𝚗𝚘 𝚝𝚒𝚝𝚕𝚎: 𝚜𝚑𝚊𝚖𝚎𝚏𝚞𝚕 𝚏𝚎𝚎𝚕𝚒𝚗𝚐,
𝚕𝚒𝚏𝚎'𝚜 𝚐𝚘𝚒𝚗𝚐Avrei voluto poetare, raccontare di dolori e di cadute, e ritmarli secondo l'intensità delle mie emozioni come facevo sempre. Il cielo era sempre grigio per me, nonostante Namjoon accorresse quotidianamente alla mia stanza per dirmi che i ciliegi erano di giorno in giorno più rigogliosi.
Erano passati altri quattro giorni dopo quel rovescio disastroso. Il giorno dopo quella chiamata mi ero alzato devastato e avevo deciso di fare scena muta e di digiunare, non perché qualche perverso desiderio me lo imponesse, ma perché sentivo scivolarmi addosso ogni forza vitale. Ogni giorno sedevo con le braccia incrociate, in pigiama, e lo sguardo perso nel vuoto. I capelli sempre scomposti. Non avevo parlato per tutti e quattro giorni e Namjoon era così preoccupato che mi sembrava sarebbe esploso in mille coriandoli da un momento all'altro.
Il mio taccuino aveva giaciuto sulla scrivania senza mai essere sfiorato, aspettandomi pazientemente come un leale amico. Piuttosto lo osservavo da lontano con desiderio e intrigo, e intanto mi crogiolavo nel torpore dei sensi, decidendo che appassire sarebbe stato l'unico processo a me favorevole e il più consono in quel periodo.
Non sapevo più come guadagnare dei soldi perché Taehyung mi aveva portato via anche l'unica mia fonte di profitto, così la sola volta in cui parlai davvero fu per chiedere telefonicamente a mia madre di sostentarmi economicamente solo per qualche giorno in attesa di un nuovo lavoro. Solo per qualche giorno. Mi ero reso conto di quanto fosse secca la mia gola e roca la mia voce dopo giorni di stentata sopravvivenza. Sapevo di poter contare sull'aiuto di mia madre.- Mamma, ciao. Come stai? Mi mancate tanto.
Dapprima mi aveva sgridato, mi aveva chiesto insistentemente che lavoro avessi fatto per tutto questo tempo, cos'avevo fatto per farmi licenziare, perché ancora non tornavo a casa, nella bella e marittima Busan, culla della mia infanzia. Ma quando le risposi stanco, molto stanco, quasi parendo in fin di vita, lei acquietò il suo animo e si fece apprensiva. Non volevo dirle che stavo così male perché l'amore della mia vita mi aveva lasciato: dopotutto sarebbe parsa una giustificazione che si poteva facilmente banalizzare, che appariva quasi patetica agli occhi di chi non aveva provato mai lo stesso dolore, perché nessuno poteva davvero capirlo senza prima assaporarlo sulla propria pelle. Nessuno. Nemmeno io in passato avrei potuto capirlo, io che minimizzavo e ridicolizzavo ogni altrui problema amoroso che appariva ai miei occhi. Oltretutto era contro ogni mio volere ammetterle proprio in quel momento di essermi separato da Kim Taehyung, che fino a qualche giorno fa era stato il mio primo e unico amante, riverito e adorato come un dio, perché sentivo che sarebbe stato come dare allo stesso Kim Taehyung la soddisfazione di avermi lasciato nella miseria e nel dolore. E proprio non volevo farlo. Così le dissi soltanto che la bambina a cui avevo fatto da babysitter si era trasferita altrove con i genitori, che poi era una mezza verità che mi aveva fatto sentire il cuore alleggerito dal peso di non averle raccontato prima della mia situazione sentimentale, di averle fatto credere che ero ancora in cerca di qualche ragazza con cui passare la mia vita. Raccontarle un'altra bugia proprio non mi andava. Mi sentivo un figlio degenere e credevo di non meritare la sua compassione, né il suo sostegno pecuniario o morale che fosse. Eppure mia madre, che mi amava più di ogni altra cosa e che mai mi aveva voluto lasciare, mi aveva aiutato fin quando gliel'avevo chiesto. Mi aveva aiutato e amato, proprio come io pensavo di non meritare. Allora odiai davvero Kim Taehyung.
Ma più passavano i giorni, più mi mangiavo le ossa perché mi ostinavo a domandarmi cos'avessi fatto per essere abbandonato in quel modo tanto brusco, nonostante la risposta fosse a un palmo dal naso, nascosta in qualche lucida consapevolezza rintanata nel mio cervello. Mi sentivo un pazzo.
A notte fonda uscivo, prendevo l'autobus ed entravo a casa di Taehyung. Nell'aria c'era sempre un dolce profumo pregiato che si sovrapponeva all'odore di chiuso. Osservavo i quadri, non sapevo definirne epoca, né forse lo stile, né da dove provenissero. Taehyung mi aveva detto che alcuni di quelli erano in stile haiku. E tutti mi ricordavano lui. Ogni cosa mi ricordava lui.
Andavo in cucina e mi mettevo a bollire la caffettiera sul fuoco. Così preparava Taehyung il caffè, che veniva amaro e liquido, quasi impossibile da bere per me. Eppure era così che lui lo aveva sempre preparato, e per nulla al mondo avrebbe cambiato quell'abitudine. Lo sapevo: Taehyung quelle piccole abitudini le trasformava in rituali inoppugnabili.
Poi andavo in salotto e mi sedevo alla sua scrivania. Ne accarezzavo la superficie lignea ormai impolverata, i libri accatastati in ordine uno sull'altro, i quaderni colmi di appunti. Osservavo come doveva apparire casa sua da là dietro. E quando la mia testa si perdeva nei ricordi e il mio sguardo nel vuoto, quando la mia anima cominciava a pulsare di dolore e i miei occhi minacciavano di piangere, mi alzavo dalla sedia, posavo la tazza di caffè in cucina, e mi coricavo sul suo letto. Mi chiudevo in me stesso come un riccio di mare. Le lenzuola erano sempre fresche, ma profumavano di lui. Aprivo la finestra, cercavo di dissolvere quella fragranza sempre impregnata ovunque, eppure era davvero complicato. Complicato, come me, come lui, che ci impregnavamo in ciò che toccavamo. Non oso raccontare i pensieri atroci che infliggevo, sul suo letto, alla mia fragile mente, né oltremodo quelli volgari: essi mi servivano solo a esorcizzare quell'atroce dolore che provavo, in un modo o nell'altro, a farmi provare emozioni intense quando l'unica che riuscivo davvero a provare in quel periodo era la sofferenza. Non ne potevo più di sofferenza.
Mi addormentavo schiacciato dal peso dirompente del mio cuore ferito a sangue.
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❝Il destino gioca d'azzardo❞
Fanfictiontaekook | L'INQUISIZIONE DEL PREGIUDIZIO ; ─ "(...) e l'amore non si nutre di nient'altro se non di questi due principi: l'animo e la carne. La ragione si perde nella bufera del sentimento, non riconosce più alcuna via, viene offuscata e sviata, e...