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Questo pomeriggio inizierò in accademia il corso di nudo artistico.

Il cielo uggioso ha preannunciato un temporale e nemmeno l'ombrello basta ad evitare che l'acqua mi inzuppi dalla testa ai piedi.

Salgo a bordo e mi dirigo verso un seggiolino ancora libero e come di consueto indosso le cuffie e appoggio la testa al finestrino mentre mi lascio trasportare sulle note di somebody.

Ho trascorso la Domenica sotto le coperte, e sul tardo pomeriggio sono andata a trovare mia madre, la mia dolce nonnina e mio nonno. Abitano da anni ormai nel silenzio tombale del cimitero. Con una bella tazza di the caldo, ho sistemato i fiori sulla lapide, contornato il viso delle loro foto con i polpastrelli.

E poi ho sospirato. Tanti sospiri uno dietro l'altro.

Ormai ho imparato a conviverci con il dolore, ho capito che se lo accetti ed assorbi è tutto meno doloroso da affrontare.
Sono molto più pessimista, non mi aspetto più nulla dalla vita e quando affronto qualcosa sono fermamente convinta che andrà male.

Io che nasco con la voglia di vivere libera come l'aria fra dita. Io che ho vissuto i tramonti, gli amori, le sagre, i fiumi, le scampagnate e i campi di grano.
A ventisei anni mi sento più morta di sentimenti che mai.
Io sopravvivo. Sfogo i miei bisogni e subito dopo mi barrico nei ricordi di una vita felice.

All'ora di pranzo insieme ad Elena andiamo in un posticino molto carino ed intimo che abbiamo scoperto per caso un paio di settimane fa, in via Garibaldi, una delle principali strade del centro di Torino.

È un posto molto suggestivo, una trattoria piccola e accogliente.

"È tutta la mattina che ti vedo strana e ieri non hai risposto a nemmeno una delle mie chiamate. Mi vuoi dire cos'hai?" domanda mentre mastica un boccone di torta al cioccolato

"ci siamo baciati" diretta come sempre.
Per poco non si strozza ed inizia a tossire rumorosamente
"tieni, bevi" le porgo il bicchiere d'acqua e aspetto che si riprenda "ti sei baciata con chi?" "con Matteo, il ragazzo del tram" sgrana gli occhi sorpresa, formando con la bocca una piccola o, "alt" le intimo con la mano aperta "ti racconto tutto".
"... ed io me ne sono andata senza nemmeno voltarmi" concludo

"beh, mi hai lasciata senza parole. Allora sei umana anche tu" mi punzecchia, "e ti è piaciuto?" "da morire Ele" rispondo rassegnata "non puoi capire. È stato davvero un vortice di sensazioni. C'era tutto, ma non credo che lo rivedrò più" "bello e dannato" sogghigna la mia amica

A braccetto ci avviamo di ritorno alla galleria. Sto sempre bene in sua compagnia, mi capisce con un solo sguardo e soprattutto riesco ad essere sempre me stessa

"Ah, prima che mi dimentico. Una volta uscita da qua ho il corso di nudo, peccato non ti sia iscritta anche tu. Domani ti faccio sapere" "va bene Ari".

Saluto i miei colleghi e mi dirigo in accademia una volta a settimana per tre mesi.

Ho sempre amato il disegno, è la mia prima passione. Quando mi concentro su una tela la mente si libera ed io mi lascio trasportare dalle emozioni.

Pablo Picasso disse che la pittura è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente, ciò che dice a se stesso riguardo a ciò che ha visto.

Primo piano/aula 12, leggo sul foglio che mi hanno lasciato in segreteria.
L'aula è predisposta con diverse sedie in semicerchio mentre al centro uno sgabello ed un tessuto rosso ricamato. 

Io con il resto dei ragazzi prendiamo posto e l'insegnante introduce la lezione "... bene ragazzi adesso vi presento il modello che poserà per voi, prego vieni pure"

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