5. Ombre che Sussurrano

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Bridget

Non so quanto tempo sia passato.

Forse, minuti. Forse, ore.

Ho perso totalmente la cognizione del tempo e dello spazio. Il mio cervello è un disco rotto, bloccato sempre sulla stessa, maledetta immagine.

Henry che mi tradisce con Katherine. Il mio fidanzato che mi tradisce con la mia migliore amica.

Sono inchiodata in questa via desolata e sporca, con gli occhi spenti e vuoti, che fissano il nulla più totale. Con gli occhi persi, esattamente come me.

Non mi rimangono più lacrime da versare, offese da sibilare con la voce rotta o singulti da emettere, che vengono dal cuore, frantumato, calpestato, usato.

Improvvisamente, rammento ciò che Katherine e Henry mi hanno detto stamattina, a scuola, e ogni frase acquisisce finalmente un senso.

"«Niente macchina, fino a lunedì. Devo prendere una sufficienza al test di recupero di matematica.»"

"«Ho gli allenamenti fino a tardi, oggi. Ma so che è stata invitata tutta la scuola, quindi puoi chiedere a Matt.»"

"«Ho visto Matt, nel parcheggio. Ti sta cercando ovunque.»"

"«Sono solo preoccupato per Kath. È meglio che vada a cercarla.»"

Mi hanno mentito. Mi hanno seppellito in una montagna di bugie, entrambi. Katherine voleva semplicemente mandarmi via, quando mi ha riferito che mio fratello mi stava aspettando. Mi hanno tagliata fuori.

Come hanno potuto? Siamo amici dalle elementari, ci siamo sempre sostenuti a vicenda, sin da piccoli. Il nostro trio era intoccabile. Come hanno potuto tradirmi così?

"«Ti amo, lo sai?»"

Percepisco l'ennesima crepa incidersi sul mio cuore, ripensando alla dichiarazione di Henry. Era una bugia. Tutta una gigantesca bugia.

Porto sconsolatamente una mano tra i capelli, sospirando. Stupida, mi sbraito contro. Stupida me, che non ho prestato attenzione ai segnali. Stupida me, che mi sono fidata come un'ingenua. Stupida me, che mi sono fatta illudere così.

Un altro fiotto gelido mi attraversa e tremo. Mi proteggo con le braccia, strette al petto, sia per scacciare il freddo, che penetra attraverso il tessuto sottile degli abiti, sia per impedire a me stessa di crollare al suolo, di cedere e scomporsi.

Non ho nessuna intenzione di tornare alla festa, ma non sarebbe saggio andare a casa, ridotta così, di notte e senza compagnia. Ho lasciato dentro anche la borsa con il telefono, quindi non posso chiedere a Matthew di venire a prendermi e di portarmi via da qui.

Non mi resta che rimettere piede alla festa, sperando di non incontrare né Katherine né Henry. Stacco la schiena dal muro scrostato del condominio. Liscio le pieghe della gonna, sistemo le ciocche ribelli e passo i polpastrelli sotto le palpebre, per rimuovere eventuali residui di trucco.

Inspiro ed espiro, divorando la freschezza del venticello serale. Mi dà la forza necessaria per incamminarmi in direzione della casa di Julie, seguendo le note musicali che rombano fin quaggiù.

Compio a malapena un paio di passi, poi un fruscio mi blocca sul posto. Tendo l'orecchio, cercando di capire da dove provenga. Il suono inquietante si ripete. Compio un giro di trecentosessanta gradi, osservandomi intorno. Avvisto il cespuglio nel patio del palazzo, che si muove. Ondeggia lentamente; le foglie - sempreverdi - scricchiolano.

È questione di attimi. Dal fogliame sbuca un animale. Sussulto, ma mi tranquillizzo l'istante successivo.

Un gatto.

Il Segreto della DinastiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora