t h i r t y

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«Allora, dove siete stati?» Taehyung si fece piccolo piccolo, mentre Jungkook, di fianco a lui,  con una postura composta che aveva scoperto tenesse solo in presenza dei genitori, alzò un sopracciglio con la sua classica aria saccente, spiegando alla madre di essere andato a fare un giro nel centro storico, e che aveva ben pensato di portare Taehyung con sé. Vedere il castano tornare, anche se per finta, al comportamento di tempo fa, metteva lui i brividi. Odiava quella parte di lui, lo aveva fatto soffrire talmente tanto che adesso, una volta superata, non voleva sentirne nemmeno parlare.

«Al centro storico?» sussurrò Taehyung una volta raggiunto un corridoio isolato in cui potevano parlare ed essere loro stessi. L'espressione seriosa di Jungkook era sparita lasciando posto ad un adorabile sorrisino da coniglietto.
«Non sapevo cosa inventarmi!» si difese, scoppiando a ridere subito dopo, contagiando anche l'altro, che si coprì la bocca.
«Posso entrare?» Con il mento indicò la porta della camera di Taehyung, che senza esitare la aprì spingendolo all'interno della stanza.

Rimase immobile, mentre fissava il ragazzo togliersi le scarpe come se niente fosse, facendo cadere accanto a loro anche i pantaloni e la maglia, restando in mutande. Cosa che generò un insolito rossore sulle guance del biondo, che, sebbene avesse già visto Jungkook in quelle condizioni, non poté fare a meno di imbarazzarsi.
«Vieni qui» Il moro cercò di ignorare il fatto che Taehyung si fosse trasformato in un peperone e allungò le braccia per far si che l'altro si potesse rifugiare in esse.

Il profumo che la pelle di Jungkook sprigionava era dolce e fresco, fu in grado di constatare il ragazzo mentre si stringeva contro di lui, posando il naso sul suo collo. Alzò un attimo il viso per poter guardare Jungkook, ma si ritrovò nuovamente con gli occhi a terra: come guardare troppo a lungo il sole, quando sei costretto ad abbassare gli occhi perché sì, quella luce è troppo per te. E il castano era troppo per tutti.

Restarono abbracciati per secondi che parvero ore, con il cuore di entrambi che batteva incessantemente contro le loro casse toraciche.
«Tae» la voce di Jungkook apparve roca e un po' incrinata, ma l'altro decise di non farci caso, e di annuire per dar lui modo di parlare.
«Mi ami?»

Quelle parole si schiantarono nelle orecchie con talmente tanta pesantezza da fargli male, e si allontanò un attimo, generando panico e confusione negli occhi che lo stavano guardando in attesa di una risposta. Si grattò il braccio, e guardò il pavimento. Perché doveva fargli quella domanda? Non poteva starsene zitto, e non mettere lui ulteriori dubbi ed interrogativi?

«Perché me lo chiedi?»
«È un no?»
«No!» si allarmò portando le mani in avanti e scuotendole, facendo sorridere Jungkook che si sedette sul suo letto guardandolo con quanta più purezza potesse guardare qualcuno: Taehyung non era abituato ai suoi occhi così sinceri e privi di ogni malizia o arroganza su di lui, e la cosa gli faceva piacere.

«Non lo so» ammise alla fine «Non credi sia presto? Insomma, hai smesso da poco di trattarmi come il tuo schiavetto e...»
«Quello è un capitolo chiuso» alzò l'indice per interromperlo «Vorrei lo dimenticassi, per rispondere a questa domanda»
«E come potrei farlo? Se penso che magari sto iniziando a provare qualcosa di grande per te, mi tornano in mente tutte le cose che mi hai fatto negli anni passati» nella sua voce adesso c'era un misto di amarezza, che giunse al cuore di Jungkook come una lama pronta a trafiggerlo più volte nello stesso punto. Il dolore fu tanto forte, per il castano, che contrasse le labbra in una smorfia, quasi come se davvero qualcuno lo avesse colpito fisicamente. L'altro si morse il labbro, guardando in basso, trovando le punte delle sue scarpe insolitamente interessanti.

«Scusami» disse soltanto Jungkook, prendendo velocemente i suoi vestiti da terra, ed infilandoli frettoloso. Non riuscì a capire, il biondo, se la scusa fosse dovuta alla sua precedente affermazione riguardo ai loro precedenti, o al fatto che se ne stesse andando, ma chiuse gli occhi, stringendo forte una mano chiusa a pugno.

«Comunque sì»
La mano del castano, in procinto di afferrare la maniglia, si soffermò a mezz'aria, e le sue labbra formarono un sorrisetto.
«Sì cosa?»
«Non farmelo ripetere» Sorrise per la voce imbarazzata di Taehyung, e finalmente si voltò verso la sua direzione, fiondandosi sulle sue labbra come un disperato che ha passato settimane nel deserto e trova una sorgente d'acqua.

