Colonna sonora: Killing in the name- Rage Against The Machine
Avrebbe dovuto attaccare alle sette in punto.
Uscì in sella alla sua bici Cannondale senza aver fatto colazione. Ci andò piano sui pedali, come se in quel modo potesse distorcere il tempo prolungandolo all'infinito. Ma alle sette meno quindici era già davanti alla Philadelphia UFP n° 4, nella Red Lion Industrial Park.«Universal Fuel Plant» mormorò Elio a denti stretti, osservando la targa in cima all'edificio che riportava tre soli caratteri: 'UFP'.
Non era il primo arrivato: il parcheggio era già invaso dalle auto.
Famiglie intere sostavano nel piazzale di fronte all'imponente struttura che, vista dall'esterno, sembrava un comune stabilimento industriale. La parte centrale, un gigantesco cubo, superava in altezza i due capannoni che le poggiavano ai lati.
Una riga di agenti delle HRSS, acronimo di Human Resources Special Squad, stazionava di fianco alla porta automatica che introduceva al cubo. Riparati dietro scudi antisommossa e coi volti nascosti da caschi di ordinanza, se ne stavano immoti, come il tempo, che sembrava essersi congelato.
Nel piazzale, tra abbracci inzuppati di lacrime, gli anziani salutavano i propri cari e si apprestavano a seguire le indicazioni di altri agenti della temuta HRSS.
Nelle loro divise bombate, nei loro giubbotti antiproiettile, sotto il peso di dotazioni da guerra, quei moderni dèi della morte se ne andavano in giro a richiamare i poveretti che cercavano di trattenersi il più possibile con i propri cari. Interrompendo i commiati, li invitavano a mettersi in coda all'ingresso dello stabilimento.
Molti dei trasformandi avevano indosso abiti buoni e salutavano i propri cari con la dignità e l'orgoglio di chi si sacrifica per un bene superiore.
Altri non accettavano così placidamente quel destino.
Elio spostò gli occhi verso la direzione da cui qualcuno stava urlando un lungo straziante no. Due poliziotti stavano trascinando con la forza un uomo attempato. Delle grida giunsero in simultanea da un'altra parte: altri due poliziotti stavano trasportando di peso una signora anziana, uno tenendola sotto le ascelle, uno per i piedi. Tutto ciò tra le proteste dei relativi parenti, che ora sfidavano l'avanzata degli uomini in antisommossa.
I ribelli ebbero la malasorte di saltare la fila formata da chi s'era allineato più o meno spontaneamente.
Elio si chinò sulla ruota anteriore, passò la catena tra i raggi e assicurò la bici alla rastrelliera. Anche lui tentava di rimandare il più possibile l'ingresso.
«Buongiorno, signore. Posso aiutarla?»
Sollevò lo sguardo e vide una donna dell'HRSS con la brutta copia di un sorriso di cortesia stampata sul volto.
«Oh, no grazie, penso di riuscire a trovare la strada da solo» rispose e accennò col capo alla lunga fila.
«Sembra giovane» disse la poliziotta.
«Infatti sono qui per lavoro.»
La donna sciolse i muscoli del volto. Ora sembrava quasi un essere umano.
«Oh, molto bene» disse. Aspettò che si raddrizzasse e gli strinse la mano con fare decisamente più amichevole.
«Le auguro una buona giornata.»
Elio attraversò il parcheggio con addosso la sensazione di sprofondare ogni passo un po' di più. Sotto l'obiettivo di numerose telecamere di sorveglianza, costeggiò la fila di uomini e donne canuti. Dai loro occhi trasudava terrore. Alcuni non osavano sollevarli da terra, altri li tenevano fissi davanti a sé e abbracciavano con lo sguardo l'intero complesso industriale verso il quale erano diretti: l'ultima tappa della loro vita.
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L'ultimo olocausto
Science FictionSeconda metà del secolo corrente. Crisi energetica e sovrappopolazione innescano circostanze drammatiche e precipitano il mondo nel caos. In un'ottica di conservazione del benessere, ogni essere umano diventa vittima e carnefice allo stesso tempo. E...