Capitolo 6

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Subito una folla di gente mi travolge. Un uomo alto e moro ci trascina non so dove: non si vede niente oltre la coltre di  persone, c'è troppo traffico sui marciapiedi.
Qualcuno mi prende la mano da dietro; cerco di sfilarla,ma la stretta si fa più forte. Mi giro e vedo che è Frank. Lo fisso perplessa.

«Non dobbiamo perderci!»

Voltandomi, noto la testa azzurra di Gimiax e quella pelata di Spake abbandonarci  nella confusione.

Annuisco.

Le persone intorno a noi continuano a parlare con la vocetta stridula da Capitol City, facendomi rimbombare la testa. Riesco riconoscere la testa nera dell'uomo davanti a un edificio che ci aspetta.Lo raggiungiamo .

«Signori - si rivolge a noi cordiale - siete pregati di entrare».

Lo seguiamo all'interno del palazzo rosso-oro scintillante.

La porta scorrevole si apre, sfumando il mio riflesso sul vetro brillante: non sono  proprio uno spettacolo dopo due ore di sonno nel letto di un treno.

L'uomo ci guida verso un enorme atrio. Ci sediamo su un divanetto in pelle rosso che, al contario di quanto sembra, è molto duro e piuttosto scomodo.

Continuo a muovermi e spostarmi,  non ottenendo niente se non la mano di Frank sulla spalla che tenta di tenermi ferma. Lo sto facendo innervosire.

Il tizio ci dice due cosette fondamentalmente inutili, ad esempio che sarà il mio stilista e collaborerà con una donnicciola graziosa (la prima esteticamente accettabile che ho avuto il "piacere" di incontare in città). Ci porta fino alla reception e ci fa accompagnare in stanza.
Dopo tutto, la vita così non è male.Sarà anche  breve, ma non male.

***

Sono troppo agitata per dormire.Neanche il caffè mi ha aiutato a rilassarmi.
Decido,allora, di farmi un giro per l'hotel: prendo l'ascensore e premo il pulsante "6" che porta sul tetto.

Le porte d'acciaio si aprono e lasciano spazio alla visuale: un enorme giardino si estende davanti a me.Un giardino! Non una piscina come degli hotel di lusso dovrebnero avere,  ma un giardino. Mi avvicino all'erba e la sfioro con la punta  delle dita per scoprire delle goccioline trasparenti e brillanti sui lati.

È proprio un bel praticello: al centro si erge una piccola scultura fatta con le rose, mentre ai lati le campanelle bianche la mettono in evidenza.

Percorro la stradina cementata costeggiata di pietre che porta fino a un terrazzetto rialzato in vetro

Faccio un passo incerta,ma il balconcino sembra reggermi. Mi affaccio sulla balaustra e...do una facciata.

Ma che cazzo....

Passo la mano davanti a me e l'aria si increspa.Aggrotto la fronte.

Provo a tirare un pugno. Ahia. Mossa azzardata.

Mugolo dal dolore e mi esamino le nocche sbucciate.

«Cristo Santo, non abbiamo nemmeno ancora iniziato e già ti sei fatta male?»ridacchia una voce dietro di me. Il rompiballe torna a sfottere.

«C 'è un campo di forza proprio davanti al balcone»brontolo.

«E c'è bisogno di prenderlo a pugni?»chiede ironico.

«Ma anche sì»tento di nuovo di sporgermi,rimediando un'altra nasata. Trasmette anche una piccola scossa.

«A quanto pare la fuga non è contemplata»dice  Frank.

« O il suicidio» rifletto,  rabbrividendo.

«Dio Mio, sempre a guardare il lato macabro delle cose tu?!»urla esasperato.

I primi Hunger GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora