34~ Onore

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Colonna sonora: Change- Deftones

Amhid Kassir

04 maggio 2066

Quando Yuna e Noe comparvero sulla scala di sbarco, ogni rumore e ogni singola voce vennero soffocati da uno scroscio di applausi.

Kassir era in prima fila davanti al Jet Boeing atterrato nell'aeroporto militare di Philadelphia. Poter essere lì, libero, malgrado non avesse nemmeno il permesso per calpestare quel suolo, non contava nulla di fronte a ciò che aveva perso.

Elio e Frank erano accanto a lui e dovevano essersi accorti di quanto fossero incerte le sue gambe poiché gli si tenevano incollati ai lati, come se volessero fargli da sostegno.

Alcuni membri della Polizia Federale si erano piazzati alle loro spalle.

Anche se non poteva vederli, Amhid sapeva di averne addosso gli sguardi.

Poco distante, oltre una rappresentanza di alti funzionari, c'era perfino il Presidente degli USS, attorniato dalla sua scorta. A testa alta, applaudiva anche lui, mentre Yuna e Noe attraversavano una sorta di corridoio formato da due fila di membri dell'esercito, fermi nel saluto militare.

Quei ragazzi avevano una luce nuova, benché sui loro volti non vi fosse traccia di felicità: era la luce della vittoria.

Elio e Frank fremevano per il desiderio di corrergli incontro, glielo si leggeva negli occhi, ma rimasero al suo fianco fino a che i due non furono abbastanza vicini. A quel punto smisero di trattenersi e li accolsero in un unico grande abbraccio, come una squadra al termine di una partita vittoriosa.

Amhid si tenne indietro, in disparte. Non se la sentiva di intromettersi in quella manifestazione di gioia e di sollievo, e non intendeva in alcun modo smorzarla col suo dolore.

Tuttavia, all'improvviso, si sentì afferrare per un braccio e trascinare al centro del gruppetto.

Dopo averlo tirato dentro e averlo ringraziato, dopo i cenni di incoraggiamento e le pacche amichevoli di tutti, Noe gli si strinse al petto e gli parlò in un orecchio: «Ce l'ho, ma i militari hanno sequestrato il Rollbook di Wahid. Tu invece, ce l'hai il tuo?»

Amhid annuì e indicò con gli occhi la ventiquattrore che stringeva saldamente in pugno e che la Polizia di Philadelphia gli aveva restituito, dopo aver sequestrato i fascicoli e dopo aver operato accuratamente sul Rollbook appropriandosi del contenuto dell'Hard Disk.

Ora quello strumento, a cui aveva affidato il lavoro di anni, era solo una scatola vuota.

Quando l'abbraccio collettivo si sciolse, le personalità illustri si incolonnarono e iniziarono a salutare i ragazzi. Il primo a farlo fu il Presidente degli USS, poi seguirono tutti gli altri.

Ma c'era ancora una persona a bordo del Jet: Wahid.

Quando tutti tornarono ai loro posti, dopo aver ossequiato Noe e Yuna, il silenzio tornò sovrano e un funzionario dell'esercito chiamò la salma a gran voce:

«Accogliamo con la massima onorificenza Wahid Tahimàd!»

Sei militari vennero fuori dalla stiva portando a spalla una bara su cui era adagiata una bandiera degli USS.

Amhid sentì il dolore esplodergli nello stomaco. Era come se un macigno gli si fosse frammentato dentro, dividendosi in pietre appuntite che lo laceravano. Molte vite erano state sacrificate per quella scommessa. Ci aveva puntato anche la sua, ma la morte di Wahid davvero non sapeva come affrontarla.

L'unica cosa che poteva fare era omaggiarla.

Consegnò la sua ventiquattrore a Noe e andò incontro alla bara interrompendo la marcia solenne dei soldati. Afferrò un lembo della bandiera degli USS e la tirò via, rabbioso. Tra i mormorii di sottofondo, appoggiò una mano sul legno lucido della cassa e si abbandonò a un pianto che gli scuoteva anima e corpo. Ma non poteva crollare, non ancora.

L'ultimo olocaustoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora