Faccio appena in tempo ad aprir bocca, che la porta viene spalancata.
Mi giro e faccio un salto all'indietro, sbattendo la schiena contro il muro tra il telefono e lo schermo. Piego la testa lateralmente e chiudo gli occhi strettissimi, affidandomi alla stessa logica degli armadilli : "io non vedo lui, lui non vede me" .
La persona fa un paio di passi avanti nel buio della stanza, come se ci vedesse benissimo. Intanto le immagini hanno abbandonato lo screen, probabilmente Sophia e Dereck hanno messo giù.
«Dolcezza, è inutile che ti nascondi», la voce è quella di un ragazzo, ma molto profonda, specialmente in confronto a quelle di Dek e Frank.
Socchiudo gli occhi e faccio qualche passo avanti terrorizzata, domandandomi chi possa essere il tizio misterioso. Lo sapevo, mi sono ficcata nei casini.
La luce si accende improvvisamente.
Il tipo sta appoggiato alla parete di fianco all'interruttore e alza gli occhi al cielo.
«Non ho intenzione di mangiarti!» annuncia irritato dalla mia diffidenza.
«Chi sei? E che ci fai qui?» il volto mi è leggermente famigliare, ma niente di facilmente riconoscibile.
«Potrei farti le stesse domande , ma so che non otterrei risposte. Io sono Matthew, il tributo del distretto dodici.»
Questo è facilmente deducibile, ora che ci penso. I toni distaccati, gli occhi grigi intonati ai capelli corvini e apparentemente opachi. Gli occhi abituati a muoversi nelle tenebre a causa delle ore impiegate in miniera... ora è tutto più chiaro.
Porto una mano al petto e tiro un sospiro di sollievo. Gli porgo l'altra e mi presento.
«Io sono Marina, distretto....»
«Lo so chi sei -guarda la mia mano come fosse... francamente, come se fosse merda. - Voglio sapere cosa ci fai qua» riporta lo sguardo fisso nei miei occhi, i suoi assottigliati in segno di sfida.
«I-io... Ero curiosa, così sono entrata e ho visto quello», indico il telefono sul mobiletto, la voce che trema. Lui alza un sopracciglio e raggiunge l'apparecchietto. Lo prende in mano e lo fissa storto.
«Dovrei fare una telefonata», riflette ad alta voce, poi il tono si addolcisce.
«Puoi chiamare Rebeccah?» Si gira, puntando le iridi argentate nelle mie di smeraldo.
«Certo....» acconsento flebilemente, prima di uscire dalla porta e andare a cercare la ragazza. La differenza di carattere tra i due mi soprende, anche se a volte sono proprio simili. Mi confondono.
La mora sta passando l'ingresso. La fermo afferrandole il polso. Questa si gira di scatto, slanciando la mano pronta a colpirmi. Mi abbasso appena in tempo, lo spostamento d'aria mi fa svolazzare i capelli dritti sulla testa.
«Scusa!» esclama lei appena si accorge di me.
«No, scusami tu, non volevo prenderti alle spalle. Ehm... Matthew ti sta cercando» l'avverto, prima di condurla verso la stanzetta. La sua espressione è leggermente preoccupata.
«Tranquilla, vuole solo fare una....telefonata»
«Cosa?» Adesso è confusa.
«Poi vedrai», agito distrattamente la mano, concentrata a trovare la strada per tornare dal ragazzo.
«Ehi...ehm.... vorrei chiederti scusa da parte sua se ti ha trattata male. Lui... non è abituato a stare con la gente, è diffidente e scontroso, ma in fondo è una brava persona», per la prima volta, sembra un po' nervosa. Noto che le guance, solitamente diafane, hanno assunto un po' di colore. Si strofina le punte dei capelli con le dita affusolate, prima di arrotolarcela intorno, scioglierla e ripetere il gesto.
«Non ti preoccupare, non c'è problema».
La accompagno fino alla porticina prima di aprirla e spingercela dentro.«Ora devo andare, ci vediamo domani!», saluto frettolosamente prima di scappare. Matthew mi tira un'occhiataccia, Rebeccah mi fa un cenno col capo, prima che io possa sparire completamente alla loro vista.
* * *
«Respira profondamente» consiglia Gimiax, la sua mano posata sulla mia spalla, tesa come il resto del corpo. Sono seduta su un divanetto nella suite di Spake insieme al resto del Team, gli occhi puntati sulla tv davanti a noi.
A breve trasmetteranno i risultati del test.
Cerco di fare ciò che mi è stato detto, ma l'aria sembra fermarsi in gola a ogni boccata.
«Davvero, tesoro, dovresti imparare a controllare l'ansia». La donna mi batte con le mani sottili sulla schiena, quasi non la sento.
«Ehi! Inizia.» commenta abbastanza superfluamente Hellen.
Due uomini in completo grigio appaiono sorridenti sullo schermo. Alle loro spalle torreggia un'enorme tabella ologrammata, su cui si possono malapena scorgere dei caratteri.
I due tizi dicono qualche parola riguardo alla valutazione, ma la mia attenzione è tutta nella griglia dietro di loro. La telecamera zoomma nel punto interessato, mentre la voce del commentatore comincia a dettare i nomi e i voti con improvvisa lentezza. Non so se sia davvero così o se sia opera del mio nervosismo morboso, fatto sta che peggiora ancora il mio stato d'ansia.
Prendo le mani di Frank e Mike , stringendole fino a stritolarle e incrocio indice e medio della destra, mentre chiudo gli occhi nascondendo il viso nella spalla del mio stilista, subito accanto a me.
«Il distretto 4, Frank Hermy e Marina Seawall, con un voto pari di 8 ciascuno! »
I miei nervi si sciolgono istantaneamente. Scrocchio le dita prima intrecciate e mi lascio andare contro la testiera del divano.
Un voto buono, forse un po' sopra la media ma non esageratamente alto.
Mi prendo un secondo per guardare anche il 7 di Matthew e il 10 di Rebeccah, i voti degli unici altri tributi che conosco.
Mi guardo intorno: tutti stanno esultando e sbattendo i loro calici di champagne, io invece non posso far altro che pensare all' Arena.Dio solo sa cosa succederà da domani in poi.
Spazio Me:
BUONA SSERA, BUONA SSSSERA.
Ok, so che non è sera, sono le 3 del pomeriggio. Bene.
Scusate per la cortezza epica di questo capitolo, ma nel prossimo cominciano gli Hunger Games! Finalmente.
Voi che ne dite?
Bene, sprecate mezzo secondo della vostra vita per votare, se non vi dispiace.
Poi...boh, grazie a tutti e continuate a seguirmi.

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I primi Hunger Games
FanfictionChe possa la buona sorte essere sempre a loro favore... [I crediti della storia a cui questa fanfiction è ispirata appartengono a Suzanne Collins]