Capitolo 15

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L'ansia mi sta nuovamente mangiando viva.

Sono nella sala d'attesa, seduta ad aspettare il mio turno mangiandomi le unghie ancora perfette di manicure.

«Stai ferma ti prego!» si lamenta Frank, riferendosi alla mia caviglia che molleggia sul pavimento piastrellato. Sì,  è un tick e sono contenta che adesso i tacchi non mi possano impedire di farlo.

«Non ci riesco!» da questa esibizione dipenda la mia vita. Se mi daranno un voto alto - i numeri vanno da 1 a 12 - potrei avere molti più sponsor! Cosa sono gli sponsor? Gli sponsor sono persone che aiutano i tributi nell'arena mandandogli degli oggetti che potrebbero servire. Tuttavia,  se avrò un voto troppo alto,  correrò il rischio di essere presa di mira dagli altri tributi che tenteranno di eliminarmi per prima.

Bene.

Sono nervosa come a scuola, prima  dell'interrogazione, quando ti sembra di aver dimenticato tutto ciò che hai imparato. Lo odio.  Odio essere così insicura. Basta guardare Frank, sembra la persona più tranquilla del mondo!

Sposto lo sguardo su di lui e mi devo ricredere. È tesissimo, immobile, si possono vedere i muscoli contratti e irrigiditi attraverso la sottile maglietta bianca di cotone, gli occhi 'stra fissi verso lo schermo di chiamata.

Dio Mio,  siamo messi male.

* * *

"Frank Hermy", chiamano da una cassa appesa al muro. La sessione lì dentro durerà pochi minuti e ed totalmente privata: nessuno può saperne i dettagli.  Comincio a sudare freddo. Forse avrei dovuto prepararmi un programma?!

«Vai», mi sussurra il mio amico quando torna tutto sudato. Mi dà una piccola pacca sulla schiena spingendomi ad alzarmi.

"Marina Seawall" deglutisco e raggiungo la porta, per poi sorpassarla con con un unico passo nel buio.

L'entrata è scorrevole, per cui si chiude alle mie spalle con un leggero ronzio.

«Marina?» chiede qualcuno che non conosco. In quella stanza sono presenti un po' di strateghi, ma il capo no.

«Sono pronta.»

Quel "qualcuno" annuisce nell'ombra. Poi batte due volte le mani e una schiera di lucine si accende ai bordi di un lungo corridoio.

«Ora ti spiego cosa dovrai fare...» un uomo sulla quarantina coi capelli brizzolati si avvicina a passo elegante. Alza un dito verso il corridoio.

«Vedi li dentro?» Dentro? Be' sì, guardandolo meglio sembra quasi un tunnel....«Ecco. Verranno simulati degli ostacoli e tu devi superarli. Niente di troppo difficile, no?» fa un sorrisetto divertito, che mi fa salire il crimine all'istante. Ho appena scelto la mia prima vittima.

Salto nella galleria.

La prima cosa che mi trovo davanti è un aggressore. Un finto aggressore, ovvio.

Non aspetto che attacchi lui, ma gli balzo addosso appendendomi al suo collo. Sono piccola, quindi riesco a tenermi sulle sue spalle senza sbilanciarlo mentre lo strangolo dall'alto. Gli manca l'aria, quindi estrae un coltello per liberarsi.

Non attendo un attimo di più a lasciarlo andare: scendo dalla sua schiena e gli rifilo un calcio nelle parti basse, facendolo mugolare dal dolore ed abbassare.  In quella posizione, gli tiro una ginocchiata sul naso, quindi una gomitata sulla nuca che gli spezza il collo,  uccidendolo. Prendo il coltello che ha lasciato andare e vado oltre.

Ci sono degli animali, l'unica risorse di cibo nelle vicinanze. Per la cronaca, non ho fame e non so come faccio a saperlo, ma è come  in un sogno, dove percepisco tutto.

I primi Hunger GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora