29~ Buon viaggio

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Colonna sonora: Heroes- David Bowie

Noe

Noe non riusciva a chiudere occhio nel dormitorio in cui si era trasformato l'appartamento di Amhid. Nel divano letto, Yuna aveva sconfinato. Il suo respiro sul collo e la sua mano sul petto erano un balsamo con note acide.

Wahid era di spalle, rannicchiato su un materasso gettato sul pavimento.

Non riusciva a vederlo in volto, ma immaginava che anche lui fosse sveglio, e non solo per via delle luci accese.

Si chiedeva come si fosse sentito prima di mettersi giù a dormire, quando Yuna gli aveva chiesto delle persone che erano state prigioniere con lei; non bene a giudicare dall'espressione che gli si era dipinta sul volto. I suoi occhi bassi e lucidi nel riferire che a quell'ora forse non ne era rimasta più nessuna in vita, avevano dimostrato che un briciolo di cuore pure lui ce l'aveva. Ma quanto valevano quelle tracce di sentimenti in un ragazzo che non aveva provato a fermare l'assassinio di tanti innocenti?

Si chiedeva questo, Noe,  quando le note solenni dell'inno degli USS risuonarono nella stanza.

Staccò la schiena dal materasso e la mano di Yuna gli scivolò via dal petto.

Wahid scattò in piedi e si guardò intorno come se cercasse qualcosa, poi corse verso un tavolino basso di vetro e prese lo shifterphone che vi aveva lasciato sopra.

«È mio padre. Cosa gli dico?»

«Intanto metti il vivavoce» disse Noe. «Poi gli dirai la verità: che sei in buona compagnia.»

Wahid non dimostrò di aver capito la battuta, perché non fece neanche mezzo sorriso.

«Sì?» disse dopo aver accettato la chiamata.

Una voce adirata tuonò nell'appartamento.

«Ma dove diavolo ti sei cacciato?»

Noe giudicò che il figlio di Tahimàd non avesse molto senso dell'umorismo, ma almeno era conciliante: il vivavoce lo aveva messo per davvero.
Si portò  l'indice davanti alla bocca per ricordare a Yuna di fare silenzio.

«Da nessuna parte, c'è stata una festa e ho dormito a casa di amici» disse Wahid.

«Sei il solito scellerato! Come ti è venuto in mente di fare baldoria in un momento del genere?»

«Ma, papà...»

«Wahid, non c'è ragione che tenga! Mando Abel a prenderti, dimmi dove ti trovi, tra due ore si parte.»

Wahid sbiancò. «Cosa? Per dove?»

«Per la nostra patria, idiota! È il momento di tornare a casa. La nostra vera casa, la nostra terra. Allora dov'è che ti trovi?»

Wahid iniziò a mordersi l'unghia del pollice. Chiaramente era in difficoltà.

«Lascia stare, mi arrangio da solo. Ci vediamo all'aeroporto.»

Noe emise un sospiro di sollievo pensando che Wahid se l'era cavata piuttosto bene per il momento.

«Ehi pa', faresti una cosa per me?»

«Che cosa?»

«Portami il Rollbook. Dovrebbe essere in camera mia, nel comodino o nella cassettiera, e anche le cuffie.»

«Come? Ti pare che adesso mi metto a cercare uno stupido Rollbook? Ho altro a cui pensare Wahid!»

«E dai, per favore.»

L'ultimo olocaustoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora