Attenzione, capitolo da femminucce
Frank's POV
Finisco di assestare una pseudo-tenda per restare un po' più protetti. Stringo l'ultimo nodo al ramo, spostandoci poi tutto il peso sopra per assicurare la stabilità.
Ci sta.
Questa volta ho cercato riparo in una siepe. Ho scavato all'interno un cunicolo e poi l'ho coperto utilizzando la coperta in pile che abbiamo trovato ieri nella borsa. È mimetica, dovrebbe andare.
Il ragazzo dietro di me sta sbuffando, continuando a molleggiare sulle gambe in preda alla noia. Marina si sposta di pochi centimetri a ogni rimbalzo.
Scosto le foglie e permetto al tributo di passare, poco dopo entra anche la ragazza, appena arrivata.
La pianta che stiamo usando come rifugio è abbastanza alta e larga da contenerci tutti senza comprimerci troppo, spero solo che regga.
Frugo nello zainetto in cerca di qualcosa per far luce; dalle foglie entrano solo pochi spiragli.
Tasto qualcosa di freddo e cilindrico. Scorro lungo il tubo in cerca di un possibile tasto e lo trovo. È un piccolo bottoncino ricoperto di gomma. Lo premo e una luce fioca si libera dalla parte anteriore della torcia.
La punto nella terra fredda, in modo che l'illuminazione si espanda dal basso e illumini tutto.
«Grazie» mi decido finalmente a dire, alzando lo sguardo verso i nostri due salvatori.
«Non c'è problema» dice la ragazza, il tono gentile e controllato. La riconosco subito, appena poso lo sguardo su di lei. È Rebeccah, quella del distretto 12 . L'avevamo già incontrata durante la sessione d'allenamento con l'arco, era davvero un prodigio.
Mi tende l'arma. «Penso che questo stesse per prenderlo voi». Il suo compagno le tira un'occhiata stupita e arrabbiata. Se non altro, lei è rispettosa. Scuoto la testa e le faccio segno di tenerlo. «Tu lo sai usare meglio.Volevo ringraziarvi»comincio a disagio, penso che sia il minimo dopo quello che hanno fatto.
Il ragazzo fa per aprire la bocca, ma Rebeccah lo fulmina con un occhiataccia «Figurati...»
«L'abbiamo fatto solo perchè dobbiamo un favore a Marina», sputa velocemente lui , guadagnandosi una gomitata nelle costole.
Non ho tempo di chiedermi di che cosa si tratta, che il tizio ha la splendida idea di presentarsi.
«Mi chiamo Matthew».Alza le sopracciglia con astio.
«Io sono Frank», rispondo, tentando di trattemermi dal prenderlo a cazzotti. "Ti ha salvato" ricordo a me stesso.
« Bene, perché ci hai chiesto di seguirti?» chiede Matthew, ma non ho il tempo di rispondere perchè un singhiozzo attira la mia attenzione.
Marina's POV
«che stai facendo?!» rido, voltandomi di scatto. Dek ha mani davanti alla bocca e tenta di trattenere una risata .
«Che cosa mi hai fatto!?» strillo.
«Guardati nella tasca », la luce nei suoi occhi cambia e si avvicina a me.
Infilo la mano nel taschino della gonna del mio vestito. Ne tiro fuori una scatolina grigio scuro, metallizzata. Lo guardo interrogativa.
«Buon compleanno, Principessa!» sorride come un pazzo, allargando le braccia. Con tutto il casino dei preparativi alla ribellione a Capitol City, mi sono completamente dimenticata di che giorno è oggi.
«Grazie!» grido e mi tuffo contro il suo corpo. Mi stacco per aprire la scatolina; al suo interno ci trovo un orecchino a forma di tridente, in argento .
«È bellissimo» dico, quasi commossa «ma ti sarà costato un accidente!»
«Non importa, chissà quando mi ricapiterà di poterti fare un regalo del genere» mi cinge le spalle con un braccio. Appoggio la testa alla sua spalla, sorridendo.
«Grazie ancora. Di tutto» strofino il naso contro la sua guancia e porto la mano alla sua, che penzola dalla mia clavicola.
