia il mento sulla mia testa "anche tu"

Lo percepisco strano in questo momento, rigido. Non so spiegare bene che tipo di sensazione sia, ma è come se mi stesse nascondendo qualcosa "stasera passeremo la notte insieme?" chiedo speranzosa "no Aria, stasera ho un appuntamento per cena e farò tardi" "va tutto bene Matteo? Sembra quasi un addio"

"sì va tutto bene, adesso sarà meglio che vada, ti chiamo dopo. Ciao" dopo un bacio a fior di labbra si allontana "a che ora partirai domani?" quasi urlo per farmi sentire "Alle 9.30 dovrò essere alla stazione" "ok"

Sorridiamo a stento ma prosegue girando le spalle e lasciandomi impalata sul ciglio della strada, in compagnia di nuove domande, nuovi forse.

Seduta su uno sgabello sprigiono le emozioni sporcando una tela bianca.

Sfogo tutto, senza inibizioni, senza limiti.
Midnight city rimbomba dalle casse mentre butto fuori nubi di fumo che si dissolvono nell'ambiente annebbiandomi per qualche secondo.

Ho fatto una doccia appena rientrata e mi sono avvolta in una camicia bianca estremamente larga ma voglio sentirmi libera mentre rigetto tutto ciò che mi passa nella testa e che sento nel cuore.

Non esiste tempo, spazio, dimensione quando mi rifugio in ciò che mi riesce meglio.

Iniziai a disegnare già in tenera età. All'età di otto anni dovetti affrontare la morte dell'unico uomo presente nella mia vita. Mio nonno.

Era speciale lui, da vita vissuta, fatta di alcool, di fumo di pittura e soprattutto di donne.

Un uomo colpevole di puro egoismo e dannato. Non vi esisteva nulla che se avesse voluto non sarebbe riuscito a prendersi.

Il male che ha portato dietro di sé l'ho scoprì da grande, ma quando era nelle vesti di nonno era impeccabile.

Spesso facevamo un gioco, lui azzardava una parola ed io dovevo dire la primissima cosa che mi passava per la testa

"mare - estate"
"uomo - donna"
"gelato - pistacchio"
"anima - fragile"

Non dimenticherò mai l'espressione che ebbe in quell'istante, mi guardò serio e disse "sei già grande per la tua età" e credo che avesse proprio  ragione.

Dalla sua morte ereditai il suo materiale e le sue opere ma soprattutto la sua passione.

In adolescenza mi sedevo al parco e a differenza dei miei coetanei passavo i pomeriggi a riprodurre ciò che la natura aveva creato senza chiedere nulla in cambio, mi isolavo dal mondo estraneo ed iniziavo a pormi troppe domande.

Ogni tanto osservo distaccata ciò che rappresento e nel contempo mi sfrego sotto gli occhi il trucco sbavato.

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