2~ I Demoni di Elio

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Colonna sonora: Il mostro- Linea 77

Arrivò il primo stipendio, poi arrivarono il secondo e il terzo. Quei soldi e il potere che avevano di salvare la vita di suo figlio erano tutto ciò a cui Elio si aggrappava quando era al lavoro. Quando usciva dalla UFP invece la priorità era cancellare l'orrore che ogni giorno si perpetrava davanti ai suoi occhi, attraverso di lui, e dimenticare l'incubo della malattia di Noe.

Era alla Locanda del vecchio Jim, al sesto whisky senza ghiaccio. Finestre oscurate e dipinti astratti alle pareti, quelli erano i confini del mondo in cui si rifugiava dopo ogni turno.

Mentre muoveva la testa a ritmo della musica folk diffusa nel locale, rimuginava sulla sua scelta di divenire membro operativo del sistema che imponeva il sacrificio delle persone anziane.

Settantacinque anni. Quello era il tempo che era consentito di vivere, al cui scoccare si finiva nelle sue mani o in quelle di altri uomini come lui, miserabili che avevano accettato di portare un peso simile sulla coscienza.

La luce fioca ombreggiava le macchie che in realtà erano volti.

Tra i tavoli di legno massello, le scene di raccoglimento superavano quelle di convivialità. Uomini e donne di età apparentemente prossima a quella trasformabile costituivano la stragrande maggioranza della clientela. Mandavano giù di tutto, purché fosse alcolico.

«Un altro giro, per favore» disse Elio.

Il barman riempì i bicchieri a lui e ai suoi compagni di sbronza.

«Ci si poteva concentrare sul biodiesel» disse uno con la voce impastata.

«Sì come no, siamo dieci miliardi su questo pianeta, non si possono sottrarre i terreni alle colture alimentari» rispose un altro.

«E gli animali allora? Si potrebbero trasformare gli animali!»

«Ma finiscila con questa storia. Come potremmo nutrire tutti gli animali che ci servirebbero? E l'acqua? Quanta acqua occorrerebbe? Siamo dieci miliardi su questo fottuto pianeta, dieci miliardi! A malapena riusciamo a produrre cibo per noi.»

Quello che puntava su biodiesel e trasformazione di animali indicò l'altro con un dito. «Ehi, guardate tutti qui!» strillò. «Ecco uno di quelli che si è bevuto la storia dei campi coltivabili e dell'acqua che non bastano. O nutriamo le persone o gli animali... come no!»

Elio ingoiò la sua dose etilica senza sentirne il sapore.

«Chiacchiere, solo chiacchiere» disse e chiese il conto.

Barcollò fuori dal locale e si accorse di non essere in grado di issarsi sulla bici, così la lasciò dov'era e andò a piedi fino a casa. Quando fu nell'ascensore e pigiò per il piano, credette che gli ultimi passi per arrivare nel suo appartamento non sarebbe riuscito a compierli, tanto era sfatto.

Impiegò qualche minuto per inserire le chiavi nella toppa e aprire la porta. Si trascinò fino al divano e si lasciò cadere. Noe indossava un caschetto di realtà virtuale e sparava a chissà cosa con una pistola controller.

«Spegni la consolle, amore. È ora di andare a dormire» gli disse Maria bussando sul caschetto.

Noe se lo sfilò dalla testa calva.

«Ah, ciao pa', scusa, non mi ero accorto che fossi rientrato» disse allegro, ma dopo averlo guardato meglio passò a un tono di rimprovero: «Ma papà, perché non cambi lavoro, se quello che fai adesso non ti piace?»

Per quanto fosse ubriaco, Elio capì che non poteva permettersi la sincerità e che nemmeno avrebbe potuto cavarsela con un "Va tutto bene".

Ehi, ammazzo gente ogni giorno, è faticoso, ma va tutto bene, tranquillo. Decisamente non ci stava.

Noe però aspettava una risposta e lui riusciva solo a pensare che non importasse quanto alcol avesse in circolo: nulla poteva attenuare la botta di vedere l'effetto della chemio su suo figlio.

Maria provò ad aiutarlo:

«Tuo padre ce la sta mettendo tutta amore. Ha inviato decine di curriculum, ma è difficile trovare un impiego ben pagato come quelli nelle UFP. E noi abbiamo bisogno di parecchi soldi.»

«Per colpa mia vero?»

Il volto di Maria si fece pallido. «Non è colpa di nessuno, è chiaro scoiattolino?»

«Ho tredici anni, smettila di chiamarmi così!» sbraitò Noe. Gettò a terra la pistola controller e corse verso la sua cameretta.

«Non volevo parlare in quel modo.»

«Lo so, tranquilla, vedrai che gli passerà.»

Elio si tirò su dal divano con l'intenzione di raggiungerla, ma come le fu vicino si sbilanciò e le si accasciò addosso.

Si scusò e, ritrovato l'equilibrio, trascinò i piedi fino alla cucina. Si mise a sedere e scoperchiò la pentola al centro del tavolo. Dentro c'era una poltiglia verde.

«Noi abbiamo già cenato» disse Maria sostenendosi allo stipite.

Elio mise a fuoco la sostanza collosa in cui si era trasformata quella che probabilmente era una zuppa e pensò che non avessero sbagliato a mangiare senza aspettarlo. Guardò l'orologio a parete per capire quanto avesse tardato.

Erano le nove e trenta e lui era un rottame che non offriva alcun sostegno alla sua famiglia, a parte quello economico. Promise a se stesso che avrebbe fatto di meglio, ma gli vennero in mente tutte le volte che aveva già formulato e poi disatteso quel proposito.

L'ultimo olocaustoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora