«Siamo arrivati» mi avverte Frank, strappandomi al mio dolce e sereno pisolino. Sbadiglio, distendendo tutto il corpo e mettendomi una mano davanti alla bocca. Noto con fastidio che ho il collo bloccato, probabilmente a causa della posizione assunta mentre dormivo.
Piego la testa prima da un lato e poi dall'altro, tenendo i muscoli del collo leggermente rigidi. Quando sento crac-crac, capisco di essere a posto.
Il mio amico rabbrividisce a quel suono tetro.
«Ti dà fastidio?» chiedo .
«Tanto quanto a te dà fastidio il suono delle unghie che strisciano sulla lavagna». Fa un sorrisino innocente. A volte mi sorprendo di quanto mi conosce .
Decido di stuzzicarlo un po'... E ficcanasare. Voglio saperne di più su una certa questione: «Vedo che tra te e la stilista c'è un certo feeling. Come si chiama?»
«Chi? Hellen? Mh, è carina. Di sicuro ha carattere, ma non è il mio tipo. ». Fa una smorfia.
«Oh- rifletto - Quindi hai intenzione di morire solo?»
«E l'ottimismo?»mi deride.
«E il realismo?» rispondo a tono.
«Simpatia portala via -borbotta, alzando gli occhi al cielo - e comunque sappi che non sono solo come pensi».
Cosa? Magari Sophia si è fatta avanti...Sorrido alla mia ipotesi e scendo dal veicolo nero. Sono di-strut-ta. Non voglio immaginare come sarà nell'arena se già adesso non mi reggo in piedi!
* * *
«Svegliaaaaaaa». Qualcuno mi grida nell'orecchio.
Apro lentamente gli occhi, per trovarmi il volto di Frank con sopra un sorriso da pazzo. Urlo per lo spavento, facendo un salto indietro che mi sbatte direttamente sulla testiera del letto, causandomi un dolore alla schiena che nel giro di qualche ora, se non minuto, si trasformerà in un enorme livido. Mi porto la mano destra al petto, respirando più forte in attesa di calmare i battiti che mi stanno perforando lo sterno dallo spavento.
«Ma come cazzo sei entrato!?» strillo.
«Mi ha aperto lui». Indica un col pollice un inserviente dietro di lui che sta pulendo la stanza immediatamente davanti a questa.
«Mandalo a fare in culo da parte mia» giro lo sguardo, incazzata. Mi ributto sotto la coperta e mi ci avvolgo come un bruco nel bozzolo. Aaaaah, amata sicurezza.
Frank sbuffa e tenta di scoprirmi facendomi scivolare il lenzuolo da sotto, togliendomi il cuscino e addirittura tentando di sciogliere la presa ferrea che hanno le mie dita sul copriletto. Per tutto il tempo mugolo e mi lamento, sperando che la smetta in fretta.
Dopo qualcosa tipo 5 minuti che ci prova, esce dalla stanza. Io sorrido, soddisfatta e mi rilasso, pronta a dormire. Riporto la testa fuori dalle coperte e cerco di dormicchiare.
Prima che possa rendermene conto, una massa liquida e gelata mi piomba addosso, facendomi fare un salto di almeno un metro verso il soffitto. Mi appendo al basso lampadario al neon come un gatto e volto lo sguardo.
Gocciolo come un panno messo a stendere, i vestiti sono tutti appiccicati.
Frank è piegato in due dal ridere sul bordo del letto e tiene un secchio azzurro opaco nella mano destra, le braccia premute sugli addominali per fermare i crampi dovuti alle risate.
«Stronzo! Chi te lo ha dato quello?!» indico il contenitore.
Lui, sempre singhiozzando, punta il dito contro lo stesso inserviente che prima gli ha aperto la porta.
Ringhio e scendo dalla mia postazione ad alta quota, cadendo e rimbalzando sul materasso.
Mi fermo un secondo davanti a Frank. Lo guardo negli occhi.
PAF.
Lo sorpasso dandogli una spallata, mentre lui si porta la mano sulla guancia dove l'ho colpito.
Attraverso il breve tratto di corridoio che mi separa da quel fottuto cameriere e entro nella camera in cui il cretino sta pulendo, cominciando a tirargli insulti e rovesciandogli il carrello.
