Mi ero inoltrato in una foresta piena di alti e rigogliosi alberi, piante dalle grandezze insolite, rumori di ogni genere. Non sapevo da dove venissi, né come fossi arrivato lì, né cosa mi spingesse ad affrontare quel luogo sconosciuto e arcano. Percepivo leggera la mia testa; era come se quella leggerezza fosse causata dalla totale mancanza di pensieri, dubbi, domande. Tutte le parole che conoscevo adesso non esistevano più; c'era solo l'istinto ed ero nudo: il mio corpo esposto e la mia mente vulnerabile. O forse non lo era davvero, forse era un vantaggio quella strana leggerezza che percepivo. Il punto era che dentro di me sentivo di starmi perdendo, ma al contempo non mi importava. Cosa significasse non lo sapevo; non capivo neanche se fosse un sogno. Era tutto troppo magico perché potesse essere la realtà: io non ero un Tarzan ma un cittadino, provenivo dalla città, lo sapevo bene, e non ero mai entrato in una foresta. Una foresta del genere non esisteva da nessuna parte: pini, abeti, ma anche querce, salici, tutti attorno a me a ingigantire quel luogo colmo di luce, a disorientarmi e ad annegarmi in quell'intenso odore di foglie e terriccio; foglie, quelle stesse foglie che splendevano talmente intensamente da sembrare riflettere su se stesse la luce di quel cocente sole come fossero specchi. Non potevo che essere circondato dagli specchi, eppure non ne capivo l'origine, né l'entità. Sembrava un sogno, dunque, ebbene non lo sembrava affatto; pazzesco, tutto estremamente vivido da farmi girare la testa. Le foglie toccavano la mia pelle nuda, sentivo la terra umida sotto ai piedi, le radici che mi facevano inciampare, la mia faccia bollente, la mia schiena, le mie ascelle e il mio interno coscia che sudavano, l'assenza di aria fresca, l'odore delle piante e i rumori della foresta. C'erano delle ortiche che mi ferivano la pelle, eppure io sentivo e non sentivo dolore. Era come se, anche se lo ricevessi, non fosse abbastanza forte da preoccuparmene.
Mi ritrovai circondato da soli abeti quando notai, seduto su una radice insolitamente grossa, un ragazzo nudo come me che mi sorrise senza un motivo apparente. Mi fermai un attimo solo per lanciargli uno sguardo indagatorio che non fece altro che attrarlo a me, perché subito me lo ritrovai accanto a seguirmi alla ricerca di qualcosa a me sconosciuto, una meta ovvia ma ignota. - Jeon Jungkook, quindici anni di vita, essere umano di sesso maschile. Tanti dubbi, tante perplessità, un mare di domande ma una mente molto ampia per accoglierle, e al tempo stesso tanto pudica e vergognosa da sopprimerle. Abbastanza alto direi, non troppo, un fisico ancora acerbo oserei aggiungere, caratteristica che va a braccetto con l'infantile e quasi poetica ingenuità del tuo sguardo e dei tuoi lineamenti. Questo è come ti presenti, - così cominciò a parlare. Tranquillo, pacato, con una sicurezza e un tono quasi robotici.
Rimasi in silenzio a guardare dove mettevo i piedi.
- In realtà sembriamo piuttosto banali visti da fuori, noi esseri umani. Non trovi? Insomma, è davvero difficile cogliere il valore delle persone se non in rari momenti. Tu, per esempio, potresti apparire come un ragazzo dalle grandi aspettative, ma le tue insicurezze riescono ad abbattere sia quello che potresti essere per te, sia quello che potresti essere per gli altri. Mai pensato che le persone siano banali? Io trovo tutti molto affascinanti, ma per poterli apprezzare pienamente dovrei entrare dentro le loro teste, esplorarle un po', scoprirle, cosicché possa tornare a casa per dire di avere intrapreso un'avventura ricca di significato!
Col suo aiuto riuscii ad evitare una radice postasti sul nostro cammino. Non lo ringraziai neppure perché non riuscivo a farlo: la mia bocca era bloccata.
