Matteo

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Sfrecciamo uniti sull'asfalto usurato nella Torino caotica del sabato pomeriggio

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Sfrecciamo uniti sull'asfalto usurato nella Torino caotica del sabato pomeriggio

Alcuni sprazzi timidi di sole sfuggono ribelli tra le nubi color cenere che avvolgono l infinito.

Mi ostino ad indossare la solita corazza perché ciò che sto per fare ha un valore per me inestimabile e so che ne percepisce la tensione fra i muscoli e le vene e le ossa.

Ma lei, ci è riuscita.
Ha faticato, tanto, e posso considerarmi pronto per affrontare un piccolo ma grande passo.

Non sarebbe giusto pretendere senza darle nulla in cambio

Prima che si stanchi e fugga

Mai e dico mai l'ho considerata l'avventura della notte.
Mai ho pensato che fosse la mia puttana.
Mai.

In rigoroso silenzio scendiamo dalla moto che ho posteggiato nell'ampio spiazzale.
La osservo di sottecchi mentre si sfila il casco che incastra su gomito, scrolla i capelli in maniera tremendamente sensuale e mi segue guardandosi intorno.

Evito volutamente i suoi pozzi profondi e le stringo forte la mano incastrando le dita tanto forte che mi sembra di fonderne le carni. E lei ricambia poggiando le soffici labbra sul mio collo.

Lei capisce.
Mi capisce sempre.
Mi vive.
Mi sente.

Avanziamo fino all'ingresso procedendo nell'ampio atrio dai muri bianchi della clinica.

Tutto è bianco qui. I pavimenti. Gli arredi. I camici. E gli animi.

Era colorato il suo. Sempre allegro. Sempre solare.

L'odore di questo posto è sempre lo stesso, nauseante. Disinfettanti, alcool e tristezza. Saluto con un cenno del capo coloro che ormai, mi conoscono da anni.

Schiaccio il tasto per chiamare l'ascensore e fisso le porte argento chiuse

"Stai tranquillo amore"dice apprensiva risvegliandomi dallo stato di trans come il canto delle sirene.

Accenno un sorriso cordiale, ma di stare tranquillo proprio non riesco. Un nodo ormai famigliare da quando entro in questo posto si attanaglia nello stomaco.

Continuo con passo incerto fino alla sua camera, lungo i corridoi.

"Matteo" mi richiama l'infermiera che se ne prende cura
"Rachele ciao" mi abbasso per raggiungere la sua altezza e mi lascio stringere in uno di quegli abbracci che solo una mamma sa dare.

"Come stai?" continua stringendomi le guacie

"Bene bene. Lei è Arianna, la mia fidanzata" mi scanso di lato da lasciarle lo spazio per avanzare.

"Molto lieta signora"

"Che bello Matteo. Sono cosi contenta" Saetta gli occhi lucidi da me a lei e le cinge le braccia intorno alle spalle.

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