«ᴄᴏsì ғᴏʟʟᴇ ᴇ ᴘᴇʀᴅᴜᴛᴏ »; IV

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"ᴘʀᴏɪᴇᴛᴛɪʟɪ ɴᴇɢʟɪ ᴏᴄᴄʜɪ
ғᴜᴍᴏ ɴᴇʟʟᴀ ɢᴏʟᴀ
ᴄᴀᴍᴍɪɴᴀᴅᴏ sᴜʟʟᴀ sᴛʀᴀᴅᴀ
sᴇɢᴜɪᴛᴏ ᴇ ʀɪɴɴᴇɢᴀᴛᴏ

ᴅᴇɴᴛʀᴏ ᴜɴ ᴄᴏʀᴛᴏᴍᴇᴛʀᴀɢɢɪᴏ
ᴅɪᴍᴇɴᴀɴᴅᴏᴍɪ ᴄᴏʀʀᴏ ғᴏʀᴛᴇ
ᴄᴏsì ғᴏʟʟᴇ ᴇ ᴘᴇʀᴅᴜᴛᴏ

ᴠᴇᴅᴏ ʟᴇ ғɪɢᴜʀᴇ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ ᴀssᴀssɪɴɪ
ᴄᴀᴅᴏ ᴘᴇʀ ɪʟ ʙᴀɴᴀʟᴇ"

ᴠᴇᴅᴏ ʟᴇ ғɪɢᴜʀᴇ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ ᴀssᴀssɪɴɪᴄᴀᴅᴏ ᴘᴇʀ ɪʟ ʙᴀɴᴀʟᴇ"

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Ero eccitato. Sovraeccitato, per meglio dire. Rasentavo l'euforia. Il cuore batteva talmente tanto che, se solo avessi sfiorato il petto, lo avrei sentito scalpitare giocoso. Ma cos'era avvenuto in Kim Taehyung? Mai me lo sarei aspettato, neanche nei sogni più proibiti che in quei giorni avevano deliziato le mie notti quasi insonne. Kim Taehyung era diventato un angelo in pochi minuti; all'improvviso tutta la sua aria minacciosa e misteriosa si era disciolta in un genuino desiderio di confessarsi, di amalgamarsi a qualcuno. Ripensai più volte alla figlia, e senza volerlo la mia mente li associò con facilità. Vi trovai il suo lato nascosto negli occhi malinconici e giocondi di Chaeyeong. Come potevo non pensare a Kim Taehyung per i giorni successivi?
Tornato a casa la mia testa era in subbuglio. Il cuore mi batteva ancora e sembrava agitarsi di più ripensando alle sue smorfie quando parlava dei suoi colleghi. Il bisogno di confidarmi con Namjoon era diventato impellente.

- Successo qualcosa? - Chiese Namjoon notando quell'espressione indecifrabile sul volto dell'amico.

- Cosa vorrebbe poter dire quando una persona molto raffinata si avvicina a uno come me?

Namjoon parve essersi confuso.

- Nel senso... Come faccio a capire cosa spinge una persona molto raffinata ad avvicinarsi amichevolmente a me?

- Dipende dalla persona, Jungkook. Non so risponderti così. Ha a che fare col padre della bambina a cui fai da babysitter?

Jungkook annuì con un'ombra sul volto. Cercarono di parlarne quella sera prima di andare a dormire, eppure non arrivarono a una conclusione neanche spicciola; Jungkook rimase dunque immerso nei suoi dubbi e nelle sue illusioni.

Nel mentre che il mio cuore batteva per Taehyung, la mia mente era dilaniata da qualcos'altro; un edificio, una classe. La mia. La scuola stava diventando un inferno insopportabile. C'erano quei bisbigli... e quelle occhiatacce che non riuscivo a comprendere, che non avevano alcun motivo di fondo. Boccheggiavo ogni giorno nel disagio. Soffocavo dentro di me, sudavo di angoscia e volevo soltanto nascondermi. I miei compagni sembravano degli squali affamati pronti a divorarmi, e io non capivo quale fame affliggesse loro.

Un giorno accadde un fatto spiacevole.

All'ora di pranzo, una volta un gruppo di ragazzi si avvicinò al tavolo che stavo condividendo con Namjoon. Uno di loro si rivolse a me; era un burbero, un ragazzo che non conoscevo. Il suo sguardo rasentava il disprezzo. Lo sentivo nelle vene; lo sentii di più quando mi chiese con quel tono spregevole chi fossi.

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