- Ti direi di stare attento, ma in questa foresta è inevitabile che tu inciampa. Sei nuovo da queste parti, sei un po' in ritardo, Jungkook. Saresti dovuto venire qui un bel po' di tempo fa, ma non è grave. Si può rimediare. Dentro questa foresta mi ci sono perso così tante volte da perdere il conto. Non ci sono frutti da mangiare, né acqua da bere, niente di niente. È strano infatti che ci sia questo sole. Questo è positivo, - continuò tenendomi per il braccio. - Te lo dico, Jungkook: è inevitabile che tu cada, quindi non provare a sottrarti da questa certezza. Devi ancora capire come evitare questi ostacoli. Ma hai capito quello che ti ho detto poco fa? Anch'io come te sono stato un adolescente, e certe cose non riuscivo a capirle. Ero un bambino, e a quell'età è molto pericoloso esserlo. È stato guardandoti che ho capito di non poterti lasciare vagare da solo, perché tutti abbiamo bisogno di una mano. Ma per potere usufruire di una guida bisogna accettarla senza indugi, capito?
Non risposi, né ebbi alcuna reazione. Era come se non stessi ascoltando. Inciampai nuovo, il ragazzo evitò che cadessi, poi sorrise.
- Bene, so che hai capito. Il tuo cuore l'ha fatto. Non ti darò consigli: i consigli non servono mai, non ci sono regole da seguire, la conoscenza viene con l'esperienza. E viene inevitabilmente. A questo ti serve inciampare. Inciampare è dannatamente fastidioso, eppure è utile e so che tu non inciamperai più a un certo punto, non perché possiedi chissà quale forza di volontà o coraggio, ma perché ognuno di noi assorbe come una spugna. Tu devi trovare te stesso. Per farlo arriverai a doverti estraniare dal mondo esterno. Sembra semplice detto così, vero? Eppure te lo assicuro: farà un male da cani. Ciononostante devi spezzare queste radici ed elevarti verso te stesso. Fidati, farà ancor più male quando capirai quanto il te stesso di ora sia acerbo e falso, e quando lo vedrai da lontano. Però è questo che devi fare, non puoi farci nulla. Guarda, gli alberi sono diventati più fitti. Non ci fare troppo caso, capita spesso ma non sarà sempre così. Comunque Jungkook, tutti a quest'età si perdono, l'importante è non portarsi un se stesso falso fino alla morte, perché potrebbero conseguirne cose spiacevoli. Tu sei molto più maturo di quanto lo fossi io alla tua età, e ciò ti fa onore. Tu crescerai, Jungkook.
E nel mentre che io sembravo non sentirlo, le sue parole andavano penetrandomi il cuore. Sembrava che non avessi nessuno al mio fianco, nessuno mi stava parlando, nessuno poteva rassicurarmi né mi stava tenendo dal braccio per guidarmi lungo il sentiero invisibile. Attorno vi erano solo ortiche, grosse radici, alberi magnifici e imponenti.
All'improvviso sbucammo in una radura. Davanti a me si estendeva un immenso tappeto di fiori variopinti che copriva colline e colline; il sole batteva forte, quasi faceva bruciare la mia pelle, ma quella vista era così mozzafiato che non percepiii nessun dolore. Un sole caloroso fino all'eccesso, fino alla possessione, ignorato dal mio incanto. Ma quando il ragazzo accanto a me mi spinse sull'erba sentii chiaramente il dolore delle spine; urlai dal dolore, non seppi più come alzarmi: un passo falso e mi sarei fatto ancora più male. Un sole geloso si prese la sua vendetta e mi schiaffeggiò la pelle con le sue fiamme.
- Questa è la condizione dell'uomo: alla ricerca continua di qualcosa, la trova e poi la considera banale oppure pericolosa, e così continua la ricerca; ma durante il percorso succedono innumerevoli cose come questa.
E mi guardò. I suoi occhi erano freddi sul mio corpo che nudo soffriva immobile tra le spine. E adesso anch'io lo guardavo, ma sofferente e quasi in lacrime.
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❝Il destino gioca d'azzardo❞
Fanfictaekook | L'INQUISIZIONE DEL PREGIUDIZIO ; ─ "(...) e l'amore non si nutre di nient'altro se non di questi due principi: l'animo e la carne. La ragione si perde nella bufera del sentimento, non riconosce più alcuna via, viene offuscata e sviata, e...