«Eeeeeh, cosa non farei per te!» scuote la testa lentamente, suscitandomi un risolino divertito. Mi viene un po' troppo acuto, così anche lui scoppia a ridere.
«Dove vi eravate cacciati!?» Sophia fa la sua apparizione da dietro la casupola, le labbra stese in un'espressione di felicità.
Ci incamminiamo verso la mia migliore amica che ci sta aspettando. La mano di Dek è ancora stretta intorno alla mia, il suo calore è la cosa che ancora mi tiene in vita dopo il timore della guerra.Tutto è confuso mentre lentamente torno a controllare la mia mente. Le nitide immagini vengono rimpiazzate da un velo nero senza significato. Avverto un contatto vicino alla schiena che mi porta istantanemente a sorridere.
Dereck, sei tu?Apro gli occhi pronta a ritrovarmi nel mio letto, circondata dalle braccia del mio bellissimo ragazzo, avvolta nel caldo terpore della pace, invece, mi ritrovo in un posto buio e soffocante: davanti a me solo foglie, intorno solo paura.
Mi giro e Dereck non c'è. Al suo posto, tre persone stanno parlando sottovoce. Riconosco Frank e Rebecca, ci metto un po' di più a individuare Matthew.
Quindi è stato tutto un sogno? Non sono a casa...Ci provo, cerco di controllare il dolore e il senso di delusione che mi attanaglia lo stomaco. La mia mente ripercorre, indipendentemente dalla mia volontà, le immagini di quella bellissima illusione che mi aveva colto durante la notte, mentre io perdo la sensibilità del mio corpo a partire dagli occhi, che cominciano a inondarsi.
La cosa peggiore è svegliarsi e accorgersi che non ci sei.Per un attimo penso davvero che lui mi possa sentire, che possa aver captato il mio segnale.
Non si respira, eppure questo posto è freddo senza di te.Devo fermarli, devo frenare i singhiozzi che mi stanno squotendo. Lo devo fare perchè non posso permettermi di essere debole.
In questo momento dovrei soffrire per le ferite che mi si stanno riaprendo sul corpo, non nel cuore.
Sono completamente ricoperta di lividi e tagli, sento ogni parte di me pulsare. Forse il dolore fisico può davvero oscurare quello interno. O è il contrario?
Non so quale preferisco dei due.
«Marina?» una mano mi tocca la spalla. Strofino velocemente gli occhi sul braccio per asciugare ogni residuo di debolezza e alzo lo sguardo verso Frank.
«Ciao. Quanto sono restata incosciente?» evito appositamente di rivivere la lotta, anche solo col pensiero. Mi fa male tutto.
«Non molto in realtà, giusto il tempo di tirarti via di là e costruire questo riparo...»
«Quindi un'infinità» lo schernisce Matthew.
«Smettila», sibila Rebeccah, tirandogli uno schiaffetto sul braccio. Lui ferma la sua mano appena giunge a contatto, mantenendola lì. Arrossisce subito dopo e la lascia andare. Rebeccah rimane interdetta. Che teneri.
Mi chiedo se Frank abbia notato questa scenetta.
Non penso, visto che è impegnato a fissarmi storto.
«Che c'è?» chiedo, schiarendomi subito dopo la voce raschiata.
«Perchè stai piangendo?»
«Io non sto...» mi tocco instintivamente gli zigomi, scoprendoli appena umidi «oh...»
«Ti fa male qualche ferita? Credevo di avertele medicate bene, ma abbiamo dovuto fare tutto di fretta e... »
«Sì, ma non credo sia quello. Devo essere rimasta solo un po' scossa. Scusate» mi rivolgo a tutto il gruppo.
«Nessun problema». Rebeccah mi guarda leggermente preoccupata.
«Frank, mi fa malissimo il collo, con cosa me l'hai medicato? ».
«Con qualche erba che ho trovato qui vicino... Lo so, non è molto, ma non credo di poter fare di meglio». Sospiro.
«Grazie. Esco un attimo, credo di aver bisogno di prendere una boccata d'aria. ».

STAI LEGGENDO
I primi Hunger Games
FanfictionChe possa la buona sorte essere sempre a loro favore... [I crediti della storia a cui questa fanfiction è ispirata appartengono a Suzanne Collins]