I suoi movimenti erano più decisi, e quel bacio era diverso, passionale e bagnato. Le mani del ragazzo trovarono sostegno nelle robuste spalle di Jungkook, che non smetteva di stringerlo e di passare le proprie lungo tutto il suo corpo: dava lui sicurezza, la consapevolezza che fosse lì, che non fosse un sogno, che nonostante i suoi atteggiamenti passati, non fosse andato via come gli altri. E per ogni suo sguardo, od ogni che si intrufolava vogliosamente sotto la sua maglia, corrispondeva un "anche io".

-

«Ragazzi, sedetevi» gli occhi solitamente inespressivi e spenti della Signora Jeon quella sera erano velati da una sottile eccitazione, mascherata quanto basta per conferirle un tono sempre composto e freddo, che non poteva assolutamente permettersi di abbandonare. Taehyung non sapeva se esserne felice o esserne spavento.
Jungkook quel giorno era più serio del solito, gli sguardi di fuoco tra lui e il padre non si erano mai placati, ed anzi, diventavano di giorno in giorno più tesi ed insistenti.

Prese posto al suo solito lato di tavolo, stranito dal fatto che per quel giorno gli avessero concesso di non preparare la tavola. Ciò che dovevano dire riguardava anche lui? Era così importante? Cercò conforto e appoggio nel castano, troppo preso a guardare altrove e a premere la lingua contro l'interno della guancia, chiaro sintomo di disappunto e nervosismo. Una morsa strinse il petto di Taehyung, che si sentiva impotente davanti al malumore del castano, che invece lo aiutava sempre quando era giù di morale. Probabilmente era l'unico troppo preso dalla loro pseudo relazione, e Jungkook non amava lui tanto quanto lui amava Jungkook.

I suoi pensieri trovarono presto fine non appena la donna chiamò nuovamente la loro attenzione con un colpetto al bicchiere in vetro: «Questo sabato siamo stati invitati alla tenuta della famiglia Choi» il suo sorriso tirato fece rabbrividire Taehyung, mentre la sedia di Jungkook strideva, rivelavando la rabbia del ragazzo, che si era alzato, intenzionato a non ascoltare oltre. A fermarlo fu il padre, che con un falso sorriso lo invitò a restare, per ascoltare sua madre.

«È inutile che ascolti, so già tutto» borbottò a denti stretti, tenendo gli occhi fissi sulla donna. Erano così scuri da essere indecifrabili, gli occhi di una persona capace di trasformarsi, se presa dalla rabbia. Taehyung deglutì e sorrise nervoso, percependo la tensione: «Ed io che c'ent-»

«Lui non verrà» Secche, rapide e violente. Ecco come risultarono, alle orecchie dei presenti, quelle parole. Il moro aveva posato entrambi i palmi aperti contro il tavolo, lo sguardo principalmente puntato sul padre. Un espressione seria che lo rendeva più simile del normale al genitore. La Signora Jeon scosse la testa per spazzare via la sorpresa nel suo volto.
«Perché no? È un membro della famiglia Jeon, e l'invito è esteso a tutta la famiglia»
«No, lui non è che uno sporco governante e in quanto tale, non voglio sia presente»

Taehyung ebbe paura che il suono del suo cuore che si frantumava potesse essere udito. Chiuse la bocca, precedentemente spalancata e si impose di non piangere. Non lì, non davanti a tutti e non davanti a Jungkook, che era stato così bravo a sedurlo e a fargli credere di essere importante, a dargli sicurezze morte nell'esatto momento in cui aveva pronunciato quella frase. Con quanto più coraggio possedeva, alzò lo sguardo, rivelando un espressione indifferente, ma che solo da un occhio attento sarebbe potuta risultare patetica, finta e pronta a trasformarsi in pura tristezza.

«Non sei tu a dettare regole qua dentro» fu il padre a parlare, ma Taehyung ascoltò a malapena il resto della conversazione. «Fintanto che abbiamo deciso che verrà con noi, lui verrà con noi, che ti piaccia o no»

La cena fu una delle più lente e tese mai passate: sentiva bruciare su di sé gli occhi di Jungkook, che probabilmente sperava ricambiasse ogni suo sguardo. Non lo farò, si disse concentrandosi sul suo cibo, non lo meriti. Chiese se avesse dovuto sparecchiare la tavola, ma la Signora disse lui che poteva andare a letto e riposarsi. Fu piuttosto veloce quindi a sgattaiolare al piano di sopra e a chiudersi dentro la sua stanza, dove finalmente poté sfogare ogni sua frustrazione scoppiando in un pianto carico di angoscia, che solo la persona che aveva fatto lui del male, avrebbe potuto placare.

Non sono morta :)

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