Dire che sono agitata è un fottuto eufemismo.
I ragazzi di Mike, i tre tipi strambi del capannone, hanno passato tutto il pomeriggio a sistemarmi (di nuovo). Per fortuna questa volta mi hanno solo riempito la faccia di cosmetici e sistemato i capelli, il che mi ha lasciato liberi mani e piedi, che hanno tamburellato senza sosta per tutte e le tre ore che sono state impiegate per perfezionarmi.
Oddio.
Finalmente ho il permesso di alzarmi; mi sollevo dalla poltroncina reclinabile bianca in cerca di uno specchio o di qualcosa che mi possa far vedere come sto. Finalmente riesco a trovare la tanto ambita superficie riflettente, ma un paio di braccia mi trattengono e mi costringono a girarmi.
Michael.
«Eeeh no» strizza un occhio azzurro cielo.
Gli faccio la linguaccia e lui ricambia divertito, quindi mi passa il vestito, poi esce dalla stanza.
Infilo il lungo abito da sotto, per non spettinarmi o rovinarmi il trucco, pregando silenziosamente che lo smalto sia asciutto e ben steso sulle dita, ma con tutti gli strati di sostanze non identificate, credo che mi abbiano anche applicato qualcosa per velocizzare l'asciugatura.
«MIIIIKEEEE!» urlo, per farmi sentire ovunque lui si trovi.
«SIIIIÌ?»
«MI AIUTI A CHIUDERE IL VESTITO ?», continuo a strillare dimenandomi per riuscire ad afferrare la sottile cerniera argentata sulla schiena. L'uomo entra e si posiziona dietro di me, chiudendo la zip.
« A posto », mormora, poi passa davanti a me, dove si ferma e comincia ad aggiustare il look: sposta un po' il fermaglio a corona, sistema il vestito e corregge il trucco con le dita esperte; ispeziona le unghie laccate di grigio glitterato, prima di lasciar cadere le mie mani con un'espressione soddisfatta.
«Perfetta, sei semplicemente perfetta» si complimenta, battendo le mani per l'auto-compiacimento, quindi mi fa girare verso lo specchio.
Ha fatto davvero un ottimo lavoro, mi vedo costretta a dargli ragione: i capelli rossi lucidi sono acconciati in morbidi boccoli che mi cadono sulle spalle, eccezion fatta per due ciuffi tirati all'indietro e intessuti in morbide treccine, legate dietro con altri capelli in una coda arricciata, il tutto fermato dalla corona; La faccia... la faccia è la cosa più bella dopo il vestito. Non mi riconosco più: gli occhi sono risaltati dall'ombretto verde acqua steso sulle palpebre, l'eyeliner argentato e la matita blu e bianca sfumata; le guance sono colorite e le leggere lentiggini sono appena visibili; le labbra sono quasi al naturale, è stato applicata solo una matita nude per riempirle e definire meglio i contorni.
Wow. E dico, Wow.
Muovo le dita per toccare la mia immagine riflessa.
«Nooon mi sporcare lo specchio, per favore» avverte lo stilista prima di afferrare il polso e riportarlo al suo posto, lungo il mio fianco.
«Manca solo un particolare» avvisa. Batte le mani due volte, con fare teatrale, e dall'entrata sul retro entra una donnicciola graziosa e molto colorata, troppo colorata, che porta in mano una penna lucida. Si avvicina e me la accosta al polso: da lì fa partire piccoli serpentelli argentati ed eleganti simili a sbuffi d'acqua delle fontane e piccole goccioline. Ripete l'operazione anche dall'altra parte e poi sulla clavicola e il collo. Non osa toccare la faccia, tranne qualche righetta sulla mandibola. Ora sembro.... bagnata!
«È Hennè argentato » spiega « un inchiostro non permanente usato per fare tatuaggi temporanei. È molto sobrio e maneggiabile, perfetto per queste occasioni. Veniva già usato nel 2000» sorride.

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I primi Hunger Games
FanfictionChe possa la buona sorte essere sempre a loro favore... [I crediti della storia a cui questa fanfiction è ispirata appartengono a Suzanne Collins]