«BRUTTO DEFICIENTE, MA CHE CAZZO TI È SALTATO IN MENTE DI DARGLI LE CHIAVI DI CAMERA MIA, AH?! SAI ALMENO COS'È LA PRIVACY FOTTUTO INCOMPETENTE, EH? LO SAI?» mi godo la sua espressione terrorizzata e continuo a dargli colpi sul petto per spingerlo all'indietro. Lo lascio cadere nei prodotti chimici rovesciati sul pavimento. Raccolgo un altro secchio più piccolo già pieno d'acqua, poi vado da Frank, ancora bloccato con la mano sulla guancia e glielo rovescio addosso, forse sperando che una qualche sostanza nell'acqua lo sciolga.
«Non è piacevole quando lo fanno a te» dico. Poi afferro i vestiti e mi reco in bagno.
* * *
«Da cosa partiamo?» chiede Frank in tono sommesso . Siamo arrivati da pochi minuti al padiglione dell'addestramento. Non gli ho rivolto la parola per tutta la colazione, tantomeno durante il viaggio e non voglio farlo adesso.
Mi giro dall'altra parte e cammino dritta fino alla lezione di combattimento. I manichini sono alti come persone, formati da un busto e una testa ricoperti di gomma color carne e da uno strato di pelle sintetica. Non ascolto neanche l'allenatore mentre mi sfogo saccagnando di botte il finto uomo. Sono abituata a fare a botte fin da piccola e a dire il vero mi diverte anche. È un ottimo sfogo, nei momenti peggiori vorrei tanto avere qualcuno a cui spezzare il collo.
Frank mi guarda dal posto a fianco al mio, è piuttosto scarso nell'uso delle mani. Quanto ai piedi, potrebbe far davvero male a qualcuno solo beccandolo nelle parti basse. Tsk, principiante.
Finisco e mi asciugo la pelle sudata con un asciugamano che mi porge il coach. Questo si complimenta prima di lasciarmi andare .
La prossima sala è fatta apposta per le lezioni di sopravvivenza. Tento di accendere un fottuto fuoco con dei bastoncini , ma incominciano a bruciarmi le mani e rinuncio. Non mi preoccupo di guardare cosa provano gli altri ed esco. Domani ci sarà la valutazioni delle capacità e io ho paura di quello che mi faranno fare. Mi poggio contro il muro, puntando gli occhi chiusi verso l'alto.
«Ehy», mi saluta una voce famigliare . Ignoro il mio compagno e continuo a riflettere sull'esibizione.
«Perchè non mi parli?» chiede, un po' troppo innocentemente.Una piccola smorfia di fastidio mi sfigura il viso.
«Dàiiiiii» si lamenta come un bambino. Immagino che mi stia saltellando davanti con le mani giunte sul petto e il labbro inferiore cacciato all'infuori.
Mi volto e cammino via da lui, tentando di allontanarmi il più possibile. Purtroppo il ragazzo capisce le mie intenzioni e mi afferra per il polso, riportandomi davanti a lui.
«Mi dispiace, okay? Ho fatto un'emerita cazzata, credevo fosse divertente. Non volevo che ti arrabbiassi, te lo giuro.»
Lo guardo con gli occhi rudotti a una fessura: sembra davvero dispiaciuto.
«Per favore , dobbiamo restare uniti in questa cosa , non possiamo permetterci di litigare. Lo so che ho sbagliato, davvero, ma, ti prego, ti prego perdonami» supplica ancora una volta con voce disperata.
Sospiro: «Okay, ma solo perché voglio tornare a casa sana e salva».
«Okay» dice, poi ci dirigiamo verso la limousine, sempre nello stesso silenzio imbarazzato dell'andata.
Ho ancora bisogno di smaltire la rabbia, forse devo solo dormirci su.
Spazio Me:
Questo capitolo è fondalmentalmente inutile, un capitolo di passaggio lasciato lì per darmi il tempo di pensare all'esibizione.
Però diciamo che aiuta a capire un po' di cose....ok, 2:
1: Marina è suscettibile aBBestia
2: l'origine dei favoriti. Infatti la protagonista è stata addestrata per tutta la vita ad un eventuale combattimento e darà il via alla tradizione dei favoriti ( presente nei distretti 1-2-4) fino ai 75 HG.
Bene, spero vi sia piaciuto e.... baci baci?
STAI LEGGENDO
I primi Hunger Games
Hayran KurguChe possa la buona sorte essere sempre a loro favore... [I crediti della storia a cui questa fanfiction è ispirata appartengono a Suzanne